Questa mattina, nell’ambito del Convegno Nazionale promosso dalla CEI-Ufficio Beni Culturali ed Edilizia di Culto, svoltosi a L’Aquila sul tema “Manutenzione e prevenzione”, il presidente della Conferenza Episcopale Abruzzese-Molisana, mons. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto, ha presieduto la celebrazione eucaristica per i convegnisti. Hanno concelebrato con mons. Forte, nella Basilica di S. Maria di Collemaggio, il cardinale Giuseppe Petrocchi, Arcivescovo dell’Aquila e don Valerio Pennasso direttore dell’Ufficio CEI promotore dell’iniziativa.
Di seguito il testo integrale dell’omelia del Presidente della CEAM.
“Il mistero proclamato oggi dalla Parola di Dio illumina e a sua volta è illuminato dal mistero celebrato nella memoria dei Santi Martiri Coreani, che hanno fecondato con il loro sacrificio il germe della fede cattolica nella loro terra: Andrea Kim, Paolo Chŏng e i loro 103 compagni. Le persecuzioni anticristiane, che infuriarono in ondate successive dal 1839 al 1867, anziché soffocare la fede dei neofiti, suscitarono una vera primavera dello Spirito a immagine della Chiesa nascente, grazie proprio alla meravigliosa testimonianza resa dai martiri. Fra questi Andrea, il primo presbitero coreano, era nato da una nobile famiglia cristiana e si era distinto per il suo ardore apostolico. Imprigionato, affrontò con coraggio gli spostamenti di carcere e gli interrogatori, dapprima con il Mandarino locale, poi con il Governatore e, infine, giacché era nobile, alla presenza dello stesso Re. A tutti egli manifestò la fedeltà al suo Dio, rifiutando i tentativi di farlo apostatare, nonostante le atroci torture: venne, perciò, decapitato il 16 settembre del 1846 a Seul. Paolo era un laico e aveva fatto numerosi viaggi missionari in Cina, spinto dall’eroismo di una fede professata nonostante i gravi pericoli. Imprigionato e torturato per fargli abbandonare la religione straniera a cui si era associato, rimase fedele al Signore Gesù con assoluta fermezza, per cui venne condannato e decapitato il 22 settembre 1839. Il loro esempio ci consegna un messaggio di fedeltà, di tenacia e di speranza, più forte della stessa morte.
Come ci ha ricordato il testo della prima lettera di Paolo a Timoteo (1Tm 6,2c-12), è la fedeltà al dono ricevuto dall’alto a rendere il testimone capace di perdere tutto, perfino la vita, pur di restare unito al Cristo Signore, confessandolo con l’eloquenza suprema del martirio. Restare fedeli al Dio vivente è il vero, grande guadagno, a cui nessuno dei beni o dei piaceri terreni può essere comparato: chi lo ha compreso antepone a tutto “la giustizia, la pietà, la fede, la carità, la pazienza, la mitezza” e non esita a combattere la buona battaglia della fede, proteso alla vita che vince la morte, su cui si misurano le scelte fondamentali dell’esistenza. La tenacia del testimone consiste precisamente nella sua capacità di non cedere alle lusinghe dell’Avversario, avendo sempre al centro del suo cuore il Signore Gesù, cui ha consegnato totalmente sé stesso e di cui attende il ritorno nella gloria, animato dalla speranza più forte della morte stessa. È questo esempio di fedeltà, di tenacia e di speranza che si offre come messaggio eloquente alla città dell’Aquila, così profondamente ferita dal terremoto del 2009: nella stragrande maggioranza dei suoi abitanti, essa ha dato una prova straordinaria di resilienza e di sopportazione, affrontando e accettando ogni genere di sacrifici, pur di veder rinascere le case, le chiese, i luoghi di lavoro e di studio, e rifiorire la vita pulsante, che ne ha percorso la storia e vuole continuare a percorrerla. Con ammirazione e rispetto, alla comunità aquilana e in particolare al popolo di Dio che in essa e con essa ha attraversato e continua ad attraversare la dolorosa prova del sisma con fierezza e tenacia, va la riconoscenza di tutti gli abruzzesi, della Chiesa e dell’intera nazione italiana. L’Aquila ferita, ma non piegata, rinasce per volare alto, persino più forte e più bella di prima!
Tutto questo, però, non sta avvenendo né potrà compiersi fino in fondo senza il sostegno di altri, a cominciare da quell’aiuto dall’alto, di cui ci parla oggi il Salmo responsoriale: “Certo, l’uomo non può riscattare sé stesso né pagare a Dio il proprio prezzo. Troppo caro sarebbe il riscatto di una vita: non sarà mai sufficiente per vivere senza fine…”. Ed è certo che il Signore non fa mancare la Sua vicinanza e la Sua forza ai piccoli che confidano in Lui, come ci ha ricordato il versetto cantato con l’Alleluia: “Ti rendo lode, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno”. All’aiuto dall’alto deve però unirsi quello fattivo che ognuno di noi può dare e quello che lo Stato non può far mancare: è l’aiuto concreto che, secondo la testimonianza del Vangelo oggi proclamato (Lc 8,1-3), Gesù riceve dai Dodici e da alcune donne che erano state guarite da Lui. Esse servivano il Signore e gli Apostoli con i loro beni: quale esempio di luce ci danno queste donne del vangelo, di cui Luca riporta giustamente i nomi! E come la loro azione, sollecita e continua, è purtroppo diversa da quella dei tanti – istituzioni, autorità politiche, forze imprenditoriali – che tollerano ancora tanta lentezza nella ricostruzione e nella rinascita di questa meravigliosa Città! L’esempio di queste donne sia per tutti un monito: L’Aquila non può attendere ulteriormente. Se molto è stato fatto, molto, anzi troppo, resta ancora da fare. Ne è simbolo eloquente la Cattedrale dei santi Massimo e Giorgio, ancora sventrata ed esposta a ogni intemperia! Giustamente, il caro Arcivescovo, il Card. Giuseppe Petrocchi, non vuole ritornare nell’episcopio restaurato fino a che il Signore Gesù non potrà ritornare sotto i segni eucaristici nel tabernacolo della Chiesa madre di tutte le Chiese della diocesi. A Lui – di cui tra l’altro ricorre oggi l’anniversario dell’ordinazione – con l’augurio e l’assicurazione della preghiera, va l’ammirazione e l’affetto di tutti noi. Possa quanto prima la celebrazione della divina liturgia nella Chiesa Cattedrale essere il segno forte che l’Aquila tutta è risorta, aperta a nuovo, luminoso e fecondo futuro. Ce lo auguriamo e lo chiediamo al Signore pregando così:
Signore Gesù Cristo,
i Santi Martiri coreani
di cui oggi facciamo memoria,
hanno condiviso la Tua passione
per amore dei fratelli
e, risorti con Te risorto,
intercedono ora dal cielo
per chiunque viva le prove e i dolori
della fragile esistenza che ci è data.
Possa anche il loro sacrificio
ottenere resurrezione e vita nuova
alla comunità tutta de L’Aquila,
città profondamente ferita dal sisma
e tuttavia mai piegata,
popolo fedele, tenace
e dallo sguardo d’aquila,
proteso verso un futuro
di vita piena, giusta e bella
secondo la Tua volontà.
Te lo chiediamo per intercessione
di Maria, regina e madre di questo popolo,
dei Santi patroni e di tutti i Santi.
Tu, che con Dio Padre vivi e regni,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen”.
+ Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti-Vasto e Presidente della CEAM