A volte, certe porte sono aperte solo perché chiudono male. Non perché qualcuno si cura di lasciarle aperte. Come nel caso di quella Politica che, talvolta, fa finta di avere a cuore il bene di tutti, ma alla fine si attorciglia indolente sulle proprie dissimulazioni perché non ha come finalità la trasparenza e non si adopera a migliorare le condizioni di vita delle persone. E chiude le porte. Le spranga. Lasciando fuori. Negando, ancora a tanti, la possibilità di lavorare, di guadagnarsi il pane, di usufruire delle risorse comuni. Privando, anche dei servizi e delle cose più necessarie. Anche del diritto a sognare! Si racconta, infatti, che al centro della terra si sta creando come una voragine: quella delle promesse perdute, dove vengono gettati via i sogni di molti, a causa della smodatezza illecita di alcuni che anche nello scenario di oggi crea sconcerto e sparge disperazione. E’ una voragine culturale soprattutto, dove regnano parole vuote e un delirio da telenovela social, dove il consenso ormai è ricercato sfrenatamente solo nei like. Ed è un male che ricade sulla società intera, senza precedenti, più di una tempesta di macigni. Perché sullo sfondo incombono strategie senz’ali, suggerite da privilegi ottenuti senza potenziale di coscienza, trascurando il grido di chi è rimasto indietro. E spesso è l’assenza di Dio la radice dei mali sociali. Basta guardare lì, proprio dove è richiesto che sia assolto piuttosto il compito sacro del servizio, in particolare sul versante rappresentanza-governabilità, che ha il dovere di fare di un popolo una vera famiglia e di ciascuno un protagonista attivo del proprio futuro. Non è semplicemente una questione fideistica. E’ piuttosto evidente che senza Dio tutto diventa dominio. Sugli altri e sulle cose. Dio, la sua presenza, invece salva dalle ideologie fanatiche, materialistiche, dittatoriali, che diventano, spesso per un popolo, vere prigionie.
E quando un Paese appare così tragicamente compromesso nel suo sviluppo, nella sua credibilità etica e politica, è allora che bisogna forse fare memoria quantomeno, anche se non si è credenti e non si vive secondo il Vangelo, di una delle pagine più significative del poema omerico, l’Odissea. La mitologia ha sempre inciso grandemente, specie adoperando quel binomio-dilemma, che ha coinvolto e segnato tutta la morale antica: “La simulazione della realtà per raccontare la realtà della finzione?”. Mi torna allora fortemente attuale e significativo quell’episodio dove la mitologia fotografa Circe, la maga sovrana dell’isola di Eea. E’ interessante rileggere quel passo del poema omerico al libro X (vv. 233-243), dove la Figlia del Sole, la crudele seduttrice trasforma gli uomini sottomessi in bestie, erano i compagni di Ulisse guidati da Euriloco: “Li guidò e li fece sedere sulle sedie e sui troni: formaggio, farina d’orzo e pallido miele mischiò ad essi col vino di Pramno; funesti farmaci mischiò nel cibo, perché obliassero del tutto la patria. Dopoché glielo diede e lo bevvero, li toccò subito con una bacchetta e li rinserrò nei porcili. Dei porci essi avevano il corpo: voci e setole e aspetto. Ma come in passato la mente era salda. Così essi furono chiusi, piangenti, e Circe gli gettò da mangiare le ghiande di leccio, di quercia e corniolo, che mangiano sempre i maiali stesi sulla terra”. Avvenne proprio questo: Circe li droga per far dimenticare loro la propria patria. Li priva cioè della propria identità e di conseguenza essi restano anche intaccati nella propria dignità. Non sono più come prima. Sono schiavi della propria boria, della propria bassezza. Di umano è rimasto solo il pianto. Ed è per quel pianto che Ulisse ed Euriloco li ritrovano. Chiedano il dono del pianto anche quei “politici” che hanno ridotto in miseria le persone con l’aggressione del proprio egoismo.
Ecco perché ci auguriamo che la creazione del Partito Cattolico sia nata dalle lacrime dell’Italia, finora più lacerata che guidata. Più sbranata che nutrita. Più fuorviata che onorata. E si spera che, per il benessere nazionale, sia profetico anche il nome scelto, Insieme. E’ quella piccola parola che contiene tutto, che coinvolge tutti, che salva tutti. Un Partito che richiama in primis i cattolici al loro compito primario di sanare le ferite della società, puntando su questioni come Lavoro e impresa, famiglia, scuola e università, pace, Europa. Il contesto storico nel quale si inserisce questa proposta richiede da subito una cosa primaria: fronteggiare la rabbia, restituire speranza, recuperando i frammenti di quella chiamata, che, finora, non è riuscita ad incidere, a far lievitare stili di vita liberanti. L’impresa di un Partito Cattolico va tentata. Con qualità. Con un programma che ridesti l’entusiasmo di scendere in Politica, di riscattarla, di farla come coscienza comanda! Col bisogno di iniziare qui il Regno di Dio, di riascoltare le parole esigenti di Gesù: “risplenda la vostra luce davanti agli uomini”(Mt 5,16). Non ci ha chiesto altro che dare luce, che essere luce, che emanare luce con le nostre buone azioni. E il mezzo migliore e urgente per farlo in questo momento è dentro un partito, vissuto certamente come spazio di condivisione che diventa azione comune, impegno per la giustizia sociale, espressione di un progetto che vuole rafforzare l’alleanza tra l’uomo e il creato, rivedendo i cosiddetti modelli economici senza volto e l’insostenibilità distorta del consumo senza responsabilità, del sottosviluppo etico. Perché chi sceglie di fare Politica milita, sì ‘combatte’ o per l’uomo o contro l’uomo. O per liberarlo o per distruggerlo! Degno di infinita cura o come numero.
Insieme sia, inoltre, il Partito dove però non sia riesumata nessuna nostalgia verso la Democrazia Cristiana e non ci si limiti a solite sollecitudini.Ma sia una realtà aperta al nuovo, ben radicata nei principi della Dottrina Sociale Cattolica, che pulluli di passione, che è la vera risultante divina nelle opere umane. E magari anche con questa motivazione rivoluzionaria, per un sostanziale cambiamento di rotta: rieducare questo pezzo di mondo a non essere preda della corruzione, dell’instabilità che genera impoverimento. Stimolando ad abdicare, a mettersi da parte, ad abbandonare qualsiasi ruolo di potere, quando proprio quest’ultimo inizia ad emettere veleno. Il nostro Paese ha bisogno della Buona Politica. Di uomini di donne che riscoprono la forza del “noi” e lo credono e lo elaborano questo “noi” per vincere il grande flagello della mancanza di fiducia nel domani, la disaffezione alla Politica, il disimpegno. Trasfigurando la società, restituendole un volto di madre feconda. Riscrivendo una grammatica umana. Facendo incontrare la vita col Vangelo. Rimettendo insieme le due parole che hanno sempre cambiato il mondo: santità e secolarità. L’amore verso Dio che si traduce sempre in amore verso i fratelli! Perché chi ama cerca sempre di portare ogni croce ed ogni crocifisso alla sua redenzione.
di Ylenia Fiorenza