La Chiesa Madre e Maestra, nella sua economia di saggezza, durante l’anno liturgico ci accompagna nel cammino di crescita e maturità cristiana. Terminato il tempo natalizio, subito dopo ci fa entrare in quello quaresimale: tempo forte di conversione, momento favorevole di salvezza come esorta S. Paolo ai Corinzi ed ancor oggi a noi. Tempo che ci unisce in particolar modo al mistero di Gesù con i suoi quaranta giorni di digiuno nel deserto per svelarci il senso profondo della sua missione e di quella nostra, dei suoi discepoli. Puntualmente, Papa Francesco nel suo messaggio per la Quaresima di quest’anno, ci ri-chiama “a rinnovare la nostra fede attingendo l’acqua viva della speranza e ricevendo a cuore aperto l’amore di Dio che ci trasforma in fratelli e sorelle in Cristo”. In preparazione alla Pasqua “per rin-nascere nella notte pasquale uomini e donne nuovi” grazie all’azione della Spirito Santo con il rinnovamento delle promesse battesimali. Quali le armi, prosegue, per impegnarci a sperimentare una “fede sincera, una speranza viva e una carità operosa”? Quelle classiche del deserto: digiuno, preghiera e elemosina. Rafforzate e rese primarie, appunto, come nel luogo e nel tempo del deserto che le favorisce e le rende particolarmente salutari per la propria salvezza e quella del mondo intero. Il documento papale passa successivamente ad esaminare come queste indispensabili armi quaresimali si applicano distintamente alle tre colonne portanti e perenni della chiesa: fede, speranza e carità. La Fede. La quaresima, ci esorta il Papa, è tempo per credere per aprirsi totalmente alla fede accogliendo e vivendo nella nostra vita la verità che è Cristo. Cristo parola vivente di Dio è “via, esigente ma aperta a tutti, che conduce alla pienezza della Vita”. Ed è ovvio che accoglierla richiede in primis preghiera e meditazione. Mentre il digiuno come “esperienza di privazione e liberazione della nostra esistenza da quanto la ingombra, ci fa ri-scoprire l’essenziale: il Figlio di Dio Salvatore. “Egli viene a noi povero di tutto, ma pieno di grazia e verità”. Chi digiuna,…non solo dal cibo ma anche dalla “saturazione di informazioni, vere o false, dai prodotti di consumo, accettando una povertà volontaria, lo stesso si fa povero con i poveri condividendo i suoi pesi”. La Speranza. La preghiera è fondamentale anche per coltivare ed accrescere la speranza. Nel raccoglimento e nella preghiera silenziosa, la speranza ci viene donata “come ispirazione e luce interiore che illumina sfide e scelte della nostra missione”. La speranza è l’acqua viva che Gesù vuol dare alla Sammaritana: l’acqua dono di Dio che in lui che la riceve disseta per sempre e diventa zampillante per la vita eterna. L’acqua che nella potenza dello Spirito Santo, “dato in abbondanza nel Mistero Pasquale, infonde in noi la speranza che non delude”. E non delude perché ricevendo il perdono del Padre “nel Sacramento della Riconciliazione che è al cuore del nostro processo di conversione”, possiamo sempre, oltre i nostri errori ed impedimenti, riprendere il cammino. La speranza non delude mai: mai… anche in tempi di covid. In questo tempo così fragile ed incerto, come lo definisce Papa Francesco. La speranza potente e fiduciosa come la vera fede smuove persino le montagne: le montagne delle nostre angosce esistenziali delle nostre paure da covid. Le smuove non per le nostre forze, ma per la potenza dello Spirito Santo al quale la vera speranza ci affida. È la speranza di Abramo che, sappiamo, sperò contro ogni speranza. La paura, qualsiasi paura, non onora la speranza cristiana, e non qualifica il vero seguace di Cristo. Perciò Papa Francesco ci invita a vivere questa Quaresima con speranza perché in Cristo Gesù si diventa “testimoni del tempo nuovo in cui Dio fa nuove tutte le cose”. Le fa nuove anche solo “con parole d’incoraggiamento con gesti di gentilezza con il regalo di un sorriso” che un fratello può rivolgere ad un altro fratello bisognoso. La Carità. La carità, è sintesi e compendio delle altre due virtù teologali. “vissuta sulle orme di Cristo, nell’attenzione e nella compassione verso ciascuno, è la più alta espressione della nostra fede e della nostra speranza”. La carità diventa compendio di fede perché affidata alla Parola di Dio, come quella rivolta al suo servo Giacobbe (non temere perché io Jahvè tuo salvatore ti ho riscattato) genera fiducia nella protezione divina. “Fa sentire all’altro che Dio lo ama come un figlio”. È dono divino supremo la carità: “facendoti uscire da noi stessi, genera il vincolo della condivisione e comunione”. Lo crea con chi è nella privazione; “solo malato senzatetto, disprezzato diventa fratello, membro della nostra stessa famiglia”. Anche quando abbiamo poco o pochissimo da spartire: “se condiviso con amore, non finisce mai e si trasforma in riserva di vita e felicità”. Come poté sperimentare, in tempi di siccità, la vedova Sarepta con l’ultimo pugno di farina e l’ultimo goccio d’olio per impastare la focaccia offerta la profeta Elia. Come rimasero stupiti di discepoli nella miracolosa moltiplicazione di soli cinque pani e due pesci che Gesù benedicendoli rese abbondanti e avanzati per una moltitudine immensa. Così ci ricorda Papa Francesco “avviene per la nostra piccola elemosina, o grande che sia, offerta con gioia e semplicità”. Vivere la carità in questa quaresima speciale può aiutarci non solo a fronteggiare le criticità del momento, ma ancor più a cambiare il nostro sguardo nel mondo e sui più poveri ed emarginati. La carità, infatti, “li riconosce ed apprezza nella loro immensa dignità, li rispetta nel loro stile proprio e nella loro cultura”. Solo così è possibile progredire verso una civiltà dell’amore, alla quale tutti i cristiani devono sentirsi chiamati. Papa Francesco, affidando alla Madre della Chiesa il suo messaggio quaresimale, conclude auspicando che questo periodo favorevole alla conversione precisa, personale e comunitaria, “ci aiuti a rivisitare la fede che viene da Cristo vivo, la speranza animata dal soffio dello spirito e dell’amore la cui fonte inesauribile è il cuore misericordioso del Padre”. Solo così, possiamo concludere anche noi, riusciremo, come canta il salmo 132, oggi pure nelle ombre di questo nostro mondo funestato dal covid, a sperimentare “ quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme”.
Rosalba Iacobucci