Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. (Art. 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani)
Il 10 Dicembre 1948 l’Assemblea Generale della Nazioni Unite approva la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Ad una prima lettura dell’art. 1 l’affermazione appare scontata e naturale. Pur proclamata “come ideale comune da raggiungersi da parte di tutti i Popoli e da tutte le Nazioni”, nei fatti e nella realtà questa enunciazione, per molti, resta solamente una dichiarazione di principio, non tradotta in atti vincolanti. Se volgiamo lo sguardo indietro, anche la Rivoluzione Francese fa riferimento ai valori di “libertà, uguaglianza e fraternità”. Scrive Papa Francesco, invitando ad una fratellanza universale, “Quando una parte della società pretende di godere di tutto ciò che il mondo offre, come se i poveri non esistessero, questo ad un certo punto ha delle conseguenze…I sogni della libertà, dell’uguaglianza della fraternità possono restare delle mere formalità, perché non sono effettivamente per tutti…Un patto sociale realistico ed inclusivo dev’essere anche un patto culturale”, che passa attraverso il riconoscimento dell’altro. – n. 219 Fratelli Tutti. “La fratellanza umana unisce ed abbraccia tutti gli uomini e li rende uguali” L’appartenere ad una sola famiglia umana non genera automaticamente una predisposizione agli altri, a desiderare il bene comune. E’ solamente un grado da cui partire. La globalizzazione ed il dilagante interesse egoistico relativo al profitto a tutti costi, hanno fatto perdere di vista il concetto che nessuna azione umana è priva di conseguenze sociali e, dunque, essendo legati da un medesimo destino, dovremmo desiderare una vita migliore ed una società più solidale ed equa. La pandemia, attraverso un minuscolo microorganismo, ci ha insegnato che nessuno è immune da catastrofi, nessuno si salva da solo. La riscrittura di un nuovo patto sociale, orientato al concetto di fratellanza può ricreare un futuro comune, attraverso un progetto collettivo. In questo anno trascorso il concetto di solidarietà, che non è certo nato per far fronte all’emergenza covid, ma ha radici ben più lontane e profonde, è stato declinato in diverse forme. La solidarietà oggi è intesa non solo come relazione e vicinanza, ma anche come condivisione concreta d’impegno sociale.
In Caritas la fratellanza, la solidarietà si declinano attraverso una elaborazione consapevole che passa dalla cura – rimozione delle cause del disagio, ovvero dalla erogazione dei beni essenziali alla persona, al prendersi cura, ossia dal coinvolgimento degli operatori volontari attraverso la vicinanza emotiva con le persone che soffrono, con la capacità di mettersi nei panni dell’altro, condividendo i vissuti e la percezione emotiva. Si pratica il metodo Caritas ovvero Ascoltare, Osservare, Discernere in questo tempo di bisogni, perché la realtà cambia velocemente. Tale approccio passa attraverso l’istaurazione di una relazione di aiuto, l’ascolto della persona e la sua motivazione per consentirle di apportare un cambiamento positivo nella sua vita. Si presta attenzione ai bisogni ed ai fini particolari dell’altro, con umiltà e competenza. E’ mutata la rappresentazione relazionale di condivisione. Non ci sono più mani che si stringono e braccia che avvolgono in calorosi e rassicuranti abbracci. Ad essi si sono sostituiti volti spaventati, coperti da mascherine che mostrano occhi increduli. La crisi pandemica sociale ed economica ha portato nuove povertà. Secondo i dati Istat relativi al 2020 circa un milione in più di persone rispetto allo scorso anno risulta in povertà assoluta. Si tratta di 5,6 milioni, ossia il 9,4% della popolazione. Gli operatori della Caritas, nonostante le difficoltà, fanno sentire ugualmente la loro vicinanza, attraverso voci rassicuranti, con gesti di solidarietà, non oggettivamente data, ma come scelta di vita, rimodulando i servizi, compatibilmente con le disposizioni anticovid. e mettendo al centro del servizio la persona assistita, con responsabilità. Responsabilità è portare il peso delle cose, prendersi cura dell’altro, nella consapevolezza che ciascuno è responsabile di ciò che fa. Se vogliamo un mondo migliore più giusto, più equo dove davvero la fratellanza sia praticata piuttosto che predicata, allora ciascuno deve farsi carico dell’altro e provare a cambiare le cose. Diceva Martin Luter King “Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla.” e noi vogliamo con il nostro impegno quotidiano e gratuito cambiare le cose. I have a dream.
Silvana Maglione
Responsabile Mondialità Caritas diocesana Campobasso – Bojano