La crisi sociale sanitaria ed economica indotta dalla pandemia ha fatto emergere le contraddizioni e le debolezze del nostro mondo; le disparità sociali e di cittadinanza si sono manifestate ovunque. I cittadini si sono confrontati con le fragilità per fruire delle cure necessarie, per partecipare alla formazione scolastica, per continuare, ove possibile, a lavorare. Il Mezzogiorno, abitato da 20 milioni di persone, un terzo del paese, rappresenta la maggiore concentrazione di popolazione in regioni con un ritardo di sviluppo.
Purtroppo sappiamo bene che l’economia del Sud rimane frenata nel suo potenziale di crescita da numerosi fattori tra cui un’estrema diversificazione territoriale; la composizione del tessuto produttivo è caratterizzata da un numero elevato di imprese di piccola e piccolissima dimensione; si rileva una bassa competitività per le caratteristiche infrastrutturali e la carenza dei servizi alle persone ed alle imprese; il sistema creditizio è pressoché acefalo e infine la spesa ordinaria della Pubblica amministrazione è decisamente più bassa rispetto al resto del Paese.
Queste debolezze si sono manifestate in questo frangente di emergenza sanitaria in modalità che hanno toccato profondamente la vita delle persone e la stabilità sociale. È stato più difficile andare a scuola, sia pure a distanza per mancanza di attrezzature, collegamenti in banda larga ed ultra larga, scarso utilizzo di strumenti informatici da parte delle famiglie. E’ stato più complesso fare Smart working per la pubblica amministrazione, che ha faticato a mantenere le performance richieste a causa del forte divario strutturale. È stato difficile essere curati ed ora è più lento il processo di vaccinazione, in strutture sanitarie regionali con meno personale del necessario.
L’effetto Covid 19 sul lavoro è stato devastante. Il tasso di occupazione meridionale è sceso ad uno scarso 45% aggravato da un’occupazione femminile al solo 33% che sono notevolmente più bassi delle medie del Paese, rispettivamente al 58,4% ed al 49,4 %. Siamo quindi in una situazione in cui è occupata una persona su due potenziali, mentre per le donne ha lavoro meno di 1 su 3 potenziali.
Mai come oggi occorre rispondere ai bisogni dei giovani, sgravando maggiormente le assunzioni, lanciando un nuovo apprendistato semplificato, investendo su un piano di riallineamento delle competenze nella consapevolezza che il processo di innovazione del Paese e del Mezzogiorno, dovrà essere portato avanti partendo dalle persone
GLI STRUMENTI ATTUATI
Gli strumenti messi in campo anche grazie all’azione del sindacato e che sono indispensabili per arginare gli effetti della crisi (divieto di licenziamento o gli ammortizzatori sociali), sono stati al Sud meno efficaci per la minore incidenza di lavoro stabile e imprese solide.
Hanno invece dato una risposta più incisiva il reddito di emergenza o altre analoghe forme di supporto di tipo economico. Ad oggi il Sud ha soltanto 6 milioni di occupati ed un numero crescente di inattivi, ovvero di popolazione potenzialmente interessata al mercato del lavoro ma di fatto al di fuori di esso.
Per il sindacato questo quadro è più che inquietante e richiede un intervento a tutto campo per il Mezzogiorno, come se fossimo davanti ad un’ultima chiamata. E occorre ribadirlo, non un’ultima chiamata soltanto per questo territorio, ma per il Paese tutto, perché senza il Sud l’Italia non riparte.
È quindi urgente che le promesse e le speranze aperte dai nuovi investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza diventino interventi concreti. Il Piano compie l’importante operazione di rendere il Sud trasversale alle 6 missioni, insieme a parità di genere e giovani, aspetto che valutiamo positivamente perché conferma che è il Paese, nel suo insieme, che deve riprendersi intervenendo in maniera strutturale sulle sue criticità, prima fra tutte il divario territoriale. E’ però indispensabile una finalizzazione molto più concreta non solo degli obiettivi, ma anche degli strumenti e dei ritorni attesi,
Alcuni punti sono centrali per essere capaci di spingere alla ripresa del Mezzogiorno. Parliamo innanzitutto della Pubblica amministrazione dove la Cisl ha firmato un accordo per una riforma importante del sistema pubblico e per un suo rafforzamento. E’ essenziale dare a tale riforma un taglio particolarmente attento a ripristinare l’occupazione, innovare la capacità digitale e le competenze specialistiche. Priorità che deve riguardare tutti i settori a partire dai piccoli Comuni, come pure quella relativa all’esercizio reale dei diritto di cittadinanza.
Un’altra direttrice riguarda il sistema socio-sanitario per rendere la medicina territoriale e la prevenzione effettive ed efficaci. In questo senso vanno elevati i livelli essenziali di assistenza, funzionali ad un innalzamento della qualità delle prestazioni. Il PNRR fa alcune proposte interessanti, ma è necessario un confronto ed una piena partecipazione del sindacato per rendere le proposte ben calibrate anche in termini di adeguatezza quantitativa degli operatori sanitari.
Ugualmente l’intervento sul sistema scolastico e formativo, a partire dalla possibilità per i ragazzi ed i giovani di avere scuole sicure, di fruire da subito di strutture per la prima infanzia e per l’infanzia di qualità, di acquisire competenze di alto livello, di scegliere una formazione tecnica che non abbia qualità minore di quella classica, di potenziare le Università. In sintesi, mettere il sistema scolastico e formativo in grado di impedire il perpetuarsi di disuguaglianze sociali ed economiche e proseguire questo contrasto della disuguaglianza attraverso un rafforzamento dell’orientamento e delle politiche attive per il lavoro e della formazione lungo tutto l’arco della vita.
CONTRO LA POVERTA’
Sarà indispensabile una grande mobilitazione contro la povertà e la disoccupazione, sia attraverso interventi appropriati ma soprattutto con un rafforzamento delle strutture produttive e delle infrastrutture materiali ed immateriali. Perché per noi il lavoro non è solo un fattore economico, ma è uno strumento di dignità della persona e di partecipazione sociale, di condivisione degli oneri e delle possibilità offerte dalla società. Per questo è fondamentale un rafforzamento della fiscalità di vantaggio che, ad oggi, si esplica attraverso la riduzione dei contributi sull’occupazione e alcuni crediti d’imposta per le imprese che investono. Tali interventi dovranno essere più organici ed in grado di raggiungere le PMI, prevalenti nel tessuto produttivo del Sud e ad altissimo rischio di fallimento.
Ridisegnare una mappa di tutte le infrastrutture necessarie, verificare i progetti in via di attuazione accelerando la realizzazione di quelli già finanziati, darà un decisivo impulso al rilancio del Mezzogiorno soprattutto se accompagnato ad investimenti che combinino innovazione digitale e green economy con politiche sulle filiere produttive, a partire dal settore agro alimentar.
In un quadro che a nostro modo di vedere deve essere caratterizzato da una visione ad ampio spettro, le infrastrutture sociali ricoprono un ruolo fondamentale per dare supporto ai servizi, ma dovranno essere accompagnate da un qualificato incremento dei lavoratori che li gestiscono; le cosiddette infrastrutture di collegamento, invece, riteniamo siano lo scheletro portante per consentire ai cittadini ed alle imprese di non avere costi aggiuntivi in termini di tempo e risorse per svolgere il proprio lavoro.
I temi sono molteplici e tutti sono attraversati da un filo conduttore che è quello di migliorare le opportunità per le persone e contrastare in ogni ambito le possibili infiltrazioni di corruzione e illegalità. La Cisl ha chiesto al Governo si essere coinvolta nella governance del PNRR per portare la propria esperienza diffusa, quale valore aggiunto alle proposte di innovazione ed investimento che stanno per essere attivate.
COMPARTECIPAZIONE DI TUTTI
Il Piano deve essere il primo capitolo di una nuova grammatica dello sviluppo incentrata sulla cooperazione strutturata e responsabile tra Governo e Parti sociali. Un cantiere di corresponsabilità che punti a obiettivi strategici condivisi che si chiamano occupazione, crescita, coesione sociale e territoriale, competitività, innovazione, resilienza dei sistemi produttivi. Traguardi intimamente legati da una evoluzione partecipativa dei rapporti industriali e sociali.
Quando invochiamo il bisogno di un nuovo Patto sociale e l’esigenza di tornare allo spirito del 1993 siamo consapevoli che viviamo tempi radicalmente diversi dagli anni Novanta, sotto tutti i punti di vista. Ma uguale rimane l’esigenza, anzi direi l’emergenza, di unire in un fronte comune di riscatto e di assunzione di responsabilità Governo, autonomie locali, società organizzata. Non c’è modo migliore per dare continuità, equità e profondità alle riforme.
La lunga notte del Covid si supera con l’unità e la coesione nazionale, attraverso il protagonismo del mondo del lavoro e delle imprese, delle famiglie e dei corpi intermedi, richiamando ognuno alle proprie responsabilità e alle proprie competenze nella costruzione del bene comune. Serve concertazione e partecipazione sociale. Questo è il momento, tutto si deciderà nei prossimi mesi, non possiamo sprecare questa opportunità.
Luigi Sbarra
Segretario Generale Cisl