Il messaggio per la giornata dei Poveri.
Lo sguardo al mondo inizia con la forza profetica del MESSAGGIO di papa Francesco per la giornata mondiale dei poveri, che la Chiesa celebra il 14 novembre. E’ sempre puntuale, anzi in anticipo il papa. Ci dà così l’opportunità di una profonda riflessione, precisa ed analitica. Ed in questi cinque mesi le Caritas e le comunità sono invitate ad studiare bene questo testo. Soprattutto per i Diaconi e i seminaristi lo vedo e lo sento fecondo di luce.
Risuona la frase finale di don Mazzolari: I poveri non si contano, si abbracciano!”, che si fa eco del testo evangelico di Marco 14,3-9, in cui al gesto di gratuità della donna di Betania corrisponde una lettura di egoismo e di indignazione, a finta difesa dei poveri, da parte di Giuda. Ed il nostro mondo parrocchiale sarà sempre attraversato da queste due figure: chi dona con gioia e generosità e chi invece calcola, come se tutto fosse una perdita. Gesù in questo modo inaugura un legame fecondo con Dio Padre, che ci rende tutti fratelli, da lui evangelizzati. Proprio per questo, i poveri ci evangelizzano, creando un’attenzione riverente per loro (E.G 198-199), che ci spinge alla condivisione, fatta elemosina in primo luogo, per poi diventare reale solidarietà, che richiede la Giustizia, capace di non solo di vedere le foglie secche, ma soprattutto di andare alla radice delle ingiustizie sociali. La povertà infatti non è “frutto del destino, ma è conseguenza dell’egoismo!”.
Per questa ragione, il papa indica alcune esempi mirabili di condivisione, come padre Damiano De Veuster, frate eroico che si reca sull’isola maledetta di Molokai, dove sono i lebbrosi, carichi di odio immenso contro tutti. Ne condivide la sorte, fino al punto di essere anche lui contagiato dalla lebbra. Un esempio diretto, anche per noi, oggi, in tempo di pandemia. La povertà ci richiede la conversione del cuore, per non accumulare, ma per dare alle cose il giusto peso. Poveri per essere liberi. Liberi, per poter annunciare il Vangelo, nel dono stesso della nostra vita.
Ma anche capacità di leggere le cause che sempre generano nuove forme di povertà e di ingiustizie, come la disoccupazione, che richiede di attivare nuovi processi di sviluppo, dando voce ai poveri, poiché se si mettono i poveri ai margini, la democrazia va in crisi. Solo con i poveri la democrazia sarà vera! E solidale. Ed il messaggio si chiude con l’appello di san Giovanni Crisostomo, che chiede a noi, credenti, di essere porto: “L’uomo misericordioso è un porto per chi è nel bisogno, quel porto che accoglie e libera dal pericolo tutti i naufraghi”. Per abbracciare; non tanto per contare i poveri!
Proprio in terre rurali manca il cibo che viene dalla terra!
Il papa insiste su questa impostazione solidale, nel suo messaggio alla FAO, riunita a Roma: è urgente dare cibo a tutti gli uomini della terra, partendo dalle risorse del creato, in rispetto della ruralità condivisa, per una reale autonomia alimentare (il papa alla FAO, 18 giugno 21).
In questo senso, avremmo voluto più coraggio dai grandi dell’economia, nel loro incontro in Inghilterra, nei giorni scorsi. Nei confronti dei vaccini, non sono riusciti a votare quella coraggiosa risoluzione che avrebbe permesso di sospendere i diritti di proprietà sui vaccini, per poter produrre in loco, nelle nazioni più attrezzate poste nel terzo mondo (India, Sud Africa e Brasile…!), i miliardi di vaccini necessari per debellare realmente e pienamente il virus! Una scelta sempre più miope! Regalare i vaccini è generosità! Ma far produrre sul posto, in autonomia piena, è reale libertà ! E’ proprio questa, del resto, la linea matura di papa Francesco!
Finalmente in Israele si cambia!
Siamo contenti che in Israele, dopo ben 12 anni, non vi sia più il potere selettivo di Netanyahu, ma un nuovo governo. Guidato da Bennet. Certo, dovrà affrontare sfide grandissime, con una maggioranza risicatissima (60 contro 59 voti!) ma è bello vedere che anche il mondo ebraico non vede solo nella guerra (come a Gaza, recentemente!) la soluzione dei propri mali: tende invece a creare progetti di vera inclusione e giustizia sociale con e per il mondo palestinese.
Il dramma di Saman e le riflessioni comuni
Siamo poi rammaricati per la vicenda di dolore per la giovane Saman, pakistana, di fatto italiana, inserita con fatica nel nostro contesto culturale ed economico, ma già proiettata in avanti. La sua morte ci turba. Nn sappiamo realmente i fatti. Li lasciamo alla Magistratura! La sua vicenda dolorosa ha poi creato una serie di riflessioni innovative all’interno dell’Ucoii (unione delle comunità islamiche italiane!), con precise “Fatwa”, cioè messaggi di sapore religioso applicato alla storia del nostro tempo: “Non accettiamo i matrimoni combinati forzati e l’altrettanto tribale usanza dell’infabulazione femminile. Queste pratiche non possono trovare alcuna giustificazione religiosa, quindi sono assolutamente da condannare e ancor più da prevenire!. Sono inammissibili. Preghiamo per lei e alla famiglia rivolgiamo un appello: non costruiamo odio ma amore partendo dal rispetto della vita!”. Ci piace invece rendere noto che gli spazi nell’ambiente ecclesiale per la donna sono crescenti. Un ultimo segno, graditissimo, è stata la scelta di una suora comboniana, come segretaria della conferenza episcopale dell’Eritrea.
Preoccupazione nelle carceri italiane
Ci preoccupa invece la tensione nelle carceri. Crescente. Per il numero sovraffollato di detenuti. Problema vecchio, purtroppo, che non trova risposte. Di questo, il giorno 29 giugno avremo modo di parlare, nel nostro carcere di Campobasso, nella festa degli agenti di custodia. Perché anch’essi vivono un clima di dolore e di tensione. Basti pensare ai circa 400 atti di aggressione nei loro confronti, in questi ultimi mesi! Proprio per questo è stato fecondo l’appello della neo Ministra Cartabia, che ha messo tutti in allarme, spingendoci a decisioni opportune e svelte!
Un libro vero che riguarda il Molise.
E’ stato rilanciato un bel libro, scritto da un autore di fama, Nuto Revelli (Einaudi, pag 112, euro 10) con la introduzione del card. Ravasi. Si intitola Il prete giusto. Narra la storia di don Raimondo Viale (1907-1984), costretto ad una sfida impari e solitaria, affrontando gli eventi più dolorosi del Novecento. Sullo sfondo la campagna povera del Cuneese, dove nasce e cresce. Gli anni duri dell’infanzia sono narrati con santo realismo, perché parlino alle nuove generazioni, dentro il tessuto durissimo della prima guerra mondale, nella parrocchia di san Dalmazio. Qui, questo prete giovane cresce tra amicizie fraterne di forte impatto umano. Tra queste, la figura di don Secondo Bologna, allora parroco a Cuneo della parrocchia del Sacro Cuore. Un’amicizia che lo aiuterà, sparatutto quando cioè quel prete parla con chiarezza contro la guerra e contro lo stile dei fascisti che in essa vedevano (o volevano vedere!) la riconferma delle loro tesi di prepotenza! Parla chiaro, don Raimondo, tanto che la gente lo accusa presso il fascio locale. Viene spiato. Le sue omelie sono ritenute capaci di “deprimere lo spirito pubblico come espresse nelle omelie del 2 giugno 1940” pochi giorni prima della dichiarazione della guerra contro la Francia. Cioè “dichiarazioni di carattere antinazionale”. Per questo, viene condannato a quattro anni di confino, da scontare in Agnone. Fu proprio qui che si reicontrarono con mons. Bologna, ora Vescovo della nostra città di Campobasso, anche lui forte antifascista! Nobile una dichiarazione sul clero di don Raimondo: Ci sono preti che si comportano da altoparlanti di Gesù Cristo, non solo con le parole ma anche con i fatti. Altri, invece, hanno scelto la vita quieta, il tran tran: nessun nemico. Io dico. Se un prete non ha nemici, non è un prete! Gesù crea una rottura tale che lo chiamano “segno di contraddizione!”. La sua storia, da lui scritto sul Diario, fu poi passata a Ravelli che ne fece questo bellissimo libro, che vi consigliamo per l’estate!
La redazione.