Il 9 settembre 2021 la nostra Diocesi ha accolto, nella chiesa parrocchiale S. Antonio di Padova a Campobasso, il cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’L’Aquila, nell’ambito della settimana di preparazione alla chiusura del Sinodo Diocesano. L’intervento di Sua Eminenza ha avuto come tema il seguente argomento: «Alzati e cammina» (At 3,6).
CONCETTI DI SPIRITUALITÀ, VICINANZA E ASCOLTO
La spiritualità sinodale, nel cammino delle nostre chiese, alla luce delle indicazioni della Chiesa universale. «Sogno una Chiesa che avanza nella spiritualità di comunione con passo deciso e senza indebite frette, ma anche senza rimandi o lentezze, con la “determinazione operante” del pellegrino, che non si attarda per le strade dei paesi che attraversa, né smarrisce l’orientamento, ma procede spedito verso la Casa di Dio alla quale è diretto» (Petrocchi alla Diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, 2012). L’immagine del sogno utilizzato dal Vescovo, quando era pastore nella Chiesa latinense, fa sognare anche noi, provocati ad incedere con i passi della Maddalena – icona privilegiata del nostro Sinodo – partendo dall’incontro che ella ebbe con il Cristo risorto. Ora più che mai, terminato il Sinodo, ci lasciamo coinvolgere non tanto dalla Maria di Màgdala, che, avvolta dal buio dell’angoscia, corre dai discepoli per comunicare la scomparsa di Gesù (cf Gv 20,1-2), bensì dall’entusiasmo della medesima donna la quale vede Gesù vivo, risorto (cf Gv 20,16): Cristo il più prossimo nella prossimità! Il cardinale inizia con il presentarci uno degli aspetti della sinodalità che dovrà essere presente nella grande famiglia della Chiesa, a sua volta prossimità, ovvero l’arte dell’ascoltare attento e non un sentire distratto. Vicinanza e ascolto sono fondamentali all’interno delle nostre famiglie, sostiene il relatore e, quindi, anche nell’ambiente ecclesiale. Sono elementi costitutivi che permettono di gestire al meglio i conflitti: saper ben litigare. Mai interrompere la comunicazione, perché essa garantisce sempre frammenti di comunione. Si può ben dire che la spiritualità sinodale nasca in famiglia, in quel particolare ambiente dove si dà attenzione al parlare, frutto maturo dell’ascolto. Si è maturi quando siamo capaci di “consegnarci” all’altro, svelando i segreti del nostro cuore con sincerità e nella verità. Ma ciò è possibile se alla base del nostro esistere c’è l’amore che è all’apice dell’essere amati, amarsi e, dunque, amare! Un intreccio che va vissuto in casa, in classe, in comunità, cioè nel contesto in cui uno vive. L’amore vero ti porta naturalmente al perdono, perché l’amore è perdono: un dono per sè e per gli altri. “Quando ho ragione, allora posso perdonare!”, sostiene il cardinale. Questo è il messaggio che proviene dalla parabola del padre misericordioso (Lc 15,11-24): il padre aveva ragione, dunque ha perdonato il figlio dissoluto. Qualche altro direbbe: “Se non ci perdoniamo, ci perdiamo!”. Ciò permette di affrontare i conflitti con saggezza, sapendo che non sono i problemi la causa dei contrasti, ma l’incapacità di gestirli. Mille problemi, mille soluzioni! Occorre trasformare le inevitabili difficoltà in risorse, come le onde di un mare in tempesta “cavalcate” utilizzando la tavola da surf. La tecnica, afferma il cardinale, consiste nel planare lungo la parete dell’onda, prendendola di fianco per restare in piedi sulla tavola, evitando così di annegare. L’esempio riportato è veramente suggestivo e può essere vero, considerando che “Dio non ci salva dalla ma nella tempesta” (Ermes Ronchi). È questa una delle affermazioni più speranzose che ci sia. Perché se fosse vero, com’è vero, allora Dio non ci salva dalla ma nella malattia; non ci salva dalla ma nella sofferenza; non ci salva dalla ma nella morte. Ecco perché il lutto non va rielaborato ma evangelizzato. Infine, la spiritualità sinodale non si concilia con l’egoico, sostiene Petrocchi, consistente nel culto di sé, nel compiacimento narcisistico e raffinato della propria persona e delle proprie qualità. Il narcisista, tra l’altro, “non magnifica” ma scarica tutte le colpe sugli altri: mai su di sé, attivando la tecnica del “però”. Spesso appare triste, sofferente e fa soffrire. L’antidoto all’egoico, conclude l’arcivescovo aquilense, è sperimentare la gratuità di Dio che si manifesta in noi con l’allargamento del cuore. “La vita cristiana è poi una vita di gratuità, non servendosi ma servire il popolo di Dio” (Papa Francesco, Omelia dell’11 giugno 2019).
PENSIERO DI MONS. BREGANTINI
Il nostro Arcivescovo riporta l’attenzione dell’assemblea sulla particella – “syn”, ossia camminare con, insieme: non da sconosciuti, da estranei, bensì da amici e «familiari di Dio edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù» (Ef 2,20), il quale si “consegna” risorto alla donna del giorno dopo il sabato, ossia a Maria di Màgdala. Con lei condivide il cammino, “odos “: ecco il primo sinodo nella nuova creazione! Siamo chiamati a ripartire da questa prossimità vissuta nel giardino della risurrezione, desiderando ardentemente di vivere in una terra alleata con il cuore che si lascia rinnovare dalla grazia; aperti all’ospitalità nei confronti di chiunque; famiglia che educa le nuove generazioni alla fede, guardando i giovani come la primavera della chiesa, sotto lo sguardo della Vergine Maria addolorata, ma rivestita con i panni del Risorto.