I CAMPI NOMADI SONO UNA QUESTIONE ETICO-MORALE

I campi nomadi rappresentano una forma orrenda di segregazione razziale e pertanto un crimine contro l’umanità. L’aggravante è che tutto viene mascherato da esigenze culturali inesistenti: i rom e sinti non sono nomadi per cultura poiché la storia ci ha dimostrato che la loro mobilità è sempre stata coatta, figlia di discriminazioni su base etnica e di persecuzioni disumane. Le comunità romanès in ogni epoca, dal XV secolo ad oggi, hanno dimostrato di saper interagire positivamente e con mutui vantaggi con le società maggioritarie in Italia e in Europa quando le condizioni economiche, politiche e sociali lo hanno permesso. Giustificare i campi nomadi  come espressione culturale è un grande inganno al pari dello slogan nazista “il lavoro rende liberi” dei campi di concentramento. Della ferocia concentrazionaria  nazi-fascista i campi nomadi odierni sono il retaggio: luoghi di separazione, di controllo, di pubblico disprezzo dove nessun italiano perbene penserebbe di vivere. Nei ghetti pubblici non si vive ma si sopravvive, si muore nell’anima quotidianamente. La segregazione razziale è indegna di un Paese che si professa civile e democratico, rappresenta il fallimento di un’intera società e di un intero apparato, una vergogna indelebile per chi la pratica. La società italiana, culla di civiltà nel mondo, non merita di praticare politiche disumane di Apartheid. Occorre che l’opinione pubblica venga a conoscenza della verità e faccia pressione sulla politica e sul Governo per superare questa nociva quanto vergognosa e illegittima situazione. La verità negata per decenni venga a galla e gli intrallazzi economici mascherati di becero assistenzialismo attorno ai campi nomadi vengano finalmente condannati per ciò che realmente sono. La società civile non può guardare dall’altra parte poiché diventa complice di un sistema disumano seppur legalizzato. Addirittura si concepiscono trasmissioni televisive, dibattiti e slogan che sono festival di stereotipi da far rabbrividire e sottolineano quanto la realtà venga mistificata e quanto l’opinione pubblica  venga manipolata. Tutto permesso e tutto legale. Tutto ciò solo per raccattare consenso o per trarre profitto, solo per giustificare un fiume di denaro proveniente da progetti locali, regionali, nazionali ed europei di cui i rom e sinti non sono il fine, ma semplici mezzi o pretesto. I rom e sinti vengono trattati e considerati come capri espiatori ideali o semplice “merce” o ancora peggio come “proprietà” delle associazioni italiane titolari di progetti ad hoc. Superare i campi nomadi con alternative abitative dignitose e a misura d’uomo è cosa giusta e necessaria nell’ambito di un’inclusione reale che preveda anche istruzione, lavoro, valorizzazione culturale e assistenza medica. Tutti ne trarrebbero infiniti benefici soprattutto ne trarrebbe beneficio la società civile. Da ricordare che dei 180 mila rom e sinti presenti in Italia (il 65% hanno regolare cittadinanza italiana) solo 26 mila vivono nei famigerati campi nomadi.

Le istituzioni, le autorità preposte e la politica hanno il dovere di prendere provvedimenti che facciano progredire la collettività non solo sul piano sociale e civile, ma anche sul piano etico e morale. Provvedimenti o situazioni che sminuiscono la dignità umana sono un’impalcatura per il crimine, come Mafia Capitale ha ampiamente dimostrato.

Un Paese che non controlla le situazioni al limite e non protegge la dignità di tutti gli esseri umani è un Paese in cui ogni speranza è perduta a favore di un mondo crudele.

Santino Spinelli