Contro di te, contro te solo ho peccato,
quanto è male ai tuoi occhi ho commesso:
tu, sempre giusto nelle tue sentenze
lascia parlare la tua pietà
(Salmo 50,6)
Trivento, 02 marzo 2022
Mercoledì delle Ceneri
Cari Fratelli e Sorelle,
con il rito della imposizione delle ceneri diamo inizio al cammino della Quaresima 2022, tempo liturgico forte, tempo di grazia, in cui ogni battezzato/a è invitato a fare esperienza della infinita e sovrabbondante misericordia di Dio. Lo scenario di iniquità, di ingiustizia e di morte che ci circonda, le tante sofferenze di ogni genere che si moltiplicano e che come nebbia fitta opprimono gli animi e le nazioni, motivano l’assordante urlo dell’uomo contemporaneo che, smarrito e come paralizzato, reclama ancora una volta ciò a cui anela e di cui ha diritto: la felicità, la giustizia e la pace, la cura e promozione della persona umana, la tutela dei deboli e del creato, l’accrescimento del bene comune. Il tutto, per noi credenti, alla luce della ragione e del Vangelo.
A fronte della superbia umana, che semina morte ovunque Dio vuole la vita, il gesto della imposizione delle Ceneri sul capo viene a ricordarci una basilare verità: quella della nostra nativa fragilità, del nostro limite che però, sapientemente recepito e valorizzato, apre all’incontro con Dio, con l’uomo e con il creato. L’uomo non è Dio, ma viene da Dio, da Dio è stato creato e in Dio trova il senso e la direzione della propria vita. Fuori dall’euforia del transumanesimo, la nativa fragilità umana, intrecciata a vulnerabilità e sensibilità – qui considerata come una malattia da cui guarire, o come un accidente da cui guardarsi – diventa preludio di una nuova umanità capace di intuire l’indicibile e l’invisibile, di dischiudersi ad esso mostrando, accanto ad aspetti oscuri, anche versanti di gioia e di speranza. È quell’umiltà che apre al Dio di Gesù Cristo, il Dio creatore e amante della vita, che in Gesù Cristo redime e salva, e chiude a quell’antropocentrismo dispotico che pretende di relazionarsi all’uomo e al creato con atteggiamenti aggressivi e distruttivi, impedendo, tra le altre cose, una rinnovata solidarietà globale, secondo fraternità e amicizia veramente spirituali e, perciò, genuinamente umane.
«Convertitevi e credete al Vangelo» è la formula che accompagna l’imposizione delle Ceneri. Convertirsi. Letteralmente: “cambiare direzione” nel cammino della vita. Dunque non un piccolo aggiustamento, bensì una vera e propria “inversione di marcia”, “inversione a U”. Convertirsi. Ricominciare da Dio. Ripartire dalla grazia di Dio ricevuta in dono nel Battesimo. Impegnarsi a vivere “secondo lo Spirito di Cristo” e non secondo la “logica della carne”, la “logica di questo mondo”. Con l’aiuto della grazia di Dio – senza la quale non possiamo far nulla (Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori, leggiamo nel Salmo 127/126, 1) – passare da uno stile di vita superficiale, incoerente e illusorio, che spesso ci trascina, ci domina, ci rende prigionieri della mediocrità, alla misura alta della vita cristiana. Come? Affidandoci alla Persona di Gesù Cristo, il Vangelo vivente e personale. Lui è “la via, la verità e la vita”, il fondamento, il senso profondo e la meta finale della conversione; è Lui la via sulla quale siamo chiamati a camminare, lasciandoci illuminare dalla sua luce e sostenere dalla sua forza che muove i nostri passi: «Ma Cristo che presso il Padre è verità e vita, è il Verbo di Dio del quale è stato detto: La vita era la luce degli uomini. Appunto perché presso il Padre è verità e vita e noi non avevamo una via da seguire per giungere alla verità, il Figlio di Dio, che nel Padre è per l’eternità verità e vita, assumendo la natura dell’uomo si è fatto via. Passa attraverso l’uomo e giungi a Dio. Per lui passi, a lui vai. Non cercare al di fuori di lui per dove giungere a lui. Se egli non avesse voluto essere la via, saremmo sempre fuori strada. Perciò si è fatto la via per dove puoi andare. Non ti dico: Cerca la via. E’ la via stessa a farsi incontro a te: Alzati e cammina. Cammina con la condotta, non con i piedi. Molti infatti hanno un passo regolare, ma con il comportamento procedono male. A volte quegli stessi che vanno avanti bene finiscono per cadere. Troverai senz’altro uomini di vita onesta, ma non Cristiani. Vanno di buon passo e bene, ma la loro sollecitudine non è lungo la via. Quanto più si affrettano, tanto più si sbandano perché si allontanano dalla vera via. Nel caso, invece, che uomini tali giungano alla vera via e senza deviare, questa è allora la sicurezza perché e camminano speditamente e non si smarriscono. Ma se sono sviati, vadano pure avanti bene quanto si vuole, come c’è da compiangere! È preferibile camminare zoppicando sulla via, ad un incedere energico fuori strada. Queste cose bastino alla Carità vostra». (Sant’Agostino, Discorso 141, n. 4).
Il «convertitevi e credete al Vangelo», accompagna tutti i passi della vita cristiana, dall’inizio alla fine. Per il cristiano ogni istante è un kairòs, un ‘momento favorevole’ per incontrare Gesù e rimanere con Lui, sempre, anche in mezzo a difficoltà e fatiche, stanchezze e cadute, delusioni e smarrimenti, anche quando siamo tentati di abbandonare la strada della sequela di Cristo e di chiuderci in noi stessi e nel nostro egoismo. Quali i mezzi concreti? Li apprendiamo fin da subito, dal Vangelo della Liturgia delle Ceneri: preghiera, digiuno e elemosina (misericordia). Mezzi potenti e dinamicamente interconnessi per l’ascesi cristiana. La preghiera bussa, il digiuno ottiene, la misericordia riceve, come eloquentemente spiega san Pier Crisologo in un suo celebre brano: «Tre sono le cose, tre, o fratelli, per cui sta salda la fede, perdura la devozione, resta la virtù: la preghiera, il digiuno, la misericordia. Ciò per cui la preghiera bussa, lo ottiene il digiuno, lo riceve la misericordia. Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia è la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia. Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda. Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo supplica. Chi digiuna comprenda bene cosa significhi per gli altri non aver da mangiare. Ascolti chi ha fame, se vuole che Dio gradisca il suo digiuno. Abbia compassione, chi spera compassione. Chi domanda pietà, la eserciti. Chi vuole che gli sia concesso un dono, apra la sua mano agli altri. È un cattivo richiedente colui che nega agli altri quello che domanda per sé. O uomo, sii tu stesso per te la regola della misericordia. Il modo con cui vuoi che si usi misericordia a te, usalo tu con gli altri. La larghezza di misericordia che vuoi per te, abbila per gli altri. Offri agli altri quella stessa pronta misericordia, che desideri per te. Perciò preghiera, digiuno, misericordia, siano per noi un’unica forza mediatrice presso Dio, siano per noi un’unica difesa, un’unica preghiera sotto tre aspetti» (Discorso 43, PL 52, 320.322).
Preghiera, digiuno e elemosina/misericordia concorrano in questo tempo a vivere il digiuno più vero: a digiunare da se stessi, da proprio “io” per far posto a Dio! Chiamandoci a conversione, in Quaresima, ogni anno la Parola di Dio ci chiama a questa difficile operazione. Si avvera in modo imprevisto la promessa di Dio che parla di una fame e di una sete nel paese, ma non fame di pane, né sete di acqua, ma di ascoltare la Parola del Signore (Cf Am 8,11). Bisogna innamorarsi vieppiù di questa Parola e accoglierLa con avidità: «Vicino a te è la Parola, sulla bocca e nel tuo cuore» (Rm 10,8). Scrive sant’Ambrogio: «La Parola di Dio è la sostanza vitale della nostra anima; essa la alimenta, la pasce e la governa e non c’è altra cosa, all’infuori della Parola di Dio, che possa far vivere l’anima dell’uomo» (Cf. Esposizione sul Salmo 118, 11.29).
La scure della Parola, cari Fratelli e Sorelle, sia dunque messa con coraggio e sollecitudine a questa precisa radice: il nostro “io”! L’ idolo mortifero che, nel nostro intimo vitale, occupa da usurpatore quel posto che invece appartiene a Dio. Smantellare la cittadella fortificata del nostro “io”, che è nelle mani del nemico, per radicarci e fondarci in Cristo (Cf Col 2,7) vorrà essere il nostro programma quaresimale, antico e sempre nuovo.
E così la Quaresima sarà veramente Quaresima: non un regalo che noi facciamo a Dio, ma un regalo – e che regalo! – che Dio fa a noi. Un dono di grazia, un dono di quel Dio infinitamente misericordioso che non si stanca mai di noi e continua a cercare ciascuno di noi, per offrirci l’abbraccio del suo perdono e del suo amore. Dunque, non un tempo triste e malinconico, ma un cammino di speranza e di gioia verso la pienezza di vita che esplode nella Pasqua del Signore. Aveva ben ragione Gesù quando disse: «Quando digiunate non assumete un’aria malinconica» (Mt 6,16).
Chiediamo al Signore di «accompagnare con la sua benevolenza i primi passi del nostro cammino quaresimale, perché alla osservanza esteriore corrisponda un profondo rinnovamento dello Spirito» (dalla Liturgia).
Buon cammino quaresimale, con una particolare benedizione nel Signore.
+ Claudio, vescovo