“In considerazione del fatto che in una qualsiasi guerra futura saranno, certamente, usate armi nucleari e che queste armi minacciano la continuazione dell’esistenza umana, noi invitiamo i governi del mondo a rendersi conto, e a dichiararlo pubblicamente, che il loro scopo non può essere ottenuto con una guerra mondiale, e li invitiamo, di conseguenza, a trovare i mezzi pacifici per la soluzione di tutti i loro motivi di contesa.” Dal Manifesto Einstein-Russell 1955
La guerra non è un mezzo di risoluzione delle controversie
L’appello, contenuto nel documento, che sarà successivamente conosciuto come il Manifesto Einstein – Russell, benché sottoscritto da Einstein l’11 aprile del 1955 e pubblicato il 9 luglio 1955, appare di grande attualità, alla luce degli eventi bellici scoppiati, tra Russia ed Ucraina, il 24 febbraio u.s.
L’ingiusta e feroce aggressione dell’Ucraina da parte di Putin, definita “operazione militare speciale”, scuote le nostre coscienze e ci pone interrogativi ai quali è difficile rispondere, trattandosi di questioni complesse, alle quali non si possono dare risposte semplicistiche. Appena un mese fa l’ambasciatore russo all’ONU, Vasily Nebenzia, facendo eco alle accuse americane di voler invadere l’Ucraina, sottolineava la volontà americana di “creare isteria” ed utilizzare “la diplomazia del megafono”, traendo in inganno la comunità internazionale e costruendo insinuazioni non fondate. Le affermazioni americane, purtroppo, si sono dimostrate veritiere pochi giorni dopo.
Pericolosa e disumana strategia
Peraltro, la pericolosa e disumana strategia era stata preparata e deliberata con cura e minuziosità molto tempo prima, anni prima (2014), nella incomprensione della volutamente ignara comunità internazionale che nulla ha fatto per evitare l’invasione dell’Ucraina. Certo si sarebbero potute affinare le “armi” della democrazia, del dialogo, della negoziazione mettendo in campo tutte le strategie per impedire una così grave guerra fratricida. Ma ciò non è avvenuto, almeno non tempestivamente. Qualcuno potrebbe osservare che tutte le guerre sono gravi e fratricide: certamente, ma quella che si sta combattendo in Ucraina è davvero paragonabile alle azioni di Davide contro Golia: per la sproporzione di mezzi in possesso delle parti, per l’utilizzo, da parte dell’esercito russo, di armi vietate (le cosiddette bombe a grappolo o munizioni a grappolo, messe al bando da un accordo internazionale del 2008 entrato in vigore nel 2010, che producono effetti ben più devastanti delle “convenzionali” armi da guerra). I cosiddetti effetti collaterali, dall’una e dall’altra parte, derivanti dalla morte di tanti incolpevoli civili (donne, anziani, bambini, giovani vite spezzate) peseranno sulle coscienze di tutti. Nulla han potuto gli innumerevoli appelli a fermare il desiderio di strapotere, il delirio di onnipotenza ed il desiderio espansionistico dell’impero dello “Zar”, invaso da un retaggio storico anacronistico.
Proteste in tutto il mondo
Non sono bastate le tante innumerevoli marce della pace effettuate in tutto il mondo, per far desistere Putin dal suo disegno criminoso. Ancor meno han potuto le proteste, anche, di cittadini russi, (dissidenti della chiesa ortodossa compresa), che sono scesi in piazza per fermare la guerra, nonostante la consapevolezza che la loro azione avrebbe prodotto arresti in violazione dei diritti umani. Allo stato, oltre 15 mila cittadini russi sono stati imprigionati. Inoltre, la Russia è isolata politicamente dal resto del mondo. Né tantomeno sono bastati i molteplici accorati appelli per risparmiare tante vite. Né sembrerebbero avere un valore deterrente le gravi sanzioni comminate dalla comunità internazionale al sistema economico russo per far desistere Putin nel suo intento di continuare la guerra. Neanche l’inaspettata resistenza interna del popolo ucraino sembra essere efficace allo scopo. Accorato l’appello del Presidente Mattarella rivolto ai cittadini dell’Unione: “La nostra responsabilità di cittadini, di europei, ci chiama oggi a un più forte impegno per la pace, perché si ritirino le forze di occupazione e si fermino le armi, perché sia ripristinato il diritto internazionale e siano rispettate le sovranità nazionali. L’indifferenza di fronte all’arbitrio e alla sopraffazione è il peggiore dei mali. In gioco non c’è solo la libertà di un popolo ma la pace, la democrazia, il diritto, la civiltà dell’Europa e dell’intero genere umano. … Non è tollerabile – e non dovrebbe essere neppure concepibile – che, in questo nuovo millennio, qualcuno voglia comportarsi secondo i criteri di potenza dei secoli passati; pretendendo che gli stati più grandi e forti abbiano il diritto di imporre le proprie scelte ai paesi più vicini, e, in caso contrario, di aggredirli con la violenza delle armi. Provocando angoscia, sofferenze, morti, disumane devastazioni. Va fermato – subito”, peraltro, in considerazione del precario equilibrio mondiale.
Facciamo scienza, non guerra
Tutto il mondo scientifico, ora come in passato, si adopera, alla luce delle evidenze provate, per promuovere la cultura della pace, il disarmo nucleare, abolendo tutte le armi di distruzione di massa, attraverso confronti e negoziazioni per un futuro migliore per tutti. Dal mondo dello sport alla comunità scientifica, alle comunità religiose, tutti, coralmente, invocano lo stesso mantra: “pace e mai più guerre”
Gli appelli a fermare la guerra riecheggiano da più parti. Anche le femministe russe si sono unite contro l’occupazione e la guerra in Ucraina. “Ci rivolgiamo alle persone che possono porre fine a questa guerra, con un appello alla pacificazione e alla immediata cessazione del fuoco”. Per dirla con le parole di John Lennon “Date una possibilità alla pace”, senza se e senza ma. “Mai più la guerra” come il Santo Giovanni Paolo II affermava. Quotidianamente dobbiamo diventare operatori di pace, nelle nostre parole e nelle nostre azioni.
In questi tristi giorni, converrebbe rileggere “la luna di Kiev”. Pur non avendo alcun riferimento alla guerra, la poesia di Rodari appare come un accorato appello alla solidarietà, alla fratellanza fra gli uomini, ricordandoci che siamo tutti sotto lo stesso cielo, eppure non abbiamo ancora imparato a vivere come fratelli. Un “mondo senza passaporto” non conosce guerre né violenze compiute in nome del potere territoriale.
Chissà se la luna
di Kiev
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…
Solidarietà senza confini
E mentre imperversa la guerra, la macchina della solidarietà, anche italiana, si è messa in moto per accogliere i tanti, impauriti e disorientati profughi ucraini (in maggioranza donne e minori, anche non accompagnati) che lasciano la loro terra per approdare in comunità diverse che sapranno accoglierli in maniera amorevole, dimostrando, nonostante tutto, la pietas di cui l’essere umano risulta ancora capace.
Silvana Maglione