Il 25 marzo la chiesa ricorda l’Annunciazione del Signore. Per questa ricorrenza ho pensato di scrivere delle tre opere d’arte presenti in Molise che hanno proprio questo tema e, come afferma l’arch. Franco Valente, profondo cultore della materia, si possono considerare straordinarie nella storia della Cristianità, perché contengono elementi di unicità che non si trovano in altre parti del continente. Le tre rappresentazioni dell’Annunciazione si trovano in tre luoghi distinti della regione e appartengono a tre epoche assolutamente diverse tra loro. La prima è l’Annunciazione della Cripta di Epifanio, a San Vincenzo al Volturno (IS). Essa venne dipinta tra l’840 e l’842, circa due anni prima della morte dell’omonimo abate che la commissionò.
La seconda è quella che si trova all’estrema sinistra del registro delle monofore della cattedrale di Termoli e che, come conviene la maggior parte degli storici, fu realizzata tra la fine del XII secolo e il trentennio del secolo successivo.
La terza è l’Annunciazione di Montorio nei Frentani (CB) che l’olandese Dirk Hendricksz, conosciuto come Teodoro D’Errico, consegnò al committente Ascanio di Capua nel 1581.
Affresco della Cripta di Epifanio
Nella Cripta di Epifanio, la scena dell’Annunciazione si trova accanto a una finestra. Sulla destra è raffigurata la Madonna, che appare sbigottita per l’improvvisa apparizione dell’Angelo Gabriele. E’ritratta in abiti regali, in piedi davanti a un trono riccamente decorato da perle e pietre preziose. Non si vedono i piedi, ma la posizione complessiva ci fa intuire che essa sia appena scesa dal suppedaneo e con la mano sinistra, che regge ancora due fuselli di un arcolaio, cerchi di appoggiarsi al voluminoso cuscino purpureo.
Sempre dall’analisi che Franco Valente fa dell’opera, la figura dell’arcangelo Gabriele, che si trova dall’altra parte della finestrella, è ritratta nel momento in cui, terminata la planata, si sta ponendo in posizione verticale. In questa cripta nulla sta per caso e non è un caso che quest’angelo centrale sembri sovrastare i quattro angeli che stanno, due a destra e due a sinistra, sui quattro angoli del braccio dell’abside. La spiegazione è data dall’interprete Ambrogio Autperto, nel suo commento a quella parte dell’Apocalisse di S. Giovanni dove si legge: “Dopo di ciò, vidi quattro angeli che stavano ai quattro angoli della terra, e trattenevano i quattro venti, perché non soffiassero sulla terra, né sul mare, né su alcuna pianta. Poi vidi un altro angelo che saliva dall’oriente e aveva il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare”.
La descrizione di S. Giovanni corrisponde esattamente a quanto si vede in questa parte della cripta.
Al centro dell’abside vi è un angelo che appare nella sua potenza, solo perché la luce che si infila nella fenestella confessionis lo illumina venendo da Oriente.
L’angelo centrale rappresenta un soggetto che ha il potere di un imperatore. Anche quello di giudicare, come se la cripta fosse l’interno di un tribunale. Dunque egli rappresenta qualcuno che sta per giudicare, dopo aver dato un ordine.
Ma la circostanza che la sua immagine si sia formata per effetto della luce che entra dalla fenestella confessionis, che quella luce venga indicata dall’angelo Gabriele a Maria e che Maria si spaventi per l’immagine che si forma nella calotta dell’abside, porta alla conclusione logica che quell’angelo rappresenti l’Angelo-Cristo, che scende sulla terra per giudicare i vivi e i morti. Proprio come aveva intuito Ambrogio Autperto. Dunque, a S. Vincenzo troviamo l’unica rappresentazione apocalittica dell’Annunciazione dove si trovano concetti ed elementi mai individuati nella storia dell’arte e dell’architettura.
L’Annunciazione sulla facciata del duomo di Termoli
La seconda Annunciazione si trova sulla facciata della cattedrale di Termoli. Non si conosce la data precisa della realizzazione di questo insigne documento. Si suppone che la sua composizione finale non vada oltre il primo trentennio del XIII secolo. La straordinarietà di quest’opera è data dal fatto che, per la prima volta nella storia delle rappresentazioni della scena dell’Annunciazione, appare un angelo che regge nella mano sinistra un giglio. Questo fiore è un simbolo importantissimo in quanto rappresenta la verginità di Maria. Mai prima di allora un angelo era stato raffigurato con un giglio in mano! Pietro Cavallini nel 1291, circa 60 anni dopo, metterà sul trono di Maria, nel grande mosaico di S. Maria in Trastevere, un vaso con il giglio.
Nella composizione scultorea di Termoli, l’arcangelo Gabriele sta di fronte a Maria, la quale ha in mano un fuso. Questo simbolo ricorda la narrazione apocrifa, secondo cui la Madonna era intenta a filare, quando ricevette l’annunzio. L’importanza del giglio nelle mani dell’arcangelo è molto particolare, perché non è il fiore naturale, ma quello araldico che poi diventerà il simbolo degli Angioini. Un altro elemento che unisce l’arte alla storia molisana.
Il dipinto di Montorio nei Frentani
La terza Annunciazione si trova nella chiesa dell’Assunta di Montorio. Un’opera straordinaria, che è stata esposta anche all’expo di Milano, per volere del critico d’arte Vittorio Sgarbi. Gli elementi importanti del dipinto sono due: da una parte, il ruolo esterno dell’arcangelo Gabriele che, con il suo dinamismo aereo e asessuato, è il messaggero di Dio. Mai prima di Teodoro D’Errico un angelo era stato rappresentato in forma dinamica! (Solo con Caravaggio, dopo il 1500). L’altro elemento importante è il ruolo simbolico del giglio. La storia ci insegna che il concilio di Trento (1545-1563) aveva ribadito il dogma della verginità perpetua di Maria affermata nel primo concilio lateranense del 639. I gigli dell’Annunciazione di Montorio, che sono collocati in un vaso poggiato in primo piano a terra, sono in numero di tre e simboleggiano la verginità di Maria secondo le considerazioni di papa Paolo IV. Il giglio chiuso sottolinea la verginità prima del concepimento, quello semiaperto la raffigura durante la gravidanza, quello aperto la rappresenta dopo la nascita di Gesù.
Conclusioni
Queste tre straordinarie opere portano lustro al Molise e sono un esempio che la regione non può e non deve essere considerata una periferia dell’Italia che conta, specialmente nel campo dell’arte e della storia. Bisogna lavorare e impegnarsi affinché si creino i presupposti (guide turistiche, ricettività, viabilità) per favorire visite sempre più numerose presso queste comunità, in modo da far apprezzare le bellezze molisane e incentivare il turismo religioso e territoriale.
Mariarosaria Di Renzo