Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo 1922 ; muore, assassinato, ad Ostia nella notte tra il 1 e il 2 novembre 1975.
In una pagina de “Il caos” – 9 agosto 1969 – Pier Paolo Pasolini annota quale è stata la sua scelta di vita e quale la sua storia, intellettuale e politica – avversata ed irrisa anche per il suo essere omosessuale: “Può un uomo collocarsi fuori dalla sua storia (…)? No, non lo può. Questo uscire dalla storia, adottando una falsa e bugiarda ottica di postero o di cherubino, è un atto caro ai reazionari (…)”.
Pasolini è stato da subito indicato e definito“corsaro”, “eretico”, “luterano”, grazie alla sua visione della vita, alle sue opere, tra le altre . “Scritti corsari” e “Lettere luterane” e alle sue appassionate analisi in Tv e sui quotidiani, lui sempre fustigatore dei valori borghesi, letteralmente contrapposti all’orizzonte contadino da lui visceralmente amato; critico aspro, pungente nei confronti dei giovani contestatori sessantottini che a Valle Giulia si sono scontrati con la Polizia -. aprile /maggio 1968 -, loro borghesi rivoluzionari e i poliziotti, proletari dell’Italia meridionale. Nello stesso momento il poeta di Casarsa veniva emarginato e ferocemente criticato per la sua omosessualità: “La borghesia, da ragazzo, nel momento più delicato della mia vita, mi ha escluso: mi ha elencato nelle liste dei reietti, dei diversi: e io non posso più dimenticarlo. Ne è rimasto in me un senso di offesa, e appunto, di male; lo stesso che deve provare un negro di Harlem quando passeggia per la Quinta Strada. Non è una pura coincidenza, il fatto che io abbia trovato consolazione, cacciato dai centri, nelle periferie” . Ed ancora Alberto Moravia, scrivendo alcune note critiche sul film “Il fiore delle mille e una notte” – 1974 -, tra l’altro così si esprimeva: “Qual è il rapporto fra la nostalgia dell’autentico contadino e l’omosessualità? La civiltà contadina è stata la giovinezza del mondo di ieri; l’omosessualità è la giovinezza del mondo di oggi. Così, in maniera sorprendente, civiltà contadina e omosessualità si identificano”. Pasolini ha sempre amato rappresentarsi come un maestro, un pedagogo per le giovani generazioni. Di qui, l’esercizio dell’educazione che solitamente indichiamo con il lessema “paideia”, ossia “scuola”, “magistero” capace di conquistare i giovani e soprattutto di dare un orientamento culturale, pedagogico; di fornire una risposta chiara alla necessità di una filosofia di vita che indichi rigorosamente dove andare, con quale contenuto culturale e filosofico tentare di vivere, di sopravvivere senza lasciarsi trascinare nel gorgo della meccanicistica accettazione dello status quo.
Appaiono davvero significative dal punto di vista non solo scolastico ma anche pedagogico tre esperienze che Pier Paolo fece da giovanissimo studente universitario e appena dopo da neolaureato. La prima è stata quella della straordinaria scuola di Versuta (una frazione di Casarsa) messa su per il fatto che, non potendo molti studenti raggiungere Udine per i bombardamenti tedeschi e fascisti, Pier Paolo li raccoglieva attorno a sé facendo scuola perché non perdessero l’anno scolastico. Era il 1944 ed era già iniziata la guerra civile e la lotta antifascista e partigiana. Nonostante che il Provveditorato agli studi di Udine non avesse dato l’autorizzazione, lui, studente universitario, insieme alla madre – Susanna -, maestra elementare e a pochi amici (Nico Naldini, cugino, e Pina Kaltz, violinista), continuò tale impegno. Nel luglio del 1944, nell’asilo di Casarsa , ci fu la rappresentazione della favola drammatica, scritta da Pier Paolo, intitolata “I fanciulli e gli elfi”, in cui gli elfi, crudeli ed antropofagi, diventano buoni grazie al modi di fare e di essere dei fanciulli. La rappresentazione fu un enorme successo e tale esperienza rimarrà fondamentale anche nella sua attività di drammaturgo (Calderon; Affabulazione Pilade; Porcile, Orgia; Bestia da stile). Una seconda esperienza è stata quella della “Academiuta”, ossia una scuola di poesia, come una specie di Arcadia. Il gruppo era composto di giovani poeti che recitavano le loro composizioni in lingua friulana, arrivando qualche tempo dopo la conclusione della guerra a pubblicare i loro testi con il titolo di “Stroligùt di cà da l’aga” – “Almanacco di qua da l’acqua” – Infine, ci fu l’avventura scolastica a Valvasone, un paesino vicino Casarsa, dove lui era stato assunto come supplente in una scuola media, in mezzo alla campagna casarsese. E’ stata straordinaria la sua esperienza di docente per il metodo innovativo da lui applicato soprattutto nello studio e nell’approfondimento degli argomenti storici. Vale questa stupenda testimonianza di un docente, collega di Pier Paolo: “Ho detto che fu una giornata storica, e non esagero, perché il Provveditore ebbe modo di vedere i frutti di quella che Pier Paolo chiamava – drammatizzazione nello studio – soprattutto della storia (…) Pier Paolo preparava dei copioni che finivano per tradursi in veri e propri spettacoli (…) la lettura del copione serviva a fornire spunti sui quali gli alunni in assoluta libertà creavano i loro dialoghi, ritagliavano i loro ruoli. Rinasceva quindi una sorta di commedia dell’arte (…) e venivano fuori spettacoli veri, partecipati e sofferti (…) Questo modo di procedere non imposto, non coatto, che lasciava ampi spazi di libertà e di creatività, finiva per coinvolgere tutti gli allievi-attori, anche i più apatici e i meno dotati (…) Così si realizzava nella classe un clima di partecipazione e di coinvolgimento (…) in cui non potevano esplodere rivalità, invidie, arroganza e presunzione, ma solo spirito di collaborazione, finalizzato al bene comune”.
Il clou della “forsennata” – come dice Enzo Siciliano nel suo libro sulla vita di Pasolini -scrittura pedagogica pasoliniana, è il testo, “Gennariello”, rimasto incompiuto che lo scrittore di Casarsa, scriveva a puntate settimanali su “Il Mondo”, panphlet pubblicato dopo la morte di Pasolini nel 1976, in “Lettere luterane”. Gennariello è un ragazzo, ipotetico, napoletano, meridionale, e quindi disponibile storicamente a soffrire la violenza del potere, ragazzo al quale Pasolini si rivolge per insegnargli il modo per salvarsi: vivere nella società contemporanea e nello stesso tempo resistere alla sua influenza corruttrice. Pasolini si sofferma a parlare dei compagni di Gennariello, che sono i suoi veri educatori, laddove i genitori non lo sono; parla poi della scuola, “quell’insieme organizzativo e culturale che ti ha completamente diseducato”. Poi dopo aver introdotto il tema della Tv e della stampa, dice di volersi fermare sul sesso, sulla religione, sulla politica e sull’arte.
Per moltissimi di noi Pasolini ha rappresentato una pietra miliare culturale, politica, sociale. Dopo di lui, fino ad oggi, il deserto e l’assenza di un maestro che insegni a leggere il presente, guardando al futuro.
Franco Novelli