La nostra arcidiocesi ha dato il benvenuto a S. Mons. Donato Oliverio, per la sua visita benedetta e tanto attesa tra noi, in occasione della festa di sant’Ireneo. La sua presenza ci ha onorato, perchè dopo due anni di tentativi, causa pandemia, siamo riusciti come Scuola di Cultura e Formazione socio-politica “G. Toniolo” ad averlo tra noi. All’inizio della conferenza abbiamo rivolto un pensiero filiale e riconoscente al Santo Padre, Papa Francesco perchè ha dichiarato Dottore dell’Unità il vescovo di Lione, sant’Ireneo, Padre della Chiesa d’Oriente e d’Occidente. E un deferente saluto a S. E. Mons. Gianfranco De Luca, ringraziandolo per il suo sostegno. E’ sempre più importante, infatti, sentirci, come chiese locali, un’unica chiesa del Molise. Un sentito ringraziamento è stato rivolto soprattutto al nostro Arcivescovo Mons. Giancarlo Bregantini. E’ un dono il suo essere Padre e Pastore così pieno di profezia. Un benvenuto pieno di benevolenza è stato dedicato anche alle Autorità civili e militari presenti, al sindaco di Campobasso, il dott. Roberto Gravina.
Ci siamo ritrovati come Scuola di Cultura e Formazione socio-politica “G.Toniolo”, a riprendere, con questo evento inedito, il cammino iniziato due anni fa sulla questione Mediterraneo, con il convegno “Mediterraneo, frontiera di pace”, vissuto col Presidente della CEI, oggi emerito, il Cardinale Gualtiero Bassetti, attorno all’urgenza di consolidare alleanze, dialogo, tende di pace tra i popoli affacciati sul Mediterraneo.
Perdura ancora in noi la gioia di quanto abbiamo potuto condividere come Scuola, nel settembre del 2019, con le comunità cattoliche italo-albanesi di rito bizantino in Calabria, in occasione del centenario dell’Eparchia di Lungro. Indimenticabile la storica visita del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. L’incontro con l’Eparca di Lungro, Mons. Oliverio ha le sue radici proprio nelle parole che Egli ha pronunciato in quell’occasione: “Salvaguardiamo il principio di legittima diversità nell’unità della fede”.
In relazione al futuro, che si compone davanti a noi coi frammenti dell’oggi, desideriamo come realtà culturale, che crede fortemente nella Carità Intellettuale, che la comunione, che l’Ecumenismo, che l’incontro tra spiritualità d’Oriente e cultura d’Occidente, siano i costitutivi del futuro, come orizzonte certo di pace, come esperienza vivificante della presenza di Dio nel suo popolo e soprattutto come segno unificante per far crescere l’umanità nella fraternità. Ciò significa, guardando alla storia corrente, che il valore e compito dell’accoglienza si situa proprio nei grandi principi chiave del conoscere, del custodire, del valorizzare, dell’incontrarsi tra culture, tra popoli, tra fedi, con riti, tradizioni e lingue diversi, ma tutti reciprocamente arricchenti.
“UT UNUM SINT” LA PIENA UNITÀ TRA ORIENTE E OCCIDENTE
L’intervento di S.E.Mons Donato Oliverio
Ringrazio con gioia tutti voi di questo invito, in particolare mons. GianCarlo Bregantini, a celebrare insieme la festa è la memoria di sant’Ireneo, il difensore della dottrina che ha ricevuto dal Santo Padre il titolo Dottore dell’Unità, perché nel suo nome Ireneo e nella sua e nella sua vita è impresso l’anelito alla pace e al dialogo, così come è stato scritto da più parti. Questo santo venuto dall’Oriente, definito “Ponte spirituale e ispiratore di pace”, ha esercitato il suo ministero episcopale in Occidente, dunque, un ponte non solo spirituale ma anche teologico tra cristiani orientali e occidentali. Il suo nome stesso Ireneos esprime quella pace che viene dal Signore che non è negoziabile, frutto di accordi per tutelare interessi di parte, ma è una pace che riconcilia che reintegra nell’Unità.
Alcune notizie storiche
L’esodo degli albanesi in Italia risale ai secoli XV-XVIII, dopo il Concilio di Firenze del 1439, la caduta di Costantinopoli del 1453 e la morte di Skanderbeg nel 1468. In quel tempo si spostò una Nazione intera, una Chiesa, il cristianesimo albanese, la lingua albanese, un popolo intero con il suo patrimonio.
I profughi furono costretti ad lasciare la Madre Patria, per poter rimanere in vita, liberi e cristiani; nell’esodo portarono con loro poche cose, le meno pesanti, le più preziose, quelle incancellabili: i ricordi, la lingua, il rito bizantino; mentre nel suolo patrio lasciarono dolore, vuoto e desolazione. Essi furono benevolmente accolti ovunque, come fratelli nella medesima fede cristiana. I Pontefici romani furono sempre paternamente provvidenti nei loro riguardi perché potessero avere condizioni di salvaguardia del proprio patrimonio ecclesiale orientale.
L’istituzione dell’Eparchia di Lungro è il coronamento di un lungo percorso storico nel quale la Divina Provvidenza ha costantemente protetto questo piccolo popolo orientale integratosi pienamente nel tessuto della Chiesa latina, senza però perdere le proprie caratteristiche identitarie e peculiari. La Santa Sede con tale provvedimento riconosceva giuridicamente e per prima in assoluto la realtà unitaria e particolare degli Italo-Albanesi e donava ad essi una configurazione di diritto ecclesiale e civile. Nella sua storia registra quattro Vescovi. La Diocesi è saldamente piantata in Occidente, dove rende visibile con estrema chiarezza le ricchezze della tradizione bizantina e la bellezza della possibile unità tra i cristiani di occidente e di oriente nella differenza delle tradizioni e nella diversità delle lingue. L’Eparchia di Lungro è una comunità chiamata a testimoniare, assieme alle altre diocesi della Calabria, la bellezza dell’unità nella legittima diversità. In quanto realtà ecclesiale in piena comunione con il successore di Pietro, e con lo sguardo da sempre rivolto all’oriente cristiano. Oggi l’Eparchia sente forte la sua vocazione ecumenica, insita nella sua storia, e si spende in molti modi affinché arrivi quanto prima l’atteso giorno della piena unità tra Oriente e Occidente. L’attenzione al dialogo ecumenico è una delle peculiarità della nostra Eparchia, la quale sin dagli anni del concilio Vaticano II, ha dato vita ad una recezione ecumenica che tutt’ora porta i suoi frutti.
L’Eparchia da Lungro, una ridente cittadina di circa 3.000 abitanti, posta sul versante sud–ovest della Catena montuosa del Pollino, ai piedi del Monte Petrosa, ad un’altitudine di 600 metri sul livello del mare. Il suo Trono si trova in quella che è la Chiesa Madre di tutte le Chiese dell’Eparchia, la Cattedrale di San Nicola di Mira, costruita tra il 1721 e il 1825.
Oggi i fedeli dell’Eparchia sono circa 40.000 nei Paesi e altrettanti sparsi in varie città della Penisola italiana, ad assisterli nel loro cammino di divinizzazione ci sono una cinquantina di papàdes. In questi centri gli abitanti, per strada e in famiglia, parlano l’arbëresh e nelle Chiese, durante le ufficiature liturgiche, i fedeli pregano e cantano in greco e in albanese.
Nell’Eparchia si vive e osserva, con pienezza di comunione ecclesiale con la Sede di Pietro, la tradizione bizantina con il suo ricco patrimonio liturgico, cerimoniale, iconografico, teologico, spirituale, melurgico. Tali caratteristiche rendono la medesima, in Calabria e in Italia, segno vivente della realtà dei primi secoli dell’era cristiana, quando greci e latini vivevano in comunione e lodavano ciascuno nella propria lingua e secondo le proprie tradizioni l’unico e solo Dio”.
a cura di Ylenia Fiorenza