Si parte per Barbiana: …finalmente vado a Barbiana.
Da tempo covavo nel mio cuore di vecchia signora e insegnate il desiderio profondo di recarmi in pellegrinaggio sulla tomba di Don Milani.
Un debito morale e cristiano: un sentimento di gratitudine per l’alta geniale testimonianza di educatore e di sacerdote dalla radicalità evangelica che non poco ha influito, già da studenti universitari all’epoca tumultuosa degli anni sessanta, sulla formazione di molti futuri docenti. Una piccolissima sperduta scuola di montagna post-elementare inventata da un prete scomodo esiliato e frequentata da ragazzi scartati o rifiutati dalla scuola pubblica. Dalle elementari “uscivano semianalfabeti andando a lavorare timidi e disprezzati”. Figli, a sua volta, di genitori analfabeti: contadini e pastori sfruttati, per giunta, dalla mezzadria.
L’occasione, nei primi giorni di settembre, mi è stata offerta da mio figlio docente pendolare, favorito dagli impegni intermittenti di inizio anno scolastico, da Termoli dove risiede con la famiglia a Imola dove ha vinto la cattedra.
Ti porto a Barbiana!
Sbarcati ai piedi del Mugello, l’alta valle Toscana nella quale in un fitto bosco è inerpicata Barbiana, ci accoglie uno straordinario scenario naturale: un bosco silenzioso e solenne che un cippo commemorativo di guerra e due stradine alberate aprono subito la mente e il cuore al rispetto di un luogo quasi sacro.
Il primo ricorda la strage di una rappresaglia nazi-fascista che costò la vita a quindici innocenti, le seconde di recente, ad opera della Fondazione Don Lorenzo Milani istituita e curata dai suoi ex allievi e volontari, sono diventate viale della Resistenza e Viale della Costituzione.
Tappezzati da vistosi pannelli didattici, autentici libri aperti di strada, gli uni riportano le toccanti lettere di partigiani condannati a morte che hanno scritto con il sangue le leggi della Repubblica Italiana prima ancora che venissero solennemente redatte sulla Carta Costituzionale, gli altri i relativi articoli fondamentali con didascalie scritte e figurate.
Affissa ad un alberello del Viale della Costituzione (molto familiare alla Scuola di Don Milani) la rudimentale insegna di Barbiana.
Lo stupore cresce man mano che i viali ricongiunti in alto si percorrono a piedi.
Ancora più quando si arriva a Barbiana: solo una chiesetta appiccicata ad una piccola canonica e più in basso il piccolo cimitero.
Come quando nel lontano 1954 Don Milani, salendo a piedi (all’epoca solo a piedi) sulla polverosa stradina, oggi Viale della Costituzione, arrivò e….in questa parrocchia solo di nome con 39 anime sparse nel bosco.
Incompreso e punito dalla Curia Fiorentina per i suoi scritti innovativi e il suo insolito operato sacerdotale, senza se e ma per lui i suoi parrocchiani e detrattori ecclesiastici e civili.
E qui rimase per tutta la sua brevissima vita, morì a 44 anni, lui figlio di una colta e ricca famiglia fiorentina.
Previa prenotazione con la Fondazione, da un signore anziano siamo introdotti in una stanzetta di accesso: l’unica di questa famosa scuola.
Seduto su vecchie panche, troviamo un mondo: un variegato gruppo di bambini italiani e africani, di uomini e donne giovani e meno giovani.
Un’aula speciale senza cattedra e banchi: un lungo tavolo centrale e tantissimi strumenti didattici singolari.
Seduto al lungo tavolo, insieme ad altre persone, Agostino, il primo e uno degli ultimi allievi di Don Lorenzo, ormai settantenne, che ci fa da guida.
Da degno discepolo di un così grande maestro, trasforma, attraverso domande empatiche (a Barbiana è stato celebrato il funerale della lezione frontale e delle interrogazioni da cattedra) anche noi in vivacissimi studenti di quella vivissima scuola.
Ogni arredo didattico ri-prende vita e ci interroga: i rudimentali scaffali di libri, le carte geografiche, i numerosi cartelli e grafici sulle mura, un rudimentale l’astrolabio e in compendio il famoso I Care che campeggia su una porticina.
L’arte maieutica di Socrate era di casa nella Scuola di Don Milani, e ancora trasmette il gusto, il sapore del sapere (da sapĕre latino) a tanti nuovi improvvisati scolari.
Anche la visita al sottostante ampio laboratorio di falegnameria e ferro battuto, servivano non solo per avviare al lavoro ma per costruire, con l’aiuto di maestranze invitate, tutte le suppellettili didattiche necessarie come l’astrolabio, acquista un tono interessante e coinvolgente.
Chiudiamo lo speciale pellegrinaggio scolastico con l’omaggio alla sua Santa nel piccolo cimitero.
Vicino a lui il suo allievo più conosciuto Michele Gesualdi biografo e curatore di quasi tutti gli scritti di Don Milani, l’Eda, la storica governante della canonica e della scuola, con la madre Giulia.
Anche da questo luogo di morte Don Milani e la sua famiglia scolastica continuano a fare scuola ai vivi. Lo testimoniano le numerose commoventi dichiarazioni di visitatori affisse al muro centrale della cappellina cimiteriale o registrate sul libro nel quale sono raccolte.
L’attualissimo “Cuore” della Scuola di Barbiana
Quale messaggio la Scuola di Barbiana può trasmettere alla scuola di oggi che si trova a fronteggiare cambiamenti sociali epocali, caratterizzati da evoluta tecnicizzazione e frammentazione umana come non mai?
Si può cogliere certamente nella finalità centrale che accomuna ogni vera scuola: educare più che istruire. Così l’ha individuata e proclamata l’allievo Gesualdi, quasi come un testamento spirituale prima di morire, in uno dei suoi ultimi interventi all’Università di Bologna: “tenere alta la qualità dell’insegnamento come faceva con noi Don Lorenzo per rendere gli studenti protagonisti liberi e consapevoli. Una scuola non selettiva ma esigente, impegnata, severa non permissiva, con una forte carica culturale. La scuola deve rendere uguali, deve insegnare non giudicare. Voi insegnanti avete tra le mani i cittadini di domani, scorgete nei loro occhi il futuro, accendete il fuoco che ogni giovane ha dentro”.
Nel cuore di questa profonda verità educativa, nasce spontanea e necessaria la domanda di fondo: tutti gli operatori scolastici ardono per accendere?
La necessità di accendere fuochi nella scuola di oggi è di drammatica necessità.
Accendono nei ragazzi loro affidati il valore della vita, mentre il disagio giovanile si diffonde e il suicidio tra adolescenti è allarme rosso?
È allarme soffocato come testimonia il volo tragico dal balcone di casa sua, nello scorso mese, il tredicenne Alessandro nel Napoletano, vittima indifesa di maledette chat di coetanei bulli.
Il motto della Scuola Barbianese I Care, me ne importa, mi sta a cuore, è più attuale che mai: coinvolge in molte, fondamentali e urgenti istanze della scuola. Tante e tali che richiederebbero un altro e lungo articolo per elencarle. Si dovrebbe partire da quelle più strettamente scolastiche (a Barbiana gli studenti scrivevano libri come la famosa Lettera a una Professoressa mentre oggi statistiche serie ci informano che la metà degli studenti alle superiori non capisce il senso del testo) per arrivare alle altre di ordine sociale ed esistenziali.
Mai urgenti come oggi con la minaccia sempre più reale e minacciosa della guerra totale.
Mentre i nostri giovani docenti delle aree interne come il Molise sono costretti a fare le valigie anziché essere aiutati ad incrementare e valorizzare le pluriclassi a tempo pieno (il Molise è ultimo in graduatoria nazionale con appena il 7,5%) come fece Don Milani.
Giova rimarcare, sulle colonne di questo giornale cattolico, che è stato non solo educatore appassionato, ma Prete cattolicissimo ed ortodossissimo: “per me prete l’ingiustizia sociale non è cattiva perché danneggia i poveri, ma perché è peccato, cioè offende Dio e ritarda il Suo Regno.
Altro che “prete Rosso”! la sua integrità sacerdotale e il suo attualissimo apostolato educativo invita anche i cattolici ben pensanti di ieri…e i loro superstiti di oggi a ripensarci.
Rosalba Iacobucci