Il 2 novembre, in un’intervista al Corriere della Sera, il neo Ministro dell’Interno ha dichiarato che i Paesi di cui battono bandiera le imbarcazioni dovrebbero «farsi carico dell’accoglienza» dei migranti soccorsi, poiché questi ultimi hanno «messo piede per la prima volta» proprio in quei Paesi, salendo sulle navi. Che le navi rappresentino un’estensione territoriale dei rispettivi Stati di bandiera corrisponde certamente a verità. I migranti a bordo delle due navi, Humanity 1 e Geo Barents, attraccate a Catania e battenti rispettivamente bandiera tedesca e norvegese, si trovano in territorio tedesco e norvegese e quindi – secondo il Ministro – sarebbero la Germania e la Norvegia a doverli accogliere e occuparsi delle loro richieste. A prima vista questo ragionamento potrebbe non fare una piega. In realtà, non è proprio così.
La Convenzione di Amburgo del 1979, alla quale l’Italia ha aderito nel 1986, prevede che gli sbarchi debbano avvenire nel primo “porto sicuro” disponibile, sia dal punto di vista del rispetto dei diritti umani, sia per prossimità geografica alla località di salvataggio. Del resto oltre che giuridico questo è anche un assunto logico e per alcuni aspetti soprattutto morale. Si pensi solo per un attimo se fosse applicabile la legge invocata dal Ministro dell’Interno e la nave battesse ad esempio bandiera neozelandese. I migranti per ricevere soccorso dovrebbero arrivare in Nuova Zelanda? C’è qualcosa che non quadra. I comandanti delle due navi, quindi, hanno agito correttamente osservando le Convenzioni internazionali vigenti in materia (Convenzione di Amburgo e di Dublino). Il comandante di una nave che trasporta migranti tra i quali potrebbero esserci anche richiedenti asilo politico ha l’obbligo di raggiungere il porto sicuro più vicino dove far sbarcare le persone a bordo, senza esporli ad altri pericoli per la loro incolumità.
L’immigrazione resta comunque un problema non riguardante solo l’Italia. Una strada percorribile a livello europeo potrebbe essere la modifica o l’abrogazione del Regolamento di Dublino impegnando gli Stati membri dell’Unione europea in una reale solidarietà comune. La proposta di modifica presentata recentemente dalla Commissione Europea prevede la possibilità per i Paesi di scegliere se accogliere concretamente i richiedenti nel proprio territorio in conformità a quote di redistribuzione, oppure se aiutare i Paesi di primo ingresso, cioè Italia, Grecia e Spagna, a rimpatriare un numero pari di richiedenti asilo la cui richiesta di protezione è stata negata, oppure ancora, finanziare centri di accoglienza nei Paesi di primo ingresso o programmi di sviluppo nei paesi di origine dei richiedenti. In sostanza, la nuova proposta punta più a condividere lo sforzo sui rimpatri che all’accoglienza. Non mi pare tuttavia tale proposta sia pienamente conforme ai valori fondanti dell’Unione europea. Penso, come eventuale proposta, all’istituzione di visti umanitari europei obbligatori, al principio del mutuo riconoscimento delle decisioni tra gli Stati membri e infine a una libertà di circolazione qualificata dei beneficiari dei visti umanitari. Per questo tipo di riforme naturalmente è indispensabile la volontà politica degli Stati in osservanza proprio di quel principio di solidarietà che è alla base della Costituzione europea. In questo momento una simile innovazione normativa non mi pare sia percorribile per l’opposizione che troverebbe in alcuni Stati membri.
Credo anche che il problema resterà ancora a lungo irrisolto. Non resta che auspicare, dunque, una più concreta volontà politica e maggiore disponibilità alla ricerca di validi punti d’incontro tra gli Stati membri dell’Unione europea. L’Europa del solidarismo faccia più passi decisi in avanti sulla via dell’integrazione, superando la soglia di persistenti chiusure nazionali, spesso ingiustificate. Ci sia una maggiore considerazione dei diritti degli altri affinché si tuteli in capo ai migranti, anche irregolari, la dignità della persona umana. È questo il vero tema di grande interesse, soprattutto alla luce di un’equiparazione, giurisprudenziale e dottrinale, tra diritti fondamentali e diritti umani inviolabili. L’Europa non perda quel senso di umanità e di solidarietà che dovrebbe essere l’essenza delle democrazie moderne e che significa impegno etico e sociale nei confronti dei più deboli.
Vincenzo Musacchio Giurista