E’ noto che il mio Don Chisciotte ha almeno due letture possibili. Il suo ruolo di sognatore dell’impossibile vuole suggerire la lotta contro l’eccessiva prudenza di chi calcola tutto e finisce per mortificare le aspirazioni degli uomini; in questa interpretazione si celava la mia denuncia delle tante angherie imposte dai ceti più elevati al grande mare di vagabondi e picari che attraversavano la mia terra in cerca di fortuna.
L’ostinazione invece con cui l’hidalgo continua a credere nei suoi fantasmi contro ogni più palese evidenza e il suo assoluto rifiuto di guardare alla realtà rappresentavano la miope politica di Filippo II, che, mentre affermava le sue velleità imperiali e assecondava le futili rincorse ai titoli e alle dimostrazioni di prestigio, ignorava le condizioni del suo popolo e l’arretratezza delle istituzioni.
Ambedue le letture disegnavano comunque da diverse prospettive la stessa crisi di identità nazionale, con il pregio che i critici mi avrebbero riconosciuto di essere un narratore imperituro nel mondo per universalità e polivalenza del messaggio.
Ebbene, mi permetto di suggerire il metodo mio, del mio contemporaneo Shakespeare e di tanti che seguirono, a voi che state vivendo un periodo di evidente sbandamento con il conflitto in Ucraina, confusione dovuta all’incapacità o al rifiuto di vedere la realtà con uno sguardo poli prospettico, incatenati come siete a pochi presupposti schematici (chi aggredisce – chi è aggredito) che non porteranno lontano.
Conosco bene la droga delle convinzioni ostinate, l’ho analizzata nelle folli scorribande di Don Chisciotte, convinto di vedere nei mulini a vento dei giganti o in una rozza contadina la divina Dulcinea; al punto che nella seconda parte del mio libro immaginavo che lo stesso Sancio non si rassegnasse alla fine di queste stravaganze decretata dal suo condottiero rinsavito e reggesse il gioco per non perdere una condizione a cui si era abituato, che gli permetteva di restare lontano dal suo triste stato di povero affamato deluso popolano.
E proprio per questa mia conoscenza approfondita dell’animo umano mi permetto di dubitare che le posizioni progressivamente impostesi nel vostro contesto internazionale corrispondano a un meditato esame del problema con una sicura visione delle soluzioni. L’Europa è piena di Don Chisciotte e Sancio Panza che non vedono al di là delle loro pretese, come già fecero a Sarajevo, convinti che le armi, tra l’altro imbracciate da un altro popolo, portino al successo. Anche a costo di tormentare ulteriormente una terra ormai devastata. Anche rischiando di ignorare le aspirazioni di una parte di una regione duale come questa, impastata di secolari commistioni tra due etnie.
Il metodo allora sarebbe il dialogo fra le parti, quello autentico, il riconoscimento di pari dignità all’avversario, la concessione di un terreno di manovra. Questo può essere opera naturalmente di un terzo soggetto, come il Dottor Carrasco, interessato sinceramente alla salute del suo malato, non certo gli avidi parenti che aspettavano la morte dell’hidalgo per spartire il patrimonio.
Troppi interessi ruotano intorno a questa guerra coma alle precedenti. Il passaggio continuo da una che si esaurisce alla successiva sarà pure indizio di un consistente interesse dell’industria degli armamenti! Non dimenticate il desiderio di pace dei primi giorni di guerra! La follia bellicista e rivendicativa è una droga che non perdona.
Miguel de Cervantes
Il mio amato Cervantes cerca di illuminarmi come altri grandi autori del passato. Ricordo i giochi di fantasia che ho animato nel mio teatro, seguendo l’esempio di Niebla di Unamuno, immaginando che il suo protagonista si ribellasse alla conclusione del romanzo che lo vedeva morire disperato, chiedendo un altro finale che lo facesse partire ancora all’avventura. Don Chisciotte convinceva il suo disilluso creatore testimoniandogli i tanti esempi di affermazione del bene sul male. Chissà che il “mio” Hidalgo possa tornare sulla scena citando la conclusione di una pace duratura, che metta fine a una situazione paradossale. La Russia fa parte dell’Europa e in passato ha più subito che imposto aggressioni al continente in cui è collocata dalla storia e dalla geografia.
Roberto Sacchetti