Educare le nuove generazioni alla gratitudine per la vita ricevuta e all’impegno di custodirla con cura è il messaggio centrale della 45ª Giornata Nazionale per la Vita, che si è celebrata il 5 febbraio 2023. Il tema proposto per le nostre riflessioni è attorno al grido che tutti innalziamo davanti alla guerra: «La morte non è mai una soluzione». Mai! E dobbiamo essere fermamente convinti di ciò, specie davanti al diffondersi di una “cultura di morte”, che prepotentemente, per interessi economici ed ideologie di per sé mortifere, si impone come tragica “soluzione”. Dietro essa si nasconde il male. Ed è responsabilità e impegno di tutti smascherarlo!
«Quando un figlio non lo posso mantenere, non l’ho voluto, quando so che nascerà disabile o credo che limiterà la mia libertà o metterà a rischio la mia vita… la soluzione non è l’aborto. Quando una malattia non la posso sopportare, quando rimango solo, quando perdo la speranza, quando vengono a mancare le cure palliative, quando non sopporto veder soffrire una persona cara… la via d’uscita non è nell’eutanasia o nel suicidio assistito. Quando la relazione con il partner diventa difficile, perché non risponde alle mie aspettative… non si può arrivare a uccidere chi si amava – o si credeva di amare –, sfogandosi persino sui piccoli e all’interno delle mura domestiche. Quando il male di vivere si fa insostenibile e nessuno sembra bucare il muro della solitudine… non ci si può togliere la vita. Quando l’accoglienza e l’integrazione di chi fugge dalla guerra o dalla miseria comportano problemi economici, culturali e sociali… non si possono abbandonare le persone al loro destino, condannandole di fatto a una morte ingiusta. Quando si acuiscono le ragioni di conflitto tra i popoli… mai scegliere le armi».
La sfida è diffondere piuttosto una appassionata e attiva “cultura di vita” perché è “Il Signore crocifisso e risorto – ma anche la retta ragione – che ci indica una strada diversa: dare non la morte ma la vita, generare e servire sempre la vita. Ci mostra come sia possibile coglierne il senso e il valore anche quando la sperimentiamo fragile, minacciata e faticosa. Ci aiuta ad accogliere la drammatica prepotenza della malattia e il lento venire della morte, schiudendo il mistero dell’origine e della fine. Ci insegna a condividere le stagioni difficili della sofferenza, della malattia devastante, delle gravidanze che mettono a soqquadro progetti ed equilibri… offrendo relazioni intrise di amore, rispetto, vicinanza, dialogo e servizio. Ci guida a lasciarsi sfidare dalla voglia di vivere dei bambini, dei disabili, degli anziani, dei malati, dei migranti e di tanti uomini e donne che chiedono soprattutto rispetto, dignità e accoglienza. Ci esorta a educare le nuove generazioni alla gratitudine per la vita ricevuta e all’impegno di custodirla con cura, in sé e negli altri. Ci muove a rallegrarci per i tanti uomini e le donne, credenti di tutte le fedi e non credenti, che affrontano i problemi producendo vita, a volte pagando duramente di persona il loro impegno; in tutti costoro riconosciamo infatti l’azione misteriosa e vivificante dello Spirito, che rende le creature portatrici di salvezza”. Tutti schierati allora su diversi fronti a difesa della vita, ponendo come unico rimedio l’amore fraterno. Per vincere sulla disperazione, per lenire con l’olio della consolazione ogni sofferente e trasformare ogni disagio culturale e sociale in un vero e profondo rinnovamento per il riconoscimento della preziosità di ogni vita, perché è Dio che ha creato tutte le cose perché esistano (cfr Sap 1,14).
Ylenia Fiorenza