TESTIMONIANZE
l viaggio di Papa Francesco dal 31 gennaio al 5 febbraio scorso è stato, per il Congo Democratico e il Sud Sudan, una occasione di grazia; il compimento di una promessa e di una gioia annunciata prima per il mese di luglio 2022, ma poi rinviata per ragioni legate alla salute del Pontefice. È stata una occasione di gioia condivisa e celebrata attraverso riti liturgici, discorsi e eventi spesso resi solenni dall’accoglienza e la vitalità che si riconosce al popolo africano. Ma da Papa Francesco tutto il continente aspettava una parola forte. Una parola che abbracciasse senza ferire il moto di questo suo quarantesimo viaggio internazionale, senza eludere la realtà geopolitica dei paesi visitati. Una realtà difficile e sensibile per la quale non riteniamo avere l’autorevolezza necessaria nell’affrontare un tema così delicato. Ci limiteremo dunque a raccontare la nostra empatia per quello che è stato per noi un pellegrinaggio di riconciliazione e di pace, come voluto e annunciato dallo stesso Bergoglio.
Ci sia consentito però di partire da questa parola, quella che riteniamo forte e che ha aperto la serie dei vari interventi del Santo Padre, dipingendo bene la realtà di un continente “soffocato” da un colonialismo (economico) che lo priva di tutte le sue risorse e che per questo fa fatica a realizzarsi. “Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare”. Ha detto Bergoglio. Poi ha continuato: “L’Africa sia protagonista del suo destino! Il mondo faccia memoria dei disastri compiuti lungo i secoli a danno delle popolazioni locali e non dimentichi questo paese e questo continente”. Questa parola era attesa. Si! Avevamo bisogno che parlasse proprio così ai dirigenti africani, alle potenze esterne, senza giri di parole. E così è stato. Volevamo sentire da lui questa verità che poi diventerà punto di partenza per la riconciliazione dei cuori chiamati a costruire insieme la pace. La parola di Francesco non è stata una accusa. Toccante e forte, il Papa ha riconosciuto i fattori endogeni e esogeni di una crisi sociopolitica e, diremmo, anche religiosa che, sostenuta e protratta volontariamente nel tempo, ha impoverito tutto il continente. Eppure, un continente ricco di risorse naturali: petrolio, gas, oro, uranio… risorse che si sono trasformate con il passare del tempo in una fonte di economia di guerra con delle conseguenze sulla vita delle persone. Solo per il Congo Democratico si sono registrati sette milioni di morti in trenta anni di guerra all’Est del paese. L’agenda del Papa prevedeva per l’occasione una visita all’Est del paese, visita poi annullata per ragioni di sicurezza e sostituita con l’incontro delle vittime presso la Nunciatura Apostolica. E da questo punto di vista la visita del Pontefice in Africa è stato un dono. Un dono per queste terre martoriate da secoli da paesi che pensano di rapire senza dover dare, di distruggere senza costruire, e che pretendono di continuare a sfruttare a costo zero.
Tutto il mondo aspettava molto da questo viaggio del Vicario di Cristo. In questo contesto di crisi e di povertà, la visita di papa Francesco è apparsa come una consolazione. La sua compassione si è trasformata in una mano tesa per aiutare a rialzarsi un popolo caduto nelle mani dei briganti e abbandonato per anni a se stesso. Un popolo privato di libertà e di giustizia. Le parole di Bergoglio risuonano come un invito rivolto a tutti i politici, responsabili ecclesiali, giovani e leader del mondo affinché insieme ci impegniamo a ristabilire una società dove libertà e giustizia sono fondamenta di una pace vera, frutto dello Spirito Santo. Le parole del Papa in occasione di questo viaggio apostolico sono l’espressione concreta della solidarietà. Si è comportato come il buon samaritano del Vangelo, il quale, passando accanto all’uomo caduto nelle mani dei briganti, “vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui” (Lc 10, 33-34). Avere cura dei ragazzi, rimettendo al centro il diritto all’educazione, diritto fondamentale alla costruzione e alla crescita dei valori cristiani per la formazione integrale di uomini e donne capaci di affrontare le sfide di un mondo sempre più bisognoso di pace, di fratellanza e di solidarietà. Un viaggio che ha riportato la speranza perché portata da una persona credibile, capace di parlare a tutti. Ai giovani disperati, il Papa ricorda che “abbiamo tutti il desiderio di vivere da fratelli”, e lancia un no alla rassegnazione per non essere complici della distruzione del prezioso patrimonio che ci è stato dato in dono e che merita di essere custodito da tutti.
Ci auguriamo che dopo questa visita, tutto non rimarrà come prima. Che non ci sarà sempre bisogno di ricominciare. Sogniamo tutti un continente dove c’è libertà e giustizia. Sogniamo anche noi un accesso gratuito all’educazione per i nostri bambini ancora vittime dello sfruttamento nelle miniere, costretti al lavoro minorile, sogniamo sviluppo, lavoro, una vita migliore, dignità e pace. E’ forse venuto il momento di realizzare le speranze di un popolo, di una comunità che chiede solo di essere se stessa e sa che il suo futuro sta nelle sue mani. C’è bisogno che le nostre comunità, anche ecclesiali, siano accompagnate e sostenute da progetti efficaci e realizzati nel rispetto delle diversità, le quali possono diventare ricchezza per una Chiesa in cammino verso la santità dei suoi membri, capace di dare sorriso e speranza al mondo; a tutto il mondo.
Don Aloys Ghislain Mewoli
Grazie di avermi dato la possibilità di raccontare come è stato il viaggio del papa Francesco dal mio amato paese.
Il mio paese Repubblica democratica del Congo sta vivendo un momento molto difficile, il papa Francesco ci ha lasciato un messaggio di speranza. Non dobbiamo farci dividere dalla politica ma vedere che cosa possiamo fare insieme,
Insieme crediamo che con Gesù c’è sempre la possibilità di essere perdonati e ricominciare, e pur la forza di perdonare se stessi.
Ai giovani che sono il futuro il papa Francesco ha indicato la preghiera, comunità, onestà, perdono e servizio; questo messaggio secondo me riguarda anche gli adulti.
Il papa ha indicato cinque ingredienti per costruire la pace e un futuro diverso, con l’appello a scegliere il bene e non farsi inghiottire dalla palude del male. Io come sacerdote anche da lontano dal mio paese cerco di vivere come fossi nella mia terra.
Don Celestino Muyayu Kalunga.