Un filo sottile lega tre santi venerati nel periodo invernale: sant’Antonio Abate, san Sebastiano e san Biagio da Sebaste. E’ singolare che nessuno dei tre sia nato in Italia, ma il loro culto è molto forte e diffuso in tutta la penisola.
San Biagio è annoverato tra i 14 santi ausiliatori invocati dal popolo cristiano in casi di necessità, in generale per guarire da particolari malattie. E’ infatti conosciuto come il santo protettore della gola, oltre che dei pastori, agricoltori, cardatori, suonatori di strumenti a fiato, materassai e laringoiatri.
La sua vita e i suoi miracoli
La vita del santo si basa su fonti incerte, come spesso accade quando trattasi di martiri presumibilmente esistiti tra il I e III secolo. Da fonti autorevoli, come la Bibliotheca Sanctorum e l’Enciclopedia Cattolica, si apprende che san Biagio sarebbe nato a Sebaste, in Armenia (attuale Turchia) e di professione era medico. All’inizio del IV secolo sarebbe divenuto vescovo della sua città che, durante gli stermini cristiani, venne invasa dai persecutori. L’opinione più accreditata fa risalire il suo martirio all’epoca dell’imperatore Licinio (307-323). Biagio e i suoi seguaci sarebbero fuggiti e si sarebbero rifugiati in una caverna, da dove sembra egli guarisse, con un segno di croce, diversi animali malati. Fu scoperto e catturato, così venne rinchiuso in prigione, dove spesso riceveva e sanava gli ammalati. Fu brutalmente torturato con un pettine da cardatore e poi, pare, venne decapitato.
Un episodio tramandato dalla storia narra di una donna che si recò da lui per chiedere l’intercessione per il figlio morente, perchè aveva ingoiato una lisca di pesce. Un altro importante miracolo accadde a una vedova, alla quale un lupo aveva portato via un maialino. Il santo intervenne affinchè la fiera restituisse la preda e la donna, per riconoscenza, gli offrì cibo e candele. Da qui la frase famosa che Biagio riferì alla donna: ”Offri ogni anno una candela alla chiesa che sarà benedetta al mio nome e avrai molto bene e nulla ti mancherà”.
Iconografia del santo
San Biagio è tra i consacrati più riprodotti dal punto di vista iconografico. Il suo attributo comune, oltre alle insegne episcopali, è rappresentato da pettine di ferro da cardatore, dalle candele incrociate, dal pane, da un bambino e da un maialino. Il pettine e le candele si riferiscono rispettivamente alle torture subìte e al miracolo compiuto sul bambino che aveva rischiato di soffocare con una lisca di pesce. Una immagine molto antica del santo si trova in un affresco dell’XI secolo nella chiesa di san Clemente a Roma. Anche nella cattedrale di Ragusa sarebbe conservata una corona reliquiario sempre dell’XI secolo. Da sottolineare che le reliquie del santo sono molto numerose, come quelle di tanti altri, e quindi si pone il tema dell’autenticità, problema di difficile risoluzione.
Per quanto riguarda l’estero, un’opera di pregio attribuibile al pittore Hans Memling si trova nella cattedrale di Lubecca (Germania); un altro dipinto a Lerida (Spagna). Ancora a Berlino e Indianapolis, dove sono conservate opere dei pittori Francesco di ser Cenni e Giovanni del Biondo, in cui il santo è raffigurato in età adulta, seduto sul trono, con sontuosi abiti episcopali e le insegne del martirio, quasi a mettere in evidenza la grandezza della sua figura.
Il culto di san Biagio in Molise
Com’è noto, la festa del santo cade il 3 febbraio. In ragione di questa data, la solennità è considerata da alcuni autori la sopravvivenza cristiana di un’antica manifestazione pagana. San Biagio, come detto, è anche considerato il patrono degli agricoltori. Vi sono luoghi in cui tale culto viene estrinsecato in forma “semplice”. Gli agricoltori si recano in chiesa con un pugno di cereali che, benedetti, si mescolano a quelli della semina per auspicare un raccolto abbondante.
La seconda è una forma più folkloristica, rappresentata in Francia, dove il 3 febbraio si manifestava con un corteo di “carri scenici” sui quali venivano mimate scene di vita agricola.
Sempre nel giorno della sua festa, in Spagna, Francia, Germania, Italia, venivano distribuiti piccoli pani che, nella forma, ricordano le parti malate.
In Molise questa tradizione è tutt’oggi rinnovata ad Acquaviva Collecroce, un piccolo paese in provincia di Campobasso, dove si produce il Pandice e un dolce tipico detto Kolace (collare), in onore del santo. Sia i nomi che la devozione hanno derivazione croata, in quanto lo stesso paese ha tale origine. San Biagio, infatti, è il patrono di Dubrovnik, capitale della Croazia. In paese il 3 febbraio si celebra una grande festa e si porta in processione una statua del 1886 realizzata da Gabriele Falcucci, il noto artista sordomuto di Atessa, e una reliquia del santo, anch’essa portata in processione. Nell’occasione, si distribuiscono sia il pane benedetto che le bottigliette di olio, che servirà per benedire la gola. Inoltre, il santo è raffigurato in due tele settecentesche: in una è riprodotta la scena del suo martirio, nell’altra lui è accanto alla Madonna del Carmine.
Un altro paese dove il santo è patrono è San Biase, comunità di circa 200 persone dove si celebra una messa e si distribuisce il pane benedetto. La statua lignea custodita in chiesa è di notevole pregio: è un’opera dei primi anni dell’800 proveniente da una bottega di Oratino, borgo molisano che ha dato i natali a un gran numero di artisti e artigiani nel corso dei secoli.
Anche a Forli del Sannio (IS) san Biagio è patrono. La messa e la processione si svolgono di pomeriggio, seguono la benedizione della gola con le candele incrociate e la distribuzione del panino. Anche in questo comune è conservata una reliquia del santo (un dente) ed è stato composto un inno in onore del patrono, scritto dal diacono Giuseppe Emilio Cioffi.
A San Martino in Pensilis anticamente era eretta una chiesetta in onore di san Biagio, ora purtroppo sono rimasti solo ruderi. Ma la comunità organizza un pellegrinaggio a cavallo all’alba del 3 febbraio e si reca nel posto per una preghiera.
Ad Agnone (IS) esiste una statua nella chiesa di san Biase firmata Paolo Saverio Di Zinno e datata 1765.
A Bojano c’è la chiesa dedicata a san Biagio perché vi era una forte presenza di cardatori di lana, altra categoria di cui il santo è patrono. La chiesa è anche chiamata san Biagio della porta perché situata vicino alla porta est della cinta muraria. Oppure san Biagio degli albericis, che era l’antico patrono della città.
Il santo garehazzute (gargarozzo) ha fatto breccia nei cuori dei molisani che, nonostante il numero esiguo di abitanti e le innumerevoli difficoltà, riescono ancora a onorare i santi patroni con zelo e profonda devozione.
Mariarosaria Di Renzo