Lo scorso novembre il governo dello Zimbabwe si era impegnato a regolarizzare le attività estrattive di litio compiute dalla popolazione locale presso la miniera di Sandawana a Mberengwa. Passati pochi mesi, il governo «ha fatto un drammatico dietrofront ingannando e abbandonando gli abitanti dei villaggi dopo essersi accaparrato il loro minerale senza pagarlo». È stata un’inchiesta dello “Zimbabwe Independent” a rivelarlo. Lo scorso anno almeno cinquemila minatori privati e cacciatori di fortuna a vario titolo, compresi gli stranieri, si erano riversati in quella che era stata una miniera di smeraldi, nella provincia delle Midlands, dopo che era stata scoperta la presenza del litio. Quella miniera appartiene alla Zimbabwe Mining Development Corporation (ZMDC), di proprietà statale tramite altra società controllata, la Kuvimba Mining House, ben nota per la produzione di smeraldi, i tantalite e di altri minerali preziosi.
Dopo un primo accordo tra il governo e le popolazioni locali, per evitare lo sfruttamento della miniera da parte di avventurieri e di società straniere (giunte a pagare il lavoro dei minatori locali l’attività estrattiva fino a 200 dollari a tonnellata), il governo dello Zimbabwe ha rinnegato per ragioni non chiare le promesse fatte alle popolazioni dei villaggi, che era di pagare il giusto per l’attività estrattiva (il cui ricavato sarebbe comunque finito nelle mani dello Stato).
Abbiamo dato solo un esempio di come la povertà di molte popolazioni africane sia un dramma legato allo sfruttamento delle materie prime, a beneficio di altri, quasi sempre dei più ricchi. Si capisce bene dunque il senso dell’appello lanciato da papa Francesco, in occasione del suo viaggio in Congo e in Sud Sudan (31 gennaio – 5 febbraio): «Basta con lo sfruttamento dell’Africa!». Con un’espressione cruda, il fenomeno si chiama land-grabbing (“accaparramento di terre”; quelle dei Paesi poveri a vantaggio di soggetti stranieri). Alcune interpretazioni della frase sono più diplomatiche: per esempio, studi finanziati dalla FAO giungono a esprimere il dubbio se il land-grabbing non sia, al contrario, un’opportunità.
«Ma apriamo gli occhi sul mondo – ha detto Francesco, in un suo recentissimo colloquio con P. Antonio Spadaro, Direttore della Civiltà Cattolica, la rivista dei Gesuiti – . Tutto il mondo è in guerra! La Siria vive una guerra da dodici anni, e poi lo Yemen, il Myanmar con il dramma dei Rohingya [le minoranze musulmane, ndr]. Anche in America Latina ci sono tensioni e conflitti. E poi questa guerra in Ucraina. Tutto il mondo è in guerra, ricordiamocelo bene. Ma io mi domando: l’umanità avrà il coraggio, la forza o persino l’opportunità di tornare indietro? Si va avanti, avanti, avanti verso il baratro. Non so: è una domanda che io mi faccio. Mi dispiace dirlo, ma sono un po’ pessimista».
Papa Francesco ha ragione: bisogna ammettere che l’intero pianeta dà più di una ragione per essere pessimisti. Coglieremmo qui un’arguta osservazione, in forma di domanda, del P. Spadaro: «La fede si muove verso il sud del mondo, i soldi no». Temiamo sia questo il nodo da sciogliere; ed è un nodo che frena non solo lo sviluppo dei popoli africani, ma anche le loro libertà; a partire da quelle libertà civili che noi diamo fin troppo per scontate.
Ma lasciamo parlare ancora il Papa. Pur con tutto questo pessimismo, gli chiede ancora Spadaro, Francesco ha un sogno per l’Africa? «Quando il mondo pensa all’Africa, pensa che, in un modo o nell’altro, essa vada sfruttata. Si tratta di un meccanismo inconscio collettivo: l’Africa va sfruttata. No, l’Africa deve crescere. Sì, i Paesi del Continente hanno ottenuto l’indipendenza, ma dal suolo in su, non sulle ricchezze che sono sotto». Ritorna il tema del land-grabbing. È la ricchezza dei paesi poveri: un dramma proprio perché è un ossimoro. Ed è un tema, diciamolo senza ipocrisie, che si miscela con la corruzione e con l’abitudine al malaffare di molte classi dirigenti dei Paesi in via di sviluppo. «La corruzione politica – ha detto ancora il Papa – non lascia spazio alla crescita del Paese, lo distrugge. A me colpisce il cuore. Non si possono servire due padroni; nel Vangelo questo è chiaro». Serve pertanto una nuova classe politica di gente onesta ma che va formata; e questo non solo nel continente africano.
Ma alcuni semi di speranza ci sono. In Congo Francesco ha visto «tanta voglia di andare avanti, tanta cultura». Prima del suo viaggio africano il Papa aveva incontrato sulla piattaforma Zoom alcuni giovani studenti universitari africani: «Intelligentissimi, avete persone di un’intelligenza superiore, è una delle vostre ricchezze, giovani intelligenti e si deve fare posto a loro, non chiudere le porte», ha detto rivolgendosi ai giornalisti africani sul volo di ritorno dal Sud Sudan. E, visto che il futuro economico e quello dei giovani sono entità collegate, Francesco ha tenuto a esprimere una sua valutazione, poi ribadita nel citato colloquio con il P. Spadaro: «Avere tante ricchezze naturali che attirano gente che viene a sfruttare il Congo, scusatemi la parola. C’è questa idea: l’Africa va sfruttata. Qualcuno dice, non so se è vero che i paesi che avevano colonie hanno dato l’indipendenza dal pavimento in su; non sotto, vengono a cercare minerali. Ma l’idea che l’Africa è da sfruttare dobbiamo toglierla».
Altro tema doloroso per il continente africano, e che va di pari passo con l’instabilità politica, è quello della vendita delle armi. «Il tema della violenza è un tema quotidiano – ha detto Francesco – . Lo abbiamo appena visto in Sud Sudan. È doloroso vedere come si provoca la violenza. Uno dei punti è la vendita delle armi […] credo che nel mondo questa sia la peste più grande. L’affare…la vendita delle armi. Qualcuno che ci capisce mi diceva che senza vendere armi per un anno finirebbe la fame nel mondo. Non so se è vero. Ma oggi al top è la vendita delle armi. E non solo tra le grandi potenze. Anche a questa povera gente…gli seminano la guerra dentro. È crudele. Gli dicono: “Vai alla guerra!”, e gli danno le armi. Perché dietro ci sono interessi economici per sfruttare la terra, i minerali, le ricchezze. È vero che il tribalismo in Africa non aiuta. Ora non so bene come è in Sud Sudan. Credo che anche lì ci sia. Ma ci vuole dialogo fra le diverse tribù».
Guerre, violenze, povertà, sfruttamento, neocolonialismo. Sono i capitoli di un’agenda nera che noi, come nazioni cosiddette “civili” e come comunità internazionale, dovremmo cancellare per sempre, recuperando interesse per un bene comune planetario, mal percepito e inquinato da interessi locali o, peggio, da interessi privati mascherati da interesse nazionale. Il viaggio del Papa in Africa ci ha consegnato questa realtà: l’Africa è sfruttata come quattro-cinque secoli fa: in modi diversi, magari più “raffinati” o addirittura più “democratici”. Ma questa tragica realtà è sotto gli occhi di tutti. E serve una consapevolezza collettiva per non confinare questa realtà nelle terre desolate dell’oblio.
Matteo Luigi Napolitano