Il Santo Padre Francesco ha pubblicato, in occasione della Quaresima 2023, il tradizionale messaggio per questo tempo intenso dell’Anno Liturgico, dal titolo Ascesi quaresimale, itinerario sinodale. Il messaggio offre una interessante lettura dell’episodio sinottico della trasfigurazione sul monte Tabor che mette in relazione, a partire dal racconto evangelico, la dimensione quaresimale dell’ascesi e il percorso sinodale che la Chiesa sta vivendo in modo particolare in questi anni.
Prima di leggere il messaggio quaresimale può essere utile soffermarsi brevemente a riflettere sul significato dell’ascesi nell’ambito della vita cristiana, a partire dall’episodio evangelico della Trasfigurazione.
- Il brano (Mt 17, 1-9)
La vicenda è molto nota. Gesù, accompagnato da Pietro, Giacomo e Giovanni sale su un “alto monte”, e qui viene trasfigurato: il suo volto brilla e le sue vesti diventano candide. Appaiono poi Mosè ed Elia e Gesù inizia a conversare con loro. I discepoli sono stupefatti, ammirano la bellezza della scena tanto che San Pietro interviene: “Signore, è bello per noi essere qui!”. A questo punto entra in scena la voce del Padre, che conferma l’eccezionalità dell’evento: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!”. Infine Mosè ed Elia scompaiono e tutto torna come prima. “Non temete”, conclude il Signore.
L’evento della Trasfigurazione rappresenta un momento di stra-ordinarietà, un momento cioè nel quale il Signore si manifesta con una certa gloria, in una “figura” trasfigurata, che va al di là della sua solita presenza in mezzo ai discepoli. Un momento straordinario preceduto e seguito dalla eccezionale semplicità della ordinaria predicazione e della vita quotidiana di Gesù. Un momento che pone innanzi ai nostri occhi Gesù nella sua specialissima relazione con il Padre: egli è il Figlio, che con l’autorità della Legge e dei Profeti annuncia al mondo il Vangelo di Salvezza.
Il Santo Padre, nel suo messaggio quaresimale, mette in evidenza il momento che precede la trasfigurazione, la salita al monte, e il carattere comunitario (sinodale) dell’evento.
- L’ascesi
Una lettura spirituale del brano evangelico appena tratteggiato individua nel cammino verso l’alto monte una figura dell’ascesi cristiana, elemento fondamentale della vita dello spirito. Come Pietro, Giacomo e Giovanni, anche l’anima cristiana è chiamata a salire con Gesù verso l’alto monte, per essere condotta da lui in disparte, e stare un po’ con lui. L’ascesi, infatti, non è principalmente una pratica di rinuncia e di abnegazione, ma – piuttosto – un percorso che permette all’uomo di elevarsi al di sopra della pianura della mediocrità, per salire verso le vette della relazione con Dio, l’unica che può realizzarlo pienamente in quanto uomo. L’ascesi, dunque, finalizzata a una sincera relazione con Dio, che ci accompagna sul monte e lì si mostra in tutto il suo splendore, è vissuta dall’uomo ogni volta che egli decide di andare oltre la mediocrità della sua vita, per vivere pienamente la sua umanità.
- Ascesi come ititnerario sinodale
Andare oltre la propria mediocrità, superare la pianura nella quale siamo immersi, è qualcosa che costa anche una certa fatica, come costa fatica l’incamminarsi verso le vette di una montagna.
Fra i tanti aspetti che caratterizzano la pianura nella quale molti vivono spicca, certamente, quello dell’autoreferenzialità, del credere di bastare a se stessi e di essere in grado di poter vivere bene da soli la propria vita. Questa aspetto è presente in numerose dimensioni della vita dell’uomo, dal lavoro alla famiglia, dalla vita relazionale a quella spirituale. Ma, lo dimostra l’episodio della Trasfigurazione, neanche nella relazione con Dio, cioè nella vita spirituale, si può pensare di essere autoreferenziali. Gesù non porta con sé un solo discepolo, ne porta tre; egli non parla tra sé, dialoga con Mosé ed Elia. Anche la vita spirituale, dunque, deve essere vissuta nella consapevolezza che la relazione tra l’uomo e Dio è una relazione che parte da un cammino fatto insieme, come insieme salgono Pietro, Giacomo e Giovanni.
L’ascesi cristiana dunque, figurata dalla salita al monte Tabor, è una vera ascesi perché ci invita a superare l’autoreferenzialità, e a vivere la vita di fede uscendo da noi stessi e accettando di entrare in relazione con l’altro, con il quale camminiamo verso la stessa meta. Questo è particolarmente consolante: l’altro non è un pericolo per la nostra relazione con Dio, non è un disturbatore della nostra quiete. Al contrario egli cammina con noi, vive le nostre stesse difficoltà e le nostre stesse gioie, e per questo può essere per ognuno un compagno di viaggio. Se la meta della nostra ascesi è Dio, la strada non può che essere l’Altro, cioè Cristo Gesù, e in Lui l’altro, cioè il fratello e la sorella che il Signore ci ha posto accanto, che con noi cammina e dal quale possiamo sentirci sostenuti nelle difficoltà. Solo insieme, allora, si potrà giungere alla vetta, dove ci attende “qualcosa di meraviglioso e sorprendente, che ci aiuterà a comprendere meglio la volontà di Dio e la nostra missione al servizio del suo Regno”.
Don Davide Picciano