Con la firma dell’accordo, lo scorso febbraio, fra Ministero della Cultura ed il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ha preso il via il progetto “Il turismo delle radici – una strategia integrata per la ripresa del settore del turismo nell’Italia post covid-19”, che si inserisce nell’investimento per l’“Attrattività dei Borghi” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Cinque ministeri e 600 comuni uniti in un progetto che vale 20 milioni di euro e punta a invertire il processo di depauperamento di molti borghi italiani e aree interne, e a incentivare il rilancio post Covid della cultura, del turismo e dell’economia del nostro Paese. La strategia è consentire alla vasta platea di italo-discendenti e di oriundi italiani nel mondo (stimati fra i 60 e gli 80 milioni) la riscoperta dei luoghi di provenienza e il riappropriarsi della cultura delle loro origini.
Il turismo delle radici rappresenta, senza dubbio, una forma estremamente importante per l’Italia, segnata storicamente da un continuo esodo, che ancora oggi presenta elevati livelli di mobilità migratoria. Se c’è un’altra Italia che vive all’estero ci si chiede, dunque, come si possano incoraggiare gli emigrati italiani e i loro discendenti a riscoprire i loro luoghi di origine.
Fra le iniziative atte alla realizzazione del progetto vi è la pubblicazione, da parte del MAECI, del “Bando delle Idee per il turismo delle radici”, che promuove le attività di sensibilizzazione delle comunità locali e di formazione degli operatori del PNRR, una misura intesa a creare nei territori un’offerta turistica integrata e rivolta ai “viaggiatori di ritorno”. Il Bando, chiusosi il 22 marzo scorso, finanzierà – con 4 dei 20 milioni dedicati all’intero progetto – 20 proposte progettuali, una per ogni Regione, presentate ciascuna da un “gruppo informale” di soggetti.
Tralasciando, in questa sede, potenzialità e criticità che presenta il suddetto bando, ci chiediamo quali siano la strategia migliore e le sinergie più adeguate da realizzare per cogliere le importanti opportunità offerte dal turismo delle radici. Per un verso un aspetto centrale è dato dalla collaborazione delle Regioni con i sindaci e i diversi attori attivi sul territorio, tale da produrre un effettivo rilancio di borghi e aree interne impoveriti e spopolati che affollano la cartina geografica dell’Italia. Dall’altro gli obiettivi del progetto non si potranno realizzare senza il protagonismo attivo della comunità organizzata delle italiane e italiani nel mondo. Il successo dell’offerta del turismo delle radici, infatti, si realizza in primis attraverso iniziative che dovranno coinvolgere le estese e variegate comunità italiane all’estero per raggiungere il target designato, cioè gli italo-discendenti. Occorre, dunque, mettere in sintonia le diverse soggettività storiche e recenti dell’emigrazione italiana: strutture organizzate, associazioni regionali, Istituti Italiani di cultura, Camere di Commercio, i media italiani all’estero, le aziende italiane operanti nel mondo e così via, fino ai testimonial incarnati: le migliaia di italiani e italiane che là vivono e lavorano.
Il “Turismo delle radici” riporta le attenzioni sui cittadini italiani nel mondo, ma non si possono ignorare le criticità che essi vivono. Vogliamo citarne almeno due: la necessità d’investire di più nella difesa e valorizzazione della lingua italiana, e il pessimo stato dei servizi consolari, scaduti terribilmente nonostante la mole di percezioni in denaro che incassano.
Marianna Sica, di Termoli, laureata in Lettere e Scienze Storiche, vive a Basilea,
dove insegna Lingua Italiana. Attiva nella comunità italiana in Svizzera,
è anche coordinatrice del gruppo GIR – Giovani Italiani in Rete.