«Cari giovani, nulla vi accontenti che stia al di sotto dei più alti ideali! Non lasciatevi scoraggiare da coloro che, delusi dalla vita, sono diventati sordi ai desideri più profondi e più autentici del loro cuore. Avete ragione di non rassegnarvi a divertimenti insipidi, a mode passeggere ed a progetti riduttivi».
Nella domenica della misericordia ci alziamo ed andiamo in fretta nella parrocchia di S.Pietro di Campobasso, che ospita la giornata mondiale della gioventù diocesana, preludio a quella mondiale, la XXXVII, che si svolgerà quest’estate a Lisbona, in Portogallo.
Papa Francesco ci ha già invitato a meditare insieme sul tema scelto per la prossima giornata mondiale della gioventù: l’episodio evangelico della Visitazione, nel quale la giovane Vergine Maria si alza e si mette in cammino per incontrare sua cugina Elisabetta, portando in sé il Cristo.
«La madre del Signore è modello dei giovani in movimento, non immobili davanti allo specchio a contemplare la propria immagine o intrappolati nelle reti. Lei è tutta proiettata verso l’esterno, sottolineando che questa prontezza nell’uscire verso gli altri è generata dall’esperienza del Signore nella propria vita».
Non un viaggio la GMG, ma un pellegrinaggio.
Un pellegrinaggio per il quale prepararsi, prima di partire, non soltanto riempiendo uno zaino, ma riempiendo innanzitutto il cuore, cercando il senso più profondo dell’esperienza.
La GMG diocesana di oggi ci aiuterà in questo.
“Incontri im-possibili” è il filo conduttore dell’evento.
Figure chiave della giornata: Nelson Mandela e Karol Wojtyla.
Il primo, attivista e politico sudafricano, premio Nobel per la pace, dalla lotta pacifica contro l’Apartheid alla prigionia e ai lavori forzati, ha vissuto accarezzando l’ideale di una società democratica e libera in cui tutte le persone potessero vivere insieme in armonia e con pari opportunità.
Il secondo, salito al soglio pontificio con il nome di Giovanni Paolo II, oggi santo, dal celeberrimo «Se mi sbaglio, mi corrigerete» alle giornate mondiali della gioventù, nella sua missione pastorale è stato un instancabile annunciatore e testimone di Gesù Cristo nel mondo intero.
Ripercorrendone le esistenze attraverso un viaggio tra le varie attività proposte dagli organizzatori, approderemo a spunti di riflessione preziosi.
Questi uomini, con il loro esempio di vita, con le loro storie, con i loro messaggi di perdono e riconciliazione, voltano le spalle alla vendetta.
«Il perdono libera l’anima, rimuove la paura. È per questo che il perdono è un’arma potente».
Le testimonianze delle loro vite diventano la cartina tornasole per riconoscere la presenza di Dio e ci lasciano un’eredità da raccogliere e accogliere: cercare e inseguire un modo di vivere alternativo, che si discosta dall’ordinaria rassegnazione alla sofferenza; permettere alla forza della Resurrezione di operare in noi; realizzare che ciò che è scritto nel vangelo non può ridursi ad uno slogan pubblicitario ai buoni sentimenti ma invece è un continuo appello a cambiare vita nelle azioni concrete quotidiane.
Nello scorrere dei nostri giorni, non arrendersi quindi, ma restare fermi nella convinzione che se da soli non ce la facciamo, con Dio tutto è possibile.
Preghiamo il Signore affinché ci predisponga ad un incontro intimo innanzitutto con Lui e poi con gli altri, affinché ci guidi nel guardare il prossimo non soltanto secondo la nostra prospettiva ma anche secondo la Sua, per donarci la sapienza di saper scorgere la Sua presenza nelle persone che incrociamo nel percorrere le innumerevoli crocevia della vita.
Tutto questo si traduce nell’imbarcarsi e nell’intraprendere un viaggio in cui esser pronti a prendere il largo nella direzione che ci sarà indicata.
Cambiamo rotta, cancellando dal nostro vocabolario la parola “ormai” per sostituirla con “ancora”.
«Duc in altum».
Lanciamo ancora la rete nella realtà della vita, nel futuro, in Cristo Gesù.
Guardiamo in alto. Alziamo lo sguardo.
La vita cristiana, pertanto, si configuri come autentica immersione in questa pienezza, altezza e profondità che è il mistero di Dio.
Tutto il discorso si riallaccia all’omelia di S.E. Mons. Giancarlo Maria Bregantini durante la messa, a conclusione della giornata: così come quel dito nel costato aprì l’apostolo Tommaso alla fede, anche noi siamo incoraggiati a guardare oltre; a stendere, tendere la nostra vita al di fuori di noi stessi e toccare le nostre ferite per far sì che possano trasformarsi in feritoie che sprigionano luce.
Non ci è possibile eliminare il dolore ma ci è possibile trasformarlo.
Trasformare, dunque, il nostro imperativo.
Tutto nasce dalla capacità di trasformare.
I due simboli di oggi, Nelson Mandela e Karol Wojtyla, hanno trasformato, rovesciato le realtà negative nelle loro vite.
Trasformare è il cuore stesso dell’Eucarestia, nata in una notte di tradimento e perciò diventata luce: è Gesù stesso che scende nei nostri cuori per trasformarli.
La Resurrezione è un trasformare: quest’Uomo che risorge, che spezza la morte, che cambia la storia e ci fa piangere di gioia.
La grande risposta che riceviamo oggi dal Signore è proprio questa: io non vedo ma credo, l’impossibile si trasforma in possibile, nulla è impossibile a Dio.
Permettiamo a Dio di realizzare il suo sogno su di noi, lasciamo che l’amore di Dio in noi ci scolpisca, crediamo al vangelo e rendiamolo possibile, visibile e credibile; scaviamo a mani nude nell’ordinarietà per portare alla luce la stra-ordinarietà; spostiamo i confini per riuscire ad andare oltre e a dar vita all’impossibile, con la grazia dell’amore e della speranza.
Interroghiamoci: gli incontri im-possibili sono quindi un privilegio di pochi o una vocazione per tutti?
Francesca Melillo