PROCESSO ALLA SOLIDARIETÀ. LA GIUSTIZIA E IL CASO RIACE

(…È nostro dovere rispettare il diritto di ogni essere umano di trovare un luogo dove poter soddisfare i suoi bisogni primari e quelli della sua famiglia, ma anche realizzarsi pienamente come persona. I nostri sforzi nei confronti delle persone migranti che arrivano si possono riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Infatti, “non si tratta di calare dall’alto programmi assistenziali, ma di fare insieme un cammino attraverso queste quattro azioni, per costruire città e Paesi che, pur conservando le rispettive identità cultuali e religiose, siano aperti alle differenze e sappiano valorizzarle nel segno della fratellanza umana” (F.T. n. 129) papa Francesco

Il metodo Riace

È stata presentata il 9 u.s., presso la sala San Celestino V, a Campobasso, l’opera, a cura di Giovanna Procacci, Domenico Rizzuti, autori presenti all’incontro, e Fulvio Vassallo, “Processo alla solidarietà. La giustizia e il caso Riace” che, nel titolo, ben ne rappresenta i contenuti. Mons. Giancarlo Bregantini ha introdotto i lavori, analizzando in maniera puntuale ed oggettiva la nascita del “Modello Riace” essendo, all’epoca della sua costruzione, vescovo di Locri-Gerace, legato, peraltro, da profonda amicizia al sindaco di Riace, Mimmo Lucano, ideatore di tale modello, fondato su un progetto collettivo utopico, mosso da elevati ideali politici, e che ha dato una svolta di cambiamento duraturo e solidale ad una realtà che soffriva di criticità, anche per la presenza di organizzazioni criminali.

L’opera nasce dalla abnormità della sentenza e del processo a Mimmo Lucano ed al suo sistema di accoglienza dei migranti, senza cercare lo scontro e senza esprimere alcuna condanna. “I contributi e le testimonianze sono frutto di una percezione comune e condivisa proveniente da esperienze lavorative ed ambiti disciplinari assai diversi”. La denuncia di una persona dichiarata “attendibile” ha dato luogo ad un processo che porta l’accusa ad ipotizzare, nei confronti dell’imputato, Mimmo Lucano, ed altri, il reato di associazione a delinquere, distrazione di fondi, peculato o truffa e che ha portato ad una sentenza di condanna in primo grado a 13 anni, ridotti ad 11 in appello.

Solidarietà sotto accusa

Secondo gli autori, durante lo svolgimento del processo ci si è resi conto che sotto accusa era un sistema organizzato di solidarietà che, peraltro, aveva avuto riconoscimenti ed approvazioni, tanto da ispirare anche una fiction (Tutto il mondo è paese), mai trasmessa dalla Rai. Il processo appariva come una criminalizzazione della solidarietà. Per evitare che il processo penale di primo grado potesse rimanere confinato nella cronaca locale, come “una storia calabrese”, è stato portato all’attenzione dell’opinione pubblica.  Sotto accusa era un “metodo di accoglienza” che è andato ben oltre la semplice messa a disposizione di dimore, ma ha creato, attraverso azioni concrete, le condizioni di integrazione dei migranti e delle loro famiglie con le popolazioni accoglienti, anche attraverso lo scambio di esperienze lavorative, comunitarie (realizzazione di un frantoio comunitario, laboratori, albergo diffuso, per indicarne alcune). A Riace si è costruito un’economia collettiva che si è opposta all’abbandono, alle ingerenze mafiose, che ha coeso la comunità attraverso l’attuazione concreta dei valori di uguaglianza, dignità della persona, solidarietà. Probabilmente tale modello di integrazione ed accoglienza risultava inviso ad alcuni.

Novità del metodo

Quello che è cambiato, nel tempo, non sono le pratiche, in atto da oltre 15 anni, ma il modo di intendere l’integrazione. L’esperienza Riace ha diviso anche la politica. Inoltre, Riace riscrive la narrazione dell’accoglienza, praticata e sperimentata con risultati positivi, non divisiva, non portatrice di odio e di paura, ma esperienza di straordinaria inclusione, di rivitalizzazione sociale ed economica dello sviluppo locale ed in quanto tale è stata candidata, nel 2018/19, dalla Rete dei comuni solidali ed altre associazioni, al Nobel per la pace. Peraltro, Mimmo Lucano era stato riconosciuto tra le prime cinquanta personalità più influenti al mondo dall’autorevole rivista internazionale “Fortune”. Riace ha saputo materializzare i principi di fratellanza, uguaglianza, dignità umana, alla luce dei principi costituzionali e della Convenzione dei diritti umani del 1948. La terra calabrese ha sempre accolto e custodito la diversità. L’intuizione di Mimmo Lucano, che viene da lontano, ha costruito, sulla base di esperienze antiche di integrazione, anche in presenza di un ruolo deficitario dello Stato, un modello che non ha fatto dell’immigrato un nemico, ma un dono prezioso, declinando accoglienza con integrazione, non respingimenti. L’arrivo dei migranti ha permesso alla popolazione locale di vedere le persone accolte come un’esperienza, un’opportunità di crescita. Il paese è cambiato, da uno stato di abbandono si è rivitalizzato, animato, custodendo e sviluppando arti e mestieri diversi. Si son create “prospettive future, attraverso un’accoglienza operosa ed intelligente”. Il fenomeno migratorio, non fermato, è stato orientato. Lucano ha riabilitato l’immagine della Calabria, terra di ndrangheta e criminalità, in terra positiva. Il metodo è diventato insegnamento per tutta l’Europa e non solo. Per distruggere il modello, apprezzato dal mondo intero, si doveva delegittimarne il suo ideatore.

Riflessioni

Scrive papa Francesco “l’arrivo di persone diverse, che provengono da un contesto vitale e culturale differente, si trasforma in dono, perché “quelle dei migranti sono anche storie di incontro tra persone e tra culture: per le comunità e le società in cui arrivano sono una opportunità di arricchimento e di sviluppo umano integrale per tutti” (F.T. n.133) inoltre, “…Gli immigrati, se li si aiuta ad integrarsi sono una benedizione, una ricchezza e un nuovo dono che invita una società a crescere” (F.T. n. 135). Padre Giancarlo, chiamato a testimoniare per la difesa, leggendo le esortazioni della Fratelli Tutti, su citate, ha asserito che Mimmo Lucano non ha “calato dall’alto programmi assistenziali, ma ha fatto insieme un cammino”. Ha avuto un’intuizione che precedeva di 15 anni quanto affermato da papa Francesco nella Lettera enciclica Fratelli Tutti. Ci auguriamo che la Calabria, terra del Sud, che ha molte similitudini con il Molise, (spopolamento, criticità strutturali, per citarne alcune) possa ritornare ad essere terra di laboratori e di esperienze pilota. Nell’attesa della sentenza di appello, e nell’augurare a Mimmo Lucano il pieno riconoscimento dell’opera meritoria svolta per l’integrazione ed accoglienza dei migranti, ci sentiamo di ripetere che se “Cristo si è fermato ad Eboli, è risorto a Riace”.

Silvana Maglione