Il cuore di Dio ascolta gli oranti, ma non gli arroganti. Perché la preghiera che si eleva dal cuore fidente è una lampada accesa nella notte. Dio, infatti, non ama chi si esalta, perché sarà umiliato dalla sua stessa alterigia. I farisei non indirizzano mai il loro sguardo verso l’alto, perché, nella loro tracotanza, loro si sono esaltati fino ad occupare tutta l’altezza. E quando guardano, lo fanno solo per giudicare, per incolpare. I loro occhi sono lame taglienti. Sono armi. Sono minacce. Sono la sede dell’odio, della menzogna. Quanti ‘farisei’ circolano ancora nei nostri ambienti quotidiani! Nessuna soavità d’animo appartiene a loro. Non si può chiamarli seminatori. Bensì sterminatori!
Sono quelli il cui respiro nel petto non arriva mai fin giù, nella profondità dell’anima, ma resta a metà, già soffocato, contratto. Ecco perché il loro volto somiglia a quello di cadaveri. Piano piano il respiro viene meno in loro perché la troppa boria li asfissia, li spegne. è la sorte dei boriosi. O scoppiano o si attorcigliano! Chi troppo frequenta il diavolo, alla fine rischia di vederlo dappertutto e in tutti. Ma mai in se stessi! L’arrogante è come una pentola che borboglia colma di brama di comandare, di controllare, di troneggiare e di denigrare. Basta accorgersi dei toni che usano quando si esprimono. Ma la cosa rassicurante è che davanti a Gesù essi sono niente! Questa è la felice verità per gli umili che, al contrario, sono i veri cooperatori del Suo Regno d’amore. Bisogna scrutare negli atteggiamenti di Gesù, eccome! Ma solo per trarre insegnamento. In silenzio. Raccolti nel cuore, in stretta comunione con Lui. Cosa che non fanno i farisei, perché loro si considerano dotti, al di sopra di chiunque e persino oltre Dio.
Per bocca hanno un cannone!
Per occhi dei fucili! Per aspetto, lo ricordiamo, il sepolcro con dentro la morte, cioè il male!
L’evangelista Marco ci regala un’immagine straordinaria di Gesù. Nel capitolo due al versetto 23, dopo aver narrato l’episodio avvenuto a Cafarnao del paralitico guarito e della chiamata di Matteo, esalta la mitezza liberante di Gesù contro l’ombra pesante di scribi e farisei. Sono sempre in agguato, presenti a tenere sottocchio Gesù. Non lo perdono di vista. è nel loro mirino. Non gli danno scampo. Guarda caso sono lì, per ricordare e ribadire a Gesù, cioè alla Verità in persona, al Figlio di Dio, cosa è lecito e cosa no. Gli indicano, addirittura, come si deve comportare, cosa fare e cosa non fare. Arrivano, sì, fino a tanto! Ma torniamo a quello squarcio di luce improvvisa emanata da Gesù. Lo vediamo camminare in mezzo al grano. E i discepoli, lungo i campi, raccolgono le spighe.
Quanti messaggi sgorgano da questo passaggio. La spiga nei Vangeli rappresenta l’abbondanza del bene, il servizio fatto con amore, ma anche la resa dei conti. E soprattutto simboleggia il pane che si ottiene dal frumento, quindi il corpo di Cristo.
Gesù passava… come a dire è presente in mezzo a chi opera nel Suo nome. Nella storia protesa ad incontralo e farlo conoscere.
Quel campo di grano è la Chiesa. Si tratta dunque della vita feconda del credente.
Il Signore è grande perché ama. Così chi fa lo stesso.
Ylenia Fiorenza