Sono passati tanti anni da quando, nel 1979, è stata celebrata la prima Giornata per la Vita dal tema “La vita umana è sacra”. Le motivazioni le conosciamo: la Chiesa italiana, di fronte alla legge sull’aborto ritenuta “intrinsecamente e gravemente immorale” (La comunità cristiana e l’accoglienza della vita umana nascente), volle tenere sveglie le coscienze rispetto al possibile prevalere dell’assuefazione e della rassegnazione. Qualche domenica fa, precisamente il 4 di febbraio, la medesima Comunità cristiana d’Italia si è ritrovata a pregare ed a riflettere in occasione della quarantesima Giornata incentrata quest’anno sul tema “La forza della vita ci sorprende”. “Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita? (Mc 8,36)”. Verrebbe ora, in maniera un po’ provocatoria, ma con l’intento di andare a fondo nella comprensione del senso di quella Giornata: a che punto siamo? È ancora utile la Giornata per la Vita? Gli interrogativi sono collegati. Se guardiamo le cose sotto il profilo di ciò che viene maggiormente alla ribalta, c’è di che scoraggiarsi perché le aggressioni contro la vita nascente, e non solo, stanno assumendo una dimensione sempre più radicale. Superfluo fare un elenco. Basta pensare, per quanto riguarda l’inizio dell’esistenza, all’esplicita promozione a livello planetario di un diritto all’aborto e alla pretesa del figlio a tutti i costi (che, come sappiamo, implica una scia di esseri umani scartati) fino a voler legittimare l’affitto di utero. Che dire poi dell’affermazione globale della teoria del gender e delle pressanti richieste di giungere all’introduzione dell’eutanasia e del suicidio assistito? Accanto a questo ci sono urgenti questioni come la forte crisi demografica, le imponenti migrazioni di esseri umani che fuggono dalla fame e dalla guerra, la pace che sembra lontana e i conflitti che sono sempre più aspri.
Al fondo di tutti questi enormi problemi alberga costante e silenziosa la cosiddetta questione antropologica. Chi è l’uomo? Che valore ha la vita umana? Va da sé che sia necessario trovare il punto di partenza della riflessione e dell’azione. In tale prospettiva, a nostro modesto parere, l’appuntamento con la Giornata per la vita, ma, verrebbe da dire paradossalmente, con la vita stessa in quanto tale, ha più di un motivo per conservare tutta la sua attualità e perentorietà. Inutile nasconderlo: la Giornata per la Vita si riduce troppo spesso a una contrapposizione tra una minoranza che difende il valore della vita, soprattutto nei suoi momenti più fragili (gestazione, nascita, disabilità e vecchiaia) e una maggioranza per lo più indifferente ma capace di momenti di forte rivendicazione (politica, mediatica e ormai sempre più anche giuridica), su temi come eutanasia, aborto e nuovi presunti diritti. Si finisce così per non ascoltarsi e non comprendersi. Le due parti sono paradossalmente simili nel sottolineare valori come accoglienza, compassione e pietà, arrivando però a conclusioni diametralmente opposte. Lo stesso, pur in termini diversi, accade con guerra o migranti, altri temi posti al centro della Giornata per la Vita: tutti vogliono la pace, ma qual è la pace più giusta? Intanto, mentre se ne discute, muoiono uomini, donne e bambini innocenti. Intanto, nonostante gli appelli all’incremento della natalità, gli aborti nel mondo sono più di 40 milioni all’anno e le morti per eutanasia e suicidio assistito sono in aumento crescente. Una vera e propria ecatombe “volontaria”. Tanti dibattiti e tanti buoni propositi ma alla fine l’uomo continua a fare ciò che vuole: degli altri e dei più deboli soprattutto, ma anche di se stesso. Volendo creare un mondo senza Dio, l’uomo mette sé al posto di Dio. L’esito è quasi sempre la violenza, l’eliminazione di chi disturba. È lo stesso utopico inganno sperimentato con le ideologie totalitarie che permane in un’altra forma.
Per i cristiani del nostro tempo si pone quindi la stessa alternativa che si perpetua dai tempi di Cristo: Gesù o Barabba? Il potere di Dio o quello dell’uomo? Questo, a nostro parere, è il cuore dell’ormai trascorsa Giornata per la Vita: la vita è mistero perché si vede e si sente, ma non si possiede: Come diceva don Luigi Giussani: “Se sono attento, cioè se sono maturo, non posso negare che l’evidenza più grande e profonda che percepisco è che io non mi faccio da me, non sto facendomi da me. Non mi do l’essere, non mi do la realtà che sono, sono dato”. Il problema della presenza di Dio come fattore determinante della vita non può essere quindi rivendicato riducendolo a una contrapposizione ideologica. Gesù, morto e risorto per tutti, ha rivelato la signoria amorosa di Dio sull’esistenza. Si tratta quindi di imitare Lui, testimoniando “La forza sorprendente della vita”. Si tratta, come cristiani, di comunicare la bellezza che abbiamo incontrato e che, pur con le fatiche di tutti, ogni giorno riscopriamo. La Giornata annuale per la Vita può essere diventata così un grande momento di documentazione di ciò di cui ha bisogno il cuore dell’uomo. Qualcuno che lo faccia risorgere, che lo salvi per sempre. Anche nel limite e nel dolore. Del resto “tutto scorre”, come dicevano gli antichi filosofi, ma la gloria di Cristo, umile e sofferente sulla croce, la stessa gloria di una madre che vede soffrire suo figlio nell’infermità e con tenerezza lo accompagna testimoniandogli la speranza dell’amore, la gloria del malato che offre a Dio il significato misterioso del suo male per la salvezza di ognuno di noi, questa gloria non tramonta. Ed è questa gloria che cambia il mondo. Ecco allora che proprio in un tempo di guerre, violenze e ingiustizie – come il nostro – che negano il valore delle persone occorre offrire, con nuova convinzione, le ragioni per accogliere ogni vita, senza scarti e discriminazioni.
Giuseppe Carozza