Martin Werlen (Obergesteln, 1962) Benedettino, è stato abate dell’Abbazia di Einsiedeln (Svizzera) dal 2001 al 2013. Autore di acute e provocanti riflessioni sulle sfide ecclesiali attuali, è membro di varie commissioni della Conferenza episcopale svizzera, e dal 2020 esercita il suo ministero presso la Propstei Sankt Gerold, in Austria
Era prevedibile che il nuovo libro di Martin Werlen, pubblicato lo scorso 12 febbraio 2024 (in tedesco «Baustellen der Hoffnung. Eine ermutigung, das Leben anzupacken», letteralmente “Costruire cantieri di speranza. Un incoraggiamento ad affrontare la vita”) attirasse subito molte attenzioni nella Chiesa svizzera e non solo, come per altro accaduto con il suo ultimo saggio, “Dove andremo a finire? Una Chiesa che osa la conversione”, prefato dal Cardinale Zuppi.
Werlen è un benedettino ben noto in Svizzera, dove è nato; i suoi libri hanno spesso fatto scalpore perché non gli difettano di certo il coraggio e la voce propria. La diagnosi di Werlen è dura: a causa della polarizzazione tra i rassegnati e coloro che guardano ostinatamente al passato, la Chiesa si sta bloccando da sola. Il suo nuovo libro, punta i fari sugli “incontri con Dio in ambienti completamente sconosciuti” e promuove una nuova immagine della Chiesa come “cantiere”.
La metafora del cantiere è spesso ricorrente oggi: ci sono cantieri aperti nella politica, nella società, nell’economia, nelle famiglie e nella nostra stessa vita, e spesso non sono sinonimo di risultati eccellenti. Ma potrebbe essere diverso? Grazie a un grande cantiere, Werlen individua quelli in cui lui stesso vive in modo completamente diverso e, ça va sans dire, soprattutto il cantiere della chiesa. Werlen sfida i lettori ad affrontare i propri cantieri, dentro e fuori, e a diventare concretamente creativi. Egli pone a sé stesso e ai suoi lettori la domanda su “come la Chiesa possa rimettere in carreggiata sé stessa e gli altri”. In un periodo di drammatiche crisi e sfide, si tratta di ridare spazio alla “creatività dello Spirito Santo”, a prescindere dal fenomeno di allontanamento dalla Chiesa e dalla paralizzante immagine auto-riflessa, e di cercare coalizioni insolite in un cammino comune.
Dimensioni catastrofiche
Che il cristianesimo in Occidente viva una trasformazione epocale è innegabile. In Svizzera la popolazione senza appartenenza religiosa è passata dallo 0,5% nel 1960 al 34% del 2022, superando per la prima volta quella di credo cattolico (32%), e in alcuni Cantoni costituisce addirittura la maggioranza della popolazione. Ma è ancora più preoccupante che siano soprattutto i giovani a dichiararsi senza appartenenza religiosa (42% nella fascia di età tra 25 e 34 anni).
Werlen vede il suo libro come “un incoraggiamento ad affrontare la vita”, come recita il sottotitolo. Si domanda cosa la Chiesa abbia ancora da dire e giunge a una diagnosi sorprendente: pur essendo portatrice di un “grande messaggio”, si è sempre più allontanata dalla gente e nel XXI secolo il fenomeno sta assumendo “proporzioni catastrofiche”. Se in passato ci si doveva giustificare per il distacco dalla Chiesa, “oggi bisogna giustificarsi perché si è ancora lì”.
Polarizzazione e blocco
Per questo “vero e proprio caso di fuga”, la Chiesa deve interrogare sé stessa: Werlen critica le dispute tra i diversi schieramenti, in particolare tra i rassegnati “che si arrendono perché non credono più che le riforme urgenti si realizzeranno” e coloro che nella Chiesa guardano a un ritorno di presunti “tempi gloriosi”. A causa di tale spaccatura e dei blocchi che ne derivano, la Chiesa ostacola sé stessa e i suoi impulsi per riempire la vita non sono quasi più richiesti. Eppure, c’è sempre una domanda ai rappresentanti della Chiesa di parlare, di alzare la voce. “Tali momenti sorprendenti, e le esperienze che ne derivano, sono una delle ragioni del suo libro”, dice l’autore.
I credenti devono mettersi al lavoro
Werlen, consapevole della provocazione, si pronuncia a favore del sacerdozio in una chiesa “che è diversa”. Indipendentemente dal sesso, “tutti i battezzati sono parte dell’ufficio del sacerdozio, della regalità e profezia di Cristo”. E invece la Chiesa parla al di là del popolo e ruota intorno a sé stessa. I cristiani sono quindi sfidati a vivere la Chiesa in modo nuovo, pronti a confrontarsi con aree problematiche concrete: “l’umanità, la giustizia, la pace, la cura della casa comune, la giustizia di genere e molte altre”.
Franco Narducci, Zurigo