Tanti anni ho vissuto e studiato a Verona, una citta luminosa e bella, il cui cuore storico è rappresentato dalla grande Arena, centro artistico e culturale di immensa bellezza. Sono stati una quindicina di anni, dai grandi sogni giovanili (1959-1976), in un solido cammino formativo sui passi della famiglia Stimmatina. Ed in quegli anni ho più volte avuto l’occasione preziosa di visitare quell’originalissimo monumento romano, per motivi turistici e musicali. Ricordo in particolare la visione dell’Aida, insieme a mia Mamma Albina e una serata mitica con gli Intillimani, per i canti rivoluzionari del Cile, in memoria riverente di Allende, ucciso dai reazionari fascisti.
Per questo motivo ho profondamente gioito nel vedere l’Arena, gremitissima di “costruttori di pace”, per la venuta del Papa a Verona, sabato 18 maggio. Ho rivissuto antiche emozioni, ravvivate da una straordinaria attualità spirituale e popolare, nel grido per la pace, che si elevava con intensità crescente man mano che, con il Papa, ascoltavamo, in televisione, inattese testimonianze di fraternità, raccolte da tutto il mondo, con un cuore particolare per la Palestina, tra lacrime e speranze.
è stato subito rievocato l’appello del Vescovo Tonino Bello: “In piedi, costruttori di pace”, che caratterizzava l’evento. E la platea si è subito incendiata di emozioni, crescenti, nell’ascoltare parole di speranza, sul sentiero di speranza, che ormai guarda al Giubileo, dove la speranza è da alimentare e sostenere nel tessuto sofferto della storia: “spes non confonditur” (Rom 5,3).
Le donne hanno avuto un grande ruolo, alleate, in un unico grido: “noi madri, palestinesi ed ebree, unite nel comune desiderio di un futuro di pace, libertà, uguaglianza, con diritti da assicurare ai nostri figli, chiediamo di iniziare subito concreti negoziati di pace, come voce della società civile”.
La cura del Creato è stato un altro grido che ha riunito racconti efficaci e belli, come eco della Laudato Si, perché la cura del creato è sempre in armonia con la ricerca della pace. E non c’è pace, senza cura del creato, nei due volti che si sono intrecciati all’Arena: il volto ecologico e il volto antropologico-sociale (L.S. n. 49).
L’abbraccio è stato così l’icona di una nuova speranza, lungo tutta la manifestazione, ma soprattutto quando si sono abbracciati due imprenditori, Aziz Abu (palestinese) e Maoz Inon (Israeliano). Entrambi avevano il cuore ferito da gravi lutti, subiti proprio in questa guerra in corso. Entrambi però erano desiderosi di costruire un futuro di pace, con città armoniose e non conflittuali, per un “economia che non uccide”; anzi, costruisce mura solide, perché solidali, purificando anche i luoghi di formazione, perché non ci sia più schiavitù né oppressione, ma giustizia e verità”. E l’abbraccio è stato così il mandato che il papa ha lasciato a tutti noi: abbracciarsi, proprio per risanare le ferite di tanta violenza e tante guerre. Sia a Gaza che in Palestina come in Ucraina, che in Molise, per restituire il sorriso ai bambini dell’Ucraina. Proprio essi, i piccoli, saranno infatti i protagonisti, attesi, della prossima G.M.B., cioè la giornata mondale di bambini, di cui parleremo anche noi, da queste colonne.
A proposito di economia come strategia di pace, è interessantissimo il percorso, fatto da entrambi gli imprenditori, basato su cinque principi: “avere un sogno, agire in base a dei principi etici, creare alleanze, elaborare un piano strategico e metterlo in atto”.
Anche la politica è stata toccata dal papa, nel rispondere ad alcune domande difficili, demitizzando la figura di quel politico che sa fare tutto, da solo, perché è bravo, lui solo. Ha invece esortato alla partecipazione, per una Politica capace di ascoltare la base, con scelte di dialogo e fiducia reciprocamente condivisa. Nella linea del famoso salmo 85, cantato con gioia da tutti: “Amore e verità si incontreranno; giustizia e pace si baceranno. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo”, attualizzando così anche la forza dello Spirito santo, nella giornata di Pentecoste, secondo quell’aforisma, così caro a papa Francesco: “Ipse, armonia est”, dove lo Spirito Santo è antidoto allo spirito della guerra e della divisione, affinché gli ultimi siano i primi, nell’ascolto attento dei Movimenti popolari latino-americani.
Lo sguardo alle Carceri, che il papa ha visitato nel pomeriggio, pranzando con i detenuti, si è incrociato in questi giorni con la liberazione dalle carceri durissime degli USA, di Enrico Forti, detto Chico, trentino di origini, la cui vicenda ha fatto a lungo discutere la politica italiana. Sarà anche lui a Verona, nelle carceri della città, come segno di speranza concreta, soprattutto nel poter finalmente incontrare la sua mamma, che resta un’icona di attesa fiduciosa, insieme a tutta la realtà della Regione Trentina, che tanto ha seguito la sofferta vicenda umana.
Ed è bello concludere questa riflessione sull’evento del papa in Arena, volutamente simbolico, con l’incontro culturale con il teologo e filosofo Guardini, che è nato a due passi proprio dall’Arena, in pieno centro storico di Verona, sul finire dell’ottocento e che è stato un grande maestro del papa e di tutto il nostro pensare odierno, in termini di speranza.
Egli insiste sul fatto che le tensioni, inevitabili, sono una ricchezza e non una maledizione. Così il suo insegnamento, citato più volte in quella mattinata, è diventato normativo, specie in questi tempi di conflittualità. L’unità infatti prevale sempre sul conflitto, (cfr E.G.226-230). Dobbiamo imparare a sopportare il conflitto, per poterlo trasformare in un anello superiore di pace, frutto di un liberante processo di riconciliazione. Per questo è pericoloso voler ignorare i conflitti. L’unità infatti non è mai uniformità. I conflitti, inevitabili, si possono e si debbono gestire. Vanno accettati, sviluppando la comunione delle differenze, nella logica di Cristo che è la nostra pace, come ci dice Paolo, nella lettera agli Efesini (2,14) e come auspicava, con forza, il profetico Vescovo don Tonino Bello, proprio nell’arena di Verona, quando sognava la convivialità delle differenze, armonizzando tutti i colori, in un unico arcobaleno di pace, fatto armoniosa bandiera di pace, che tanto sventolava in Arena, anche davanti al papa, per mano di padre Alex Zanotelli.
Ecco perché, allora, quella mattinata è stata per noi tutti un evento di forte emozione. Specie per me, che rivivevo in quel luogo altri momenti di lotta giovanile e di speranza lirica.
Ed è con lo sguardo all’Arena che apriamo questo bel numero di Intravedere, per il mese di maggio, negli interessanti articoli su Maria, sulla Pentecoste, sulla pace, sugli eventi diocesani molteplici, in diversi paesi della diocesi.
+ padre GianCarlo Bregantini
Vescovo emerito