«Dio entra in te con tutto ciò che ha, se tu in tutte le cose
ti sei completamente spogliato di ciò che è tuo. Comincia dunque da questo
È qui che troverai la vera pace, e in nessun altro luogo»
Degli uomini non distaccati, pieni di volontà personale dicono: «Ah! Signore, davvero vorrei essere in buon rapporto, in devozione e in pace con Dio come altri lo sono, e vorrei che a me accadesse la stessa cosa o essere altrettanto povero!», oppure: «Non sarei sereno a meno di essere qui o là, o di fare questo o quello; devo vivere in terra straniera, o in eremitaggio, o in un monastero». In verità, in ciò sta il tuo io, e null’altro. È la tua ostinata volontà personale, anche se non lo sai o non lo credi: mai sorge in te l’inquietudine senza che ciò derivi dalla tua volontà personale – che tu te ne accorga o meno. Quando pensi che si debbano fuggire certe cose e ricercarne altre, certi luoghi o certe persone, certi modi d’essere o certe opere, ciò non avviene perché tali cose o tali modi ti ostacolino, ma perché tu stesso ti sei di ostacolo nelle cose, non avendo un corretto rapporto con esse. Perciò devi cominciare da te stesso e abbandonare te stesso. In verità, se non fuggi prima te stesso, dovunque tu fugga troverai ostacoli e inquietudine. Per chi cerca la pace nelle cose esteriori, si tratti di luoghi o modi d’essere, di gente od opere, di paese lontano, povertà o umiliazione – qualsiasi cosa sia, e per quanto grande sia, ciò è nulla e non dà la pace. Chi cerca così, cerca in modo completamente sbagliato: più si allontana e meno trova quel che cerca. Costui incede come chi ha perduto la strada: più si allontana e più si fuorvia. Che cosa deve fare allora? Deve prima di tutto abbandonare se stesso: così abbandona tutte le cose. In verità, se un uomo abbandonasse un regno o il mondo intero e mantenesse se stesso, non avrebbe abbandonato proprio nulla. Se invece un uomo ha abbandonato se stesso, pur mantenendo ricchezze, onori o qualsiasi altra cosa, ha già abbandonato tutto. Sulla frase pronunciata da san Pietro: «Ecco, Signore, noi abbiamo abbandonato tutto» – e non aveva abbandonato altro che una semplice rete e una barchetta -, un santo dice: «Chi abbandona volentieri le piccole cose, abbandona non solo esse, ma tutto ciò che la gente di questo mondo può ottenere, oppure anche solo desiderare. Poiché soltanto chi abbandona la propria volontà e se stesso, ha abbandonato davvero tutte le cose, come se fossero state in suo pieno possesso e a sua totale disposizione. Poiché solo ciò che non vuoi più neppur desiderare, tu lo hai veramente lasciato e abbandonato per amor di Dio. Per questo Nostro Signore dice: «Beati i poveri in ispirito», ossia nella loro volontà. Nessuno ne deve dubitare: se fosse stato preferibile un altro modo di agire, Nostro Signore lo avrebbe detto, mentre ha detto: «Chi vuole seguirmi, rinunci prima a se stesso». Tutto dipende da questo. Vigila dunque su di te, e non appena trovi te stesso, rinuncia al tuo io; questa è la cosa migliore che tu possa fare.
Dell’utilità dell’abbandono da compiersi interiormente ed esteriormente devi sapere che non v’è uomo tanto distaccato in questa vita da non rendersi conto di dover rinunciare ancora di più a se stesso. Pochi prendono ciò veramente in considerazione e in questo perseverano. V’è un equo compenso e un giusto scambio, per cui, a misura che tu abbandoni tutte le cose, in egual misura – né più né meno – Dio entra in te con tutto ciò che ha, se tu in tutte le cose ti sei completamente spogliato di ciò che è tuo. Comincia dunque da questo, e offri per questo quanto puoi. È qui che troverai la vera pace, e in nessun altro luogo. Non bisognerebbe tanto pensare a che cosa si deve fare, quanto piuttosto a ciò che si è: se si fosse buoni, e buono fosse il nostro modo di essere, le nostre opere risplenderebbero luminose. Se tu sei giusto anche le tue opere sono giuste. Non si pensi di fondare la santità sulle opere, la santità va fondata sull’essere, giacché non sono le opere che ci santificano, siamo noi che dobbiamo santificare le opere. Per sante che siano le opere, esse non ci santificano assolutamente in quanto opere, ma, nella misura in cui siamo santi e possediamo l’essere, in questa stessa misura noi santifichiamo le nostre opere – sia ciò mangiare, dormire, vegliare, o che altro. Per quelli che non sono di natura nobile, qualsiasi opera compiano, essa non vale nulla. Poni mente, dunque, all’impegno che si deve mettere nell’esser buoni, e non tanto per ciò che si fa o per la natura delle opere, ma per il loro fondamento.