Per fortuna, ogni tanto anche il Molise vive qualche momento di gioia collettiva e, diciamolo pure, di notorietà. Quanto accaduto nei giorni scorsi, con la promozione del Campobasso calcio tra i professionisti e con le imprese altrettanto eclatanti della Magnolia nel settore del basket, hanno ridestato in tanti di noi quel senso di appartenenza e di “molisanità” difficilmente rintracciabile entro il popolo molisan, che invece è portato alla riservatezza.
In questo tripudio di colori e di sensazioni si può, tuttavia, correre il rischio di dimenticare, magari anche senza volerlo, eventi o figure che, nel corso della storia, a modo loro hanno contribuito a dare lustro alla nostra terra, quando ancora era una minuscola entità ai più sconosciuta. È il caso ad esempio di un gigante della santità come Tommaso d’Aquino che, pur non essendo direttamente legato al Molise quanto ai propri natali ed alla sua vita (nasce infatti a Roccasecca, oggi in provincia di Frosinone, tra il 1224 e il 1226 e morirà nell’abbazia di Fossanova il 7 marzo 1274), lo è certamente per l’influsso esercitato, anche nella nostra regione, dall’ordine religioso di cui ha fatto parte: i domenicani. Questi ultimi infatti, a partire all’incirca dalla fine del XV secolo, su invito del conte Alberico Carafa e Giovannella di Molise, provenienti da Napoli e sopraggiunti a Cercemaggiore, daranno avvio alla fondazione di un grandioso complesso conventuale nella cui chiesa è ancora oggi custodita la statua lignea della Vergine Maria, venerata sotto il titolo della Libera. La presenza dei Domenicani in questa località ai confini con il Sannio beneventano ha contribuito, inutile nasconderlo, alla crescita non solo spirituale degli abitanti della zona, ma anche alla loro maturazione culturale, dal momento che il convento cercese è stato, fino all’ottobre 2017, un punto di richiamo straordinario per tanti studiosi di storia e di filosofia richiamati dal silenzio della biblioteca e dai reperti antichi ivi custoditi con impagabile amore dai frati che, come si diceva in precedenza, hanno abbandonato la loro plurisecolare casa divenuta, nel frattempo, dimora dei frati della Comunità “Stella dell’Evangelizzazione”.
Ebbene, al di là di ogni opzione confessionale o ideologica, Tommaso d’Aquino è stato senza dubbio il filosofo e teologo di maggior rilievo nella storia del nostro Paese e, certamente, quello che ha esercitato la maggiore influenza al di fuori dei nostri confini: un impatto perfino superiore, in termini istituzionali, a quello di Dante, come attestano le tantissime strutture universitarie in tutto il mondo che portano tuttora il nome del maestro domenicano.
Certo, la fortuna di Tommaso è legata anche al fatto di essere stato indicato – a partire almeno dall’Aeterni Patris di Leone XIII (1879) – come il principale e più autorevole punto di riferi-mento dottrinale per il pensiero cattolico. Ma questa scelta non era stata né arbitraria né casuale: la fortuna di Tommaso si era consolidata (anche a dispetto di forti resistenze) nei secoli precedenti, in Europa come nel Nuovo Mondo. Così come non è, ai nostri giorni, casuale il forte interesse da parte di alcuni filosofi analitici che – prescindendo appunto da ogni riferimento confessionale – considerano Tommaso non solo un interprete particolarmente acuto e originale di Aristotele e dei pensatori neoplatonici e arabi, ma anche come un filosofo capace di elaborare e proporre argomenti con cui vale ancora la pena di confrontarsi. Come è stato più volte ricordato in queste settimane da figure autorevoli della nostra cultura, ci sarebbe ora l’opportunità per rilanciare in Italia, ma anche nel nostro territorio molisano, questa attenzione. Siamo nel mezzo di tre importanti anniversari relativi alla figura di Tommaso: nel 2023 si è celebrato il 700simo anniversario della canonizzazione (18 luglio 1323); quest’anno è caduto il 750simo anniversario della morte (7 marzo 1274, come già notato in precedenza); nel 2025 ricorrerà l’800simo anniversario della nascita (che si presuppone avvenuta appunto nel 1225).
Ci si sarebbe aspettato che il nostro Paese, a partire dal Governo e dal Ministero della Cultura, celebrasse in modo adeguato questa singolare congiuntura, come era stato fatto per Dante nel 2021, in occasione del 700simo anniversario della morte.
In effetti, al di là di qualche lodevole iniziativa a carattere accademico, non ce ne siamo presi cura pur essendo un evento importante.
La domanda a questo punto, come direbbe qualcuno, sorge spontanea: c’è realmente la volontà di ricordare in modo adeguato la più importante figura della storia intellettuale del nostro Paese?
Eventi di grande portata su Tommaso si stanno tenendo e si terranno a Parigi, Lisbona, negli Stati Uniti, in Canada e persino a Taiwan. In Italia sembrano essere previste solo iniziative di dimensione prevalentemente locale, certo di buon livello, ma senza alcun coordinamento. Se ci si fermasse qui, si dovrebbe solo prendere atto che Tommaso – nonostante la sua straordinaria statura intellettuale, di per sé non divisiva – appartiene ormai più alla cultura di altri Paesi che a quella italiana, e sarebbe un vero peccato.
Alla luce di quanto scritto all’inizio di questo nostro contributo, sarebbe un’occasione perduta anche per il Molise, in cui pure la luce del Tomismo si è fatto apprezzare nel corso dei secoli.
Giuseppe Carozza