Aggredita per strada poco dopo la mezzanotte, uccisa con 4 coltellate. Grida: “Aiuto, mi hanno accoltellata”. E i media, per accreditare l’ipotesi che sia stato il suo compagno, vogliono credere che abbia detto “Mi ha accoltellata”. Sono note le vecchie storie di addebito di fatti sanguinosi alla cultura patriarcale.
Poi un certo Moussa Sangare di 31 anni, italiano di genitori del Mali, uscito, a suo dire, per colpire qualcuno, rintracciato dalla polizia dopo che per diversi giorni si era trascurato il particolare di un ciclista che pochi secondi dopo l’aggressione correva contro mano in direzione opposta, dopo avere negato, messo alle strette, confessava, affermando di non sapere perché l’avesse uccisa, o meglio che aveva sentito l’impulso di uccidere. Sic! Aggiungeva anche di avere chiesto scusa alla vittima che pugnalava quattro volte, mentre lei gli chiedeva perché lo facesse. Una ricostruzione che chiunque definirebbe assurda, ma che tutti hanno riferito semplicemente senza battere ciglio, dando peso alle parole di uno squilibrato. Ma il vero succo di tutto sembra essere la violenza gratuita. Se non formuliamo altre ipotesi come lo spaccio o via dicendo.
Rileviamo anche, come non ha fatto altrettanto la messe di commenti televisivi, che uno dei due testimoni stranieri che lo hanno segnalato agli inquirenti ha aggiunto significativamente che in tal modo sperava che la polizia li lasciasse tranquilli. Appunto quelli che come lui minacciavano davvero la tranquillità di quel paesino da tempo con risse e baldorie varie, circostanza confermata indirettamente dalle minacce dell’assassino di cui sopra a due adolescenti poco prima del delitto.
Quanto su esposto ci rivela ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, il livello misero dell’informazione, basata distrattamente su pochi elementi non controllati e non meditati, limitandosi soltanto a registrare e ingigantire senza riflettere i minimi particolari filtrati sul posto dagli inviati o citati dalle agenzie giornalistiche. È il grande problema che porta, in dimensioni più cruciali e generali, conseguenze disastrose nella politica interna e internazionale. Infatti solo un livello appena decente dei media consente politiche adeguate. Altrimenti domina e imperversa senza freni la menzogna. E la menzogna governa.
Il particolare poi che chi viene definito umoristicamente come il sospetto assassino pur essendo reo confesso aveva aggredito e ferito di recente i familiari ci porta a considerare un altro aspetto della violenza emerso in questi giorni con il caso del diciassettenne che ha fatto strage della sua famiglia per poi riferire agli inquirenti che aveva agito così per sentirsi più libero. Di fare cosa? Giocare alla playstation o drogarsi o spacciare. Fate voi.
Se un minorenne vicino alla maturità fa questo tipo di dichiarazioni dopo avere sterminato senza pietà un fratello più piccolo e i genitori, in una serie di colluttazioni conseguenti alla sua furia omicida, dobbiamo chiederci che mostri abbiamo allevato in ambito familiare senza accorgerci della folle devianza.
In certi casi si tratta di genitori distratti dagli impegni di lavoro e poco solleciti nel controllo e nel confronto quotidiano con i figli. Basti pensare alle scene da tutti noi sperimentate di intere tavolate al ristorante con le due generazioni assorbite nella consultazione compulsiva dei soliti ordigni che impediscono ogni relazione con gli altri. Figurarsi cosa avviene nel privato!
In altri casi si tratta di comportamenti genitoriali che mettono in discussione la stessa serenità della famiglia, che contemporaneamente provocano disattenzione per la prole ma anche causano reazioni incontrollabili nella stessa, avvilita, risentita, compressa.
C’è poi il corollario importante, soprattutto negli ultimi tempi, dei genitori single, uomini o donne, con i relativi rapporti conflittuali con il partner escluso, che ingenerano negli adolescenti crisi devastanti di identità e autenticità affettiva.
Ma un altro, ennesimo e drammatico caso di strage in una scuola della Georgia, da parte di uno studente prematuramente dotato di armi come succede spesso negli Stati Uniti, ci conduce finalmente al cuore del problema che affrontiamo oggi: la violenza gratuita.
Questa si scatena quando i confini tra la realtà e l’immaginazione si sono così assottigliati da non far più intravedere la giusta prospettiva umana. Si uccide o si ferisce come se si fosse convinti della facilità di restituire alla vita o alla salute i soggetti coinvolti nella mattanza senza senso di un momento. È il prodotto sicuro e incontrovertibile della pratica virtuale che ci avvelena ormai da qualche decennio.
Dobbiamo interrogarci sui comportamenti ormai diffusi per cui i nostri adolescenti sotto ogni latitudine o longitudine si imbevono della aggressività suggerita e supportata dalle loro pratiche video, in preda a vere e proprie macchine riproduttrici del più inusitato e devastante sprezzo della vita. Strumenti attraverso i quali si arriva ad azzerare la fondamentale distinzione tra umano e disumano, a considerare sullo stesso piano vita e morte, reale e virtuale. Un disastroso combinato contro cui unico rimedio, impossibile purtroppo nei fatti, sarebbe vietare l’uso del cellulare ai minori. Tra l’altro con il sospetto, anche quello poco rassicurante, che gli stessi adulti non si possono dire esenti dal rischio insito sulla rete.
L’altro ambito di analisi riguarda l’educazione nella scuola. A questo proposito ben venga l’ultima proposta di vietare l’uso del cellulare nell’orario delle lezioni. E le ore che si vogliono riservare all’educazione civica siano destinate, oltre che ai temi civili richiamati dal previsto provvedimento, a una riflessione sui vantaggi del limitato uso di computer e smart in favore di più frequenti contatti con il mondo esterno reale, con gli amici, con le occasioni di sano divertimento.
E supporti psicologici, ma ispirati a valori che si stanno perdendo nella confusione indotta dalle più disparate ricette ideologiche, contribuirebbero a restituire all’ambito scolastico il senso di una maturazione civile adeguata.
Abbiamo registrato di recente l’iniziativa di una illuminata persona che ha offerto e proposto passeggiate in bicicletta ai giovani per dimenticare e mettere da parte per lunghe ore quei dannosissimi strumenti.
Roberto Sacchetti