EDITORIALE

VIRIDITAS. IL COLORE DEL FUTURO

La resurrezione del figlio della vedova di Naim: Gesù Cristo resuscita l’unico figlio della vedova. Incisione della metà del XIX secolo. (Autore sconosciuto)

 

Avete letto bene. Viriditas. Cioè “verdità” si potrebbe tradurre, con un neologismo inafferrabile. È il termine, veramente inedito, che una grande mistica, nel cuore del medioevo, con consapevolezza piena, ha creato per rendere intenso il suo amore alla bellezza e la chiave di volta per fondare la speranza, che nasce dalla forza della natura.

La mistica che ci ha fatto questo meraviglioso dono si chiama ILDEGARDA DI BINGEN. Una donna straordinaria. Pensate a come la definisce il libretto, dove ogni giorno mi preparo alla liturgia eucaristica, nella chiesa di San Giuseppe, dove celebro.

Ecco i titoli stupendi: “profetessa, visionaria, musicista, scrittrice, scienziata, psicologa, filosofa, badessa e (cosa inaudita) predicatrice e “politica”. Dieci titoli che riescono, con fatica, a definire il grande cuore di questa santa, che festeggiamo, con gioia; il 17 settembre.

L’arco della sua vita è lungo e complesso: nasce in Germania, nella Renania, vicino a Magonza, nell’estate del 1098, regnante Enrico IV°, il re imperatore impegnato nella lotta per le investiture. È di famiglia nobile, e ci tiene, in tutta la sua vita. Ha sempre difeso la sua origine nobile, perché vi vedeva la sua forza identitaria, davanti ad un mondo che richiedeva tanta bellezza, per le cattedrali, per la sintesi perfetta di San Tommaso d’Aquino, per la lode al creato di San Francesco, che è di pochi decenni prima di lei.

Santa Ildegarda viene da quei monasteri che hanno fatto grande la nostra storia, in periodo medievale, il tempo della pienezza del cuore, che non si rassegna ma spera sempre di più. Sono scuole di arte, di bellezza, di cultura, di speranza, di vita soprattutto.

E di bellezza e di vita è impregnata la nostra Ildegarda.

Ama studiare, ama la scuola che vive in monastero, sotto la guida illuminata di maestre raffinate, come la nobile maestra Jutta e l’amico San Bernardo, che sempre l’ha difesa e seguita.

Ed è bello vederla studiare nelle scuole monastiche, proprio mentre noi viviamo l’inizio di un nuovo anno scolastico, dove vorremmo che il mondo entrasse a scuola e la scuola vibrasse delle tensioni del mondo, delle nostre speranze e i ragazzi coltivassero i grandi sogni della vita. Come faceva Ildegarda. Ma anche la fatica, imparando con gioia il mistero del futuro, nella gioia della salita. Insieme. Docenti e studenti.

Uniti per capire il nostro tempo, come Ildegarda riusciva ad interpretare il suo tempo. Anche tramite il dono delle visioni, che era un dono divino per “vedere oltre”, appunto per “intravedere”, fissando lo sguardo sulle cose che non hanno tempo, ma nel tempo si compiono. Questa è la mistica che rende vivo il nostro cammino di fede e di luce.

Cinque le strade che percorre, sui sentieri meravigliosi della santità. Sempre attorno alla bellezza: cercata; contemplata; coltivata; gustata; donata. La bellezza la affascina; perché la sente dentro.

La vive fino in fondo. La cerca con finezza, tramite quelle figure che le fanno scuola di vita come vorremmo che fosse nelle nostre scuole, oggi, perché la bellezza parla da sola. E se l’aula è bella e curata, anche i ragazzi avranno a cuore l’ordine e la pulizia, con garbo. Contagiati. Che è quello che viviamo quando si entra in un monastero antico!

La bellezza, perciò, la contempla e crea quella espressione che la rende celebre: “Viriditas”. Cioè “verdità”, come potremmo tradurre con accento incerto ma efficace. Perché la Viriditas lei la attribuisce a tutto quello che ha vigore, che cresce, che si fa bello, che diventa grande. Come l’edera che sale e si attorciglia e riempie il cuore e la vista. Verde è la nostra “speranza”.

Perché ha il sapore della forza interiore, che vince la paura e le ristrettezze. La fede stessa è viriditas, cioè energia, amore che cambia, scuola che si apre, parrocchia che sogna, diocesi che progetta. Non basta conservare!

Occorre trasformare. Rendere vitale. Dare «sapore di casa” che crea calore e gusto. Come fece Gesù a Naim: un morto, un ragazzo, una mamma in lacrime, spenta e con un futuro reciso. Lui si avvicina. Ne sente compassione, vibra nel cuore, la guarda, le parla: “Non piangere!”. Poi si rivolge al ragazzo, che rivive, si alza, risponde, sogna ancora. Ed ecco il gesto più nobile della “viriditas”.

”Gesù lo restituì a sua madre”. Glielo ha rimesso in grembo. Fatto di nuovo «verde», di vita rinnovata, che riempie il seno!

Ma Ildegarda, proprio per questo sguardo di fede, sa coltivare la bellezza: cura la musica in convento, creando una serie di melodie che sono state riprese, con arte, anche da Branduardi. Con vero effetto mistico. Gli abiti liturgici, la domenica, per la festa del re, sono belli e sontuosi. Ci tiene. Vuole vedere belle e regali le sue monache. Non “poveracce”. Certo, sobrie, ma belle! Anche con i gioielli.

Il tutto reso solenne dalla musica, che trasforma ogni cosa e anticipa il paradiso. Le sue visioni fanno scuola. Sono lette, attese, accolte, temute! Vanno oltre. Come “oltre” vanno le dichiarazioni sottoscritte a Giacarta dal papa Francesco e l’Iman Nassarudin Umar.

E lo hanno fatto davanti ad un segno di immensa bellezza: un tunnel sotterraneo che unisce le due realtà religiose della grande piazza di Giacarta: da una parte la cattedrale; dall’altra la moschea. Non muri, ma un tunnel che facilita l’incontro e il dialogo.

L’amicizia. Per dirci che è possibile, anzi doveroso impegnarci insieme per dare risposte alla crisi di oggi, contro la disumanizzazione e la crisi climatica. Una bellezza incantata. Con un Papa che crede all’impossibile, come lo credeva Ildegarda, quando faceva vestire di “paradiso” le sue monache, alla domenica, festa del grande Re del cielo. Ma proprio da qui lei sapeva parlare ai grandi politici e al clero. Ai preti e vescovi chiedeva coerenza e fedeltà Al re Barbarossa, imperatore, chiedeva umiltà!

Ma sapeva anche gustare e far gustare la bellezza, a cominciare dalle ricette in cucina, che voleva saporite e curate. Con bellezza di tratto e varietà di colori. Cibo buono fa il cuore buono. Ancora oggi le ricette di Santa Ildegarda sono ricercate e amate! Perché aveva scoperto che le piante parlano. Sono vive. Hanno la viriditas.

Sono la medicina di Dio! Perciò Ildegarda era una guaritrice. Niente miracolismi, ma la capacità di cogliere che Dio ha già posto nelle erbe la soluzione, il rimedio ai nostri mali. In piena gratuità e tenerezza.

Ma prima ancora delle erbe, è il cuore sereno che Ildegarda coltiva, fatto del gusto del bello che è quell’armonia interiore, per cui sai affrontare ogni prova con fiducia, senza mai perdere la pace del cuore. In bellezza perenne!

Allora la viriditas la cerchi, la contempli, la coltivi e infine, dopo averla gustata, la doni.

Soprattutto in questo periodo di grazia che è il Giubileo, cui dobbiamo tutti prepararci bene!

Con speranza, poiché la “speranza non delude”, non perde la sua viriditas. Conserva sempre il suo colore verde.

+ padre GianCarlo Bregantini, Vescovo emerito