LETTERA ENCICLICA «DILEXIT NOS» DEL SANTO PADRE FRANCESCO

«HO UN CUORE?»

Una chiave di lettura

Il cuore di tutta questa nuova enciclica, la quarta, uscita lo scorso 24 ottobre, a firma di Papa Francesco è nella domanda che il pontefice pone nel capitolo inziale, precisamente alla fine del paragrafo n.23: “Ho un cuore?”. Il Papa dice che di fronte al proprio mistero personale, forse la domanda più decisiva che ognuno si può porre è proprio questa. Nel cuore, lo sappiamo, risiede l’identità stessa di ognuno e la ragione da sola non è sufficiente per penetrare il senso pieno dell’esistenza. La parola “cuore” nel testo papale ricorre ben 465 volte per evidenziare sicuramente che dal cuore e nel cuore si apprende l’Amore stesso di Dio. Esso è il luogo dell’incontro con Lui, dove l’affanno umano trova in Lui riparo e ascolto; dove ci si prepara ad accogliere la Sua presenza; dove, nell’ordine dello slancio umano, si apprende il linguaggio divino. Nella composizione dei cinque capitoli, si traccia un vero itinerario del cuore umano verso il cuore di Gesù. Prevale perciò la visione di un cuore conscio del contenuto della Verità, che è stata resa accessibile dal Cuore di Cristo.

La nostra attenzione è richiamata particolarmente dall’esortazione “Andiamo al Cuore di Cristo, il centro del suo essere, che è una fornace ardente di amore divino e umano ed è la massima pienezza che possa raggiungere l’essere umano. È lì, in quel Cuore, che riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare” (n.30). Il Papa ci invita a ritirarci nel cuore di Gesù, perché – spiega –  “il Cuore Sacro è il principio unificatore della realtà” (n.31). Siamo persuasi come credenti che il Cuore di Cristo, che simboleggia il suo centro personale da cui sgorga il suo amore per noi, è il nucleo vivo del primo annuncio? Lì -scrive il Papa -è l’origine della nostra fede, la sorgente che mantiene vive le convinzioni cristiane.

Tornare al cuore

Poiché il cuore è l’intimo della persona umana, la sintesi dei suoi sentimenti, della sua memoria, della sua volontà, della sua vita spirituale, aprire il cuore a Dio significa orientarlo unicamente all’Amore. Pertanto, troviamo riportato che “nel corso della storia e in varie parti del mondo il cuore sia diventato simbolo dell’intimità più personale e anche degli affetti, delle emozioni, della capacità di amare. Al di là di ogni spiegazione scientifica, una mano posata sul cuore di un amico esprime un affetto speciale; quando ci si innamora e si sta vicino alla persona amata, il battito del cuore accelera; quando si subisce l’abbandono o l’inganno da parte di una persona cara, si sente come una forte oppressione sul cuore” (n.53). Questo è ciò che il Papa chiama “totalità della persona”, perché quando doniamo il cuore, in fondo, è chiaro che stiamo donando tutto: noi stessi in maniera piena. Siamo davanti ad un processo molto interessante e profondo che richiede questo preciso passaggio: da un cuore di pietra ad un cuore fondato sulla roccia incrollabile che è il Cuore del Signore.

Si delinea così un programma di vita per noi cristiani.

Abbandonare le pesantezze vuote del mondo per assumere i grandi doni spirituali che sgorgano dal cuore del Trafitto. Questa condizione liberante ci porta a capire che: “Il Figlio eterno di Dio, che mi trascende senza limiti, ha voluto amarmi anche con un cuore umano. I suoi sentimenti umani diventano sacramento di un amore infinito e definitivo. Il suo cuore non è dunque un simbolo fisico che esprime soltanto una realtà spirituale o separata dalla materia. Lo sguardo rivolto al Cuore del Signore contempla una realtà fisica, la sua carne umana, e questa rende possibile che Cristo abbia emozioni e sentimenti umani, come noi, benché pienamente trasformati dal suo amore divino.

La devozione deve raggiungere l’amore infinito della persona del Figlio di Dio, ma dobbiamo affermare che esso è inseparabile dal suo amore umano, e a tale scopo ci aiuta l’immagine del suo cuore di carne” (n. 60).

Uno sguardo a grandi della Storiaprotesi verso il Regno

L’enciclica contiene anche riferimenti a filosofi come Platone, Heidegger e, inoltre, mette in luce come i grandi del pensiero e della mistica cristiana sono riusciti a fondere il proprio cuore a quello del Divin Maestro. Nomi come san Bernardo, san Bonaventura, santa Gertrude di Helfta, san Guglielmo di Saint-Thierry e tanti altri ancora, ci rinfrancano l’anima per quanto hanno riportato nelle loro opere cariche di fede e di luce. Fra queste perle scelgo in particolare il testo ispirato di san Guglielmo, l’appassionato contemplativo che indicava l’intimità con Dio come l’unica e vera vocazione dell’uomo: “Quattro sono i sentimenti verso Dio che ci sono richiesti per intero. Quando il Signore dice: «con tutto il tuo cuore», egli rivendica per sé tutta la volontà; quando dice «con tutta la tua anima», esige tutto l’amore; quando dice: «con tutte le tue forze», indica la virtù della carità; quando dice: «con tutta la tua mente», allude al godimento della sapienza. Prima di tutto, infatti, la volontà muove l’anima verso Dio, l’amore la fa progredire, la carità contempla, la sapienza gode” (dal Trattato sulla natura e sulla dignità dell’Amore).

In questo senso l’enciclica ci sollecita a condurre uno studio approfondito dei testi della Tradizione Cristiana, partendo però da questa certezza del Papa: “Nel Cuore trafitto di Cristo si concentrano, scritte nella carne, tutte le espressioni d’amore delle Scritture” (n. 101).

I sette gradini dell’enciclica

Papa Francesco propone a tutta la Chiesa un nuovo approfondimento sull’amore di Cristo rappresentato nel suo santo Cuore, perché solo lì possiamo trovare tutto il Vangelo, “lì è sintetizzata la verità che crediamo, lì vi è ciò che adoriamo e cerchiamo nella fede, ciò di cui abbiamo più bisogno”.

Facciamo nostra la proposta, dandoci come riferimento i sette gradini che estrapoliamo dall’enciclica Dilexit Nos, come esperienza spirituale personale e impegno comunitario e missionario:

1- Il cuore è il luogo della sincerità, dove non si può ingannare né dissimulare.

2 – Tutto si gioca nel cuore: non conta ciò che si mostra all’esterno o ciò che si nasconde, siamo noi stessi.

3 – Se il cuore è svalutato, si svaluta anche ciò che significa parlare dal cuore, agire con il cuore, maturare e curare il cuore.

4 – Se il cuore non vive, l’uomo rimane estraneo a se stesso.

5 – Prendere sul serio il cuore ha conseguenze sociali.

6 – Il Vangelo, nei suoi vari aspetti, non è solo da riflettere o da ricordare, ma da vivere.

7 – L’umanità di oggi ha bisogno del Cuore di Cristo.

A cura di Ylenia Fiorenza