PER COSTRUIRE LA PACE È NECESSARIO PROMUOVERE LA GIUSTIZIA

LA PACE COME CAMMINO

«Non siamo molto abituati a legare il termine pace a concetti dinamici…

La pace ci richiama più la vestaglia da camera che lo zaino del viandante.

Più il comfort del salotto che i pericoli della strada.

Più il caminetto che l’officina brulicante di problemi.

Più il silenzio del deserto che il traffico della metropoli.

Più la penombra raccolta di una chiesa che una riunione di sindacato.

Occorre forse una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista.

Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno.

Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo.

La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia…

Non tollera atteggiamenti sedentari. Non annulla la conflittualità.

Sì, la pace prima che traguardo, è cammino.

E, per giunta, cammino in salita…E sarà beato, perché operatore di pace…

non chi pretende di trovarsi all’arrivo senza essere mai partito, ma chi parte.”

(La pace come cammino, Don Tonino Bello)

Il 31 dicembre scorso si è svolta, nella diocesi di Pesaro, la 57ª Marcia Nazionale per la Pace, istituita nel 1968 da San Paolo VI, organizzata dalla Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, da Azione Cattolica Italiana, ACLI, AGESCI, Caritas Italiana, dal Movimento dei Focolari, Libera e Pax Christi Italia: un momento di riflessione sulle cause di tante guerre attive quasi in ogni angolo del pianeta. I temi oggetto di riflessione: il perdono, il debito, il disarmo, in linea con il messaggio di Papa Francesco per la 58ª giornata mondiale per la Pace 2025: “Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace”, scelti in tempo giubilare dedicato alla speranza, un cammino di speranza. Per tutto il mese di gennaio, nei territori, si celebra il Mese della Pace, con incontri e momenti di riflessione che hanno lo scopo di educare alla pace e alla solidarietà con quanti vivono in guerra o in situazioni di conflitto.

PROPOSTE

Tre le azioni possibili che Papa Francesco indica nel suo messaggio per ridare dignità a intere popolazioni, consentendo un nuovo percorso di speranza: la riduzione, ovvero il totale condono, del debito internazionale, il rispetto della dignità umana, anche attraverso l’abolizione della pena di morte in tutte le Nazioni, e la costituzione di un fondo mondiale che elimini definitivamente la fame, investendo risorse per l’educazione, la sanità, la giustizia sociale, lo sviluppo sostenibile e il cambiamento climatico.

Evidenzia Papa Francesco che “le disparità di ogni sorta, il trattamento disumano riservato alle persone migranti, il degrado ambientale, la confusione colpevolmente generata dalla disinformazione, il rigetto di ogni tipo di dialogo, i cospicui finanziamenti dell’industria militare” sono elementi che causano squilibri e dunque conflitti. L’accesso al banchetto dei beni della terra (evitando accumuli e sprechi) deve essere consentito a tutti attraverso un circolo virtuoso che stabilisca equilibrio tra sobrietà e solidarietà.

Occorre ripensare uno stile di vita nuovo, attraverso la costruzione di percorsi di corresponsabilità condivisa e diversificata, di pace e speranza, con un’economia giusta, inclusiva, che metta al centro la dignità dell’uomo, nella considerazione che, mai come in questo tempo, la solidarietà appare il presupposto per la pace (la pandemia ha insegnato). Un’economia che esclude è un fallimento dell’umanità. La finanza globale deve ripensare al rapporto tra economia, giustizia (liberante) sociale ed ambientale, promuovendo nuovi modelli economici e sanzionando operatori economici spregiudicati. Occorre ripartire da nuove sfide in discontinuità con le vecchie logiche predatorie e di sfruttamento, perché debito economico e debito ecologico sono fortemente intrecciati e interconnessi. I paesi del Sud del Mondo sono i più penalizzati.

Il debito estero, strumento di controllo, va cancellato, perché impedisce lo sviluppo; peraltro, una relazione perversa del debito (quota restituzione del debito più quota interessi) porta tensioni e non contribuisce alla pace. Inoltre, il problema del debito e della difficoltà di ripagarlo è una delle cause delle migrazioni dai paesi poveri. Occorre riconoscere l’esistenza di un debito ecologico tra il Nord e il Sud del Mondo. Il livello del debito estero dei paesi in via di sviluppo nel 2023 ha raggiunto gli 8 mila miliardi di dollari. Tre miliardi di persone vivono in paesi che spendono di più per ripagare il debito piuttosto che in spese per istruzione, sanità, sociale. Cosa fare? Secondo l’economista Riccardo Moro, docente di Politiche dello Sviluppo all’Università Statale di Milano, «creare alle Nazioni Unite un forum per definire i criteri di sostenibilità del debito e sistemi per gestire le crisi».

Questo tempo giubilare di speranza sia un’occasione per ripensare il nostro modo di abitare la casa comune, occorre cambiare rotta. Per superare queste crisi è necessario un cambiamento culturale e strutturale, riconoscendoci tutti debitori, bisognosi gli uni degli altri. L’uomo di oggi è stato ridotto “ad un catalogo di bisogni”. Per costruire la pace è necessario promuovere la giustizia. “La vera pace può nascere solo da un cuore disarmato dall’ansia e dalla paura della guerra”. (Pacem in terris, 61).

LA CAMPAGNA  «CAMBIARE LA ROTTA.  TRASFORMARE IL DEBITO  IN SPERANZA»

Il 9 u.s. in occasione del convegno, svoltosi a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, organizzato dall’Istituto di Diritto Internazionale della Pace Giuseppe Toniolo con Azione Cattolica, Pontificia Università Lateranense, Forum Internazionale di Azione Cattolica e Caritas Italiana, è stata lanciata la Campagna per l’anno giubilare: “Cambiare rotta. Trasformare il debito in speranza”, collegata alla campagna globale Turn Debt into Hope, promossa da Caritas Internationalis, con invito all’adesione. Vari relatori hanno evidenziato quanto sia urgente trasformare il debito in speranza, in quanto il debito economico schiaccia il futuro e non apre al perdono. La campagna lancia un appello in quattro punti: cancellazione e ristrutturazione dei debiti ingiusti e insostenibili, affrontando anche il debito da creditori privati; creazione di un “meccanismo di gestione delle crisi di sovraindebitamento”, con la costruzione di un sistema presso le Nazioni Unite; riforma finanziaria globale che metta al centro persone e pianeta, creando un sistema equo, sostenibile e libero da pratiche predatorie; il rilancio della finanza climatica per sostenere la mitigazione e l’adattamento climatico nel Sud globale, disinvestendo dal fossile, dall’economia speculativa, dalle industrie belliche.

L’obiettivo della campagna è chiaro: trasformare i debiti in speranza.

LUOGHI E SOGGETTI DELL’EDUCAZIONE ALLA PACE

Appare urgente l’apertura di una nuova via che educhi alla sostenibilità pedagogica del dono. Tutto ciò che è disponibile in natura è stato dato per-dono. Dunque, occorre promuovere nei giovani i valori della pace, la giustizia sociale, la consapevolezza del perdono, il rispetto dell’altro, la gestione dei conflitti. Con la pratica quotidiana in tutti i contesti sociali (famiglia, scuola) si impara la pace, esercitandola in ogni relazione costruttiva. Ogni persona ha il dovere, attraverso un progetto formativo permanente, di educarsi alla pace, promuovendo il dialogo e la solidarietà. Il mese della pace ha lo scopo di consentire alla comunità cristiana e non di vivere momenti di incontri, confronti, di preghiera e riflessioni sull’agire quotidiano di ciascuno e sulle conseguenze delle proprie scelte.

Silvana Maglione