Oggi, la vita consacrata, nelle sue varie forme, continua a essere quel dono speciale voluto da Dio, una scelta importante di chi desidera dedicare la propria vita interamente a Dio, al servizio della Chiesa e della società, e rendere tutto più bello e umano questo mondo. Per confermare questo dono, mi è stata presentata un’opportunità di intervistare una mia amica consacrata, suora comboniana, Anna Insogna, da Campobasso, che vive da molti anni in Mozambico, alla quale ho posto delle domande a cui sono seguite delle risposte semplici, ispirate, tratte dalla sua esperienza soprattutto africana.
Qual è oggi il ruolo dei consacrati nella società e nella Chiesa?
Per me, i consacrati e le consacrate hanno l’importante compito di manifestare che è possibile vivere fraternamente, umilmente, semplicemente, senza l’ossessione del potere e dell’accumulo: accumulo di cose, di esperienze, di relazioni, ecc. Il nostro ruolo è soprattutto quello di denunciare tante situazioni dove manca il rispetto dei diritti umani e di curare una società malata che sembra aver perso l’orizzonte. Nella Chiesa, è innegabile il grande contributo all’evangelizzazione in tante zone remote del mondo che, senza la presenza di tanti padri, religiose e religiosi, vescovi, non avrebbero mai conosciuto Cristo e il Suo Vangelo.
Un mondo senza i consacrati sarebbe qualcosa di anormale, di irreale. Ma c’è gente che pensa che siamo noi gli “anormali”, perché abbiamo rinunciato all’accumulo in un mondo dove conta chi ha di più, abbiamo rinunciato a una famiglia nostra, in un mondo dove si rincorre il piacere e l’effimero. Nel nostro “Sì” c’è, invece, una grande libertà, anche se facciamo voto di obbedienza e accettiamo che una proposta dei superiori, che possiamo anche non condividere, è il meglio per noi. Accettiamo di non disporre di cose e di persone per aprirci a un Bene e un Amore più grande.
Quando ti sei resa conto che il Signore ti stava chiamando a seguire questa strada?
Il discernimento vocazionale è un percorso che può durare anni, un percorso non sempre facile. Ma se ti lasci prendere la mano da Dio, Lui ti conduce dove esattamente vuole. Avevo 20 anni e prendevo parte a tutti gli incontri dell’Ordine Francescano Secolare e del gruppo missionario Sacro Cuore in Campobasso. La partecipazione alla celebrazione eucaristica quotidiana era l’inizio della mia giornata. Avevo un lavoro e varie amicizie. Proprio nel gruppo missionario e partecipando a tanti incontri e convegni missionari, anche a livello nazionale, piano piano è nato dentro di me il desiderio di fare qualcosa in più. L’incontro con vari missionari e missionarie, anche laici e laiche, mi facevano interrogare sul mio futuro. Vedevo persone felici e soddisfatte di donare la loro vita a beneficio degli altri. La lettura dei passi vocazionali dei Vangeli mi lasciava senza fiato, li sentivo rivolti a me e dovevo dare una risposta. L’incontro con le suore missionarie comboniane è stato decisivo per dare un “sì” definitivo: mi aveva colpito la loro semplicità e la grande passione per l’Africa, l’America Latina e le altre parti del mondo dove vivevano. E soprattutto la grande passione del fondatore, San Daniele Comboni, che aveva dato tutta la sua vita per l’evangelizzazione dell’Africa Centrale, di cui era Vicario Apostolico. Lui aveva creduto negli africani e nelle loro grandi potenzialità e aveva fondato la sua metodologia missionaria sul motto: “Salvare l’Africa con l’Africa”, con la convinzione che Gesù era morto anche per loro. Attualmente dall’Africa provengono la maggior parte delle vocazioni religiose e missionarie, realizzandosi così il sogno di Comboni. Resta necessario continuare ad affiancarsi a questa Chiesa e ad altre Chiese ancora giovani per consolidare il lavoro già fatto e portare l’allegria del Vangelo in altri luoghi, dove ancora Cristo non è del tutto conosciuto.
Che significato ha per te l’essere consacrata nel contesto odierno?
È un po’ quello che dicevo all’inizio: mostrare al mondo che è possibile, anche se non facile, vivere in fraternità interculturale, internazionale e intergenerazionale, in maniera semplice, senza l’assillo del potere e dell’avere. In un mondo dove regna egoismo, apparenza, sete di potere, posso essere anch’io una piccola luce capace di indicare la grande Luce verso la quale tendiamo, perché siamo della Sua stessa natura.
Oggi molti giovani sembrano non essere interessati alla vocazione alla vita consacrata. Cosa pensi si possa fare per attrarli verso Cristo?
I giovani devono vedere che le consacrate e i consacrati sono persone felici, nonostante le difficoltà, le fragilità che ci sono in qualsiasi tipo di scelta. “Facce da funerale”, come dice Papa Francesco, non sono una bella testimonianza. Sarebbe opportuno promuovere ritiri per giovani, dibattiti nelle scuole, nei centri sportivi, o in altri luoghi di ritrovo per farli interrogare sul senso della loro vita. Proporre poi la figura di Gesù, il giovane di Nazareth che ha detto “sì” al progetto del Padre su di Lui, far conoscere un volto di Gesù misericordioso, che è interessato ai loro problemi, e anche mostrare una Chiesa interessata ai problemi sociali, mondiali (guerre, clima, ecc.), ai problemi dei dimenticati, degli scartati dalla società.
Bisognerebbe approfittare di più delle reti sociali per diffondere la Parola di Dio, anche tramite delle catechesi specifiche. Dare loro delle responsabilità e accompagnarli in un cammino di discernimento e di sequela.
Pina Spicciato o.v