UNA PIA PRATICA LITURGICA DA VIVERE

LA VIA LUCIS FONDAMENTO DELLA NOSTRA FEDE

San Paolo, nel suo messaggio ai Corinzi, sottolinea la centralità della Resurrezione di Cristo nella vita cristiana, dopo il fallimento del suo discorso all’Areopago. Egli scrive: «Se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione, neanche Cristo è risuscitato! Se Cristo non è risuscitato, allora la nostra predicazione è vana, e così anche la vostra fede. Inoltre, noi siamo falsi testimoni di Dio, poiché abbiamo testimoniato che Dio ha risuscitato Cristo, quando invece non l’ha fatto, se i morti non risorgono. Se i morti non risorgono, Cristo non è risorto, e quindi la vostra fede è vana e siete ancora nei vostri peccati. Anche coloro che sono morti in Cristo sono perduti. Se abbiamo sperato in Cristo solo per questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini. Ma ora, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti.»

Mi chiedo spesso se nella nostra predicazione diamo abbastanza risalto alla realtà della Resurrezione di Cristo, che è la «primizia» della nostra stessa risurrezione. Questo messaggio lo trasmettiamo soprattutto nei funerali, ma dovrebbe essere un tema centrale anche nella predicazione domenicale, il giorno per eccellenza della Resurrezione. Quest’anno, nell’Anno Giubilare, l’Arcidiocesi di Campobasso, sotto la guida dell’Arcivescovo Mons. Biagio Colaianni, promuove una pratica liturgica chiamata «Via Lucis», pensata per aiutare i fedeli a interiorizzare la centralità della Resurrezione di Gesù nella loro vita.

La «Via Lucis» è un cammino processionale che, come la Via Crucis, si snoda lungo 14 stazioni, che rievocano gli eventi che vanno dalla Pasqua alla Pentecoste. Ogni stazione celebra episodi significativi della vita del Risorto, come le sue apparizioni agli Apostoli, l’incontro con Maria Maddalena, l’apparizione ai discepoli di Emmaus, la professione di fede di Tommaso, e la conferma del primato di Pietro. Il cammino si conclude con l’Ascensione di Gesù e l’attesa dello Spirito Santo nel Cenacolo.

Attraverso questa pratica, i fedeli rivivono l’evento centrale della fede cristiana, la Resurrezione, e riconoscono la propria trasformazione: nel Battesimo, che è il sacramento pasquale, sono passati dalle tenebre del peccato alla luce della grazia (cf. Col 1, 13; Ef 5, 8). La «Via Lucis» offre una vera esperienza di rinascita spirituale, che aiuta a meditare sulla risurrezione come cambiamento profondo della propria esistenza.

Inoltre, questa pratica si propone come una pedagogia della fede, poiché, come si dice, «per crucem ad lucem» (dal dolore alla luce). Essa guida il fedele dalla comprensione della sofferenza, che nel progetto di Dio non è il fine della vita, alla speranza e alla gioia che sono essenzialmente pasquali. La Via Lucis è anche un antidoto per una società che spesso sembra dominata dalla «cultura della morte», caratterizzata da angoscia e disperazione, offrendo piuttosto una «cultura della vita», che alimenta speranza e fede.

Per l’Arcidiocesi di Campobasso, la Via Lucis è una novità, ma non lo è per molte altre diocesi italiane. L’idea nacque da un sacerdote salesiano, don Sabino Palumbieri, che fondò il Movimento Testimoni del Risorto, incaricato di diffondere il messaggio della Resurrezione. Nel 1989, la Via Lucis venne presentata al successore di Don Bosco, don Egidio Viganò, che ne rimase coinvolto, istituendo una commissione teologica per adattarla a diversi contesti, come comunità parrocchiali, gruppi impegnati, giovani e persone consacrate. Esiste anche una versione per i bambini, con una rielaborazione drammatizzata e supporto musicale, curata da Anna Benassi della Rai e dal maestro Di Maio.

Nel tempo, sono stati creati anche testi specifici per i sofferenti, e la Via Lucis ha avuto una diffusione rapida grazie all’azione dello Spirito Santo. Nel 1990, venne celebrata per la prima volta in maniera solenne a Roma, presso le Catacombe di San Callisto, luogo simbolico in quanto qui riposano i martiri, testimoni perenni della fede incrollabile nel Risorto. In seguito, il Movimento ha ricevuto il benestare di Papa Giovanni Paolo II, e diversi vescovi hanno adottato la Via Lucis nelle loro diocesi come complemento alla Via Crucis, per portare i fedeli dalla sofferenza alla gioia della risurrezione.

Gli Uffici diocesani della Cultura e della Liturgia hanno creato due varianti della Via Lucis per le parrocchie, che ora possono organizzare autonomamente il loro cammino. La prima realizzazione di una Via Lucis nella diocesi di Campobasso è avvenuta nella chiesa di S. Stefano, una frazione di Campobasso, seguita dalla creazione di un’altra nella Chiesa Madre di Cercemaggiore. Quest’ultima è stata dipinta dagli alunni del Liceo Artistico Manzù di Campobasso, utilizzando uno stile iconografico bizantino ispirato ai modelli elaborati dalle suore del Monastero delle Querce di Locri.

In questo modo, la Via Lucis sta diventando una preziosa risorsa spirituale che, attraverso il cammino della risurrezione, accompagna i fedeli nella loro crescita nella fede e nella speranza cristiana.

Don Michele Novelli