Davanti alla grande fatica che ha fatto la nostra Conferenza Episcopale in questi anni per poter elaborare il nuovo messale vi è un lungo lavoro di pastoralità liturgica. Non è solo, infatti, una questione di ritocchi. E’ ben più che un semplice cogliere i frammenti di novità! Si tratta di apprezzare il lungo cammino che il popolo di Dio sempre compie. Non è mai statico, ma cammina lungo i sentieri della storia. Si guarda attorno, coglie il nuovo, sente che la strada si fa diversa. E tutto questo richiede un cuore attento, che sa percepire il soffio dello Spirito, per renderlo presente e irrompente, anche sotto l’aspetto letterario ed espressivo.
I cambiamenti nel Messale sono proprio la risposta a questo zelo: far sì che l’espressione verbale che accompagna la nostra preghiera liturgica sia sempre più consona al linguaggio del nostro tempo. Possa così il popolo di Dio gustare l’antico, senza tradire il nuovo. Guardare avanti, certo, ma senza dimenticare le radici. Come scrive papa Francesco, nel suo ultimo capolavoro Fratelli tutti, al numero 148, nel dialogo tra locale e universale, tra antico e nuovo: “Il mondo cresce e si riempie di nuova bellezza, grazie a successive sintesi, che si producono tra culture aperte, fuori da ogni imposizione culturale!”.
E non sono semplici compromessi letterari. Ricordo la votazione sulla formula di cambiamento nel Padre nostro, all’interno della CEI, nell’assemblea di maggio di due anni fa! Quanta trepidazione. Quanto fremito. Passava lo Spirito santo e lo si percepiva, finché non fu confermato il testo, già approvato nel 2008: non abbandonarci alla tentazione!!
Non fu gradita l’espressione: Fa che non cadiamo in tentazione! Perché la si sentiva troppo intellettuale, giuridica, da scuola. Fu scelta e gradita invece l’attuale espressione, dove domina il verbo “non abbandonarmi!”. E’ pregnante. E’ biblica. Anticipa il grido di Cristo, sulla Croce. Raccoglie mille invocazione dei salmi. Perché qui parla un figlio al suo papà. Sa di casa, mentre tu sei già a rischio di cadere nel burrone. Hai tanta paura e gridi: non mi abbandonare, non mi mollare, papà, tienimi stretto a te! Così si esprime una Chiesa che sente di avere un Padre che ci guarda e ci difende e ci protegge.
Le altre novità sono qui ben evidenziate. E sono tante, in questo messale. Ognuna con il sapore di popolo, perché è importante ripartire sempre “dagli ultimi!”.
Buona lettura e buona celebrazione, con crescente “fructuosa partecipatio”.
+ p. GianCarlo, Vescovo