Che cosa è un’Enciclica?
Come da antica tradizione della chiesa, in realtà, è “una lettera circolare che il Papa indirizza a tutta la chiesa sparsa nel mondo per educare il popolo cristiano, dinanzi alle diverse sfide che le mutate condizioni storiche pongono al credente, alla maturità della fede. Tutti i fedeli in comunione con il loro pastore possono e devono leggere e tenere a mente le encicliche”.
Così, chiaramente, lo spiega Monsignor Fisichella Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Impresa non facile per noi fedeli parrocchiani rispetto alla neonata Lettera enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco sulla Fraternità e l’Amicizia Sociale.
Compito difficile per sua lunghezza e ricchezza di contenuti: brevissimi, ma densissimi racchiusi in ben 287 paragrafi. Per giunta a pochissimi giorni dalla pubblicazione.
Come cominciare a farla circolare il più possibile fra tutti noi fedeli ordinari?
Fra tutti noi non studiosi, ma cristiani impegnati sui molteplici fronti dell’ordinarietà quotidiana. In risposta al mio dovere di cristiana, una fra i tanti, al passo con i tempi, ho cercato di cimentarmi con questo compito non facile. Posso, perciò, esprimere soltanto qualche personale considerazione su un primo approccio a questa Lettera Enciclica molto coinvolgente per tutti, …nessuno escluso, e altrettanto impegnativa.
Di fronte alla lettura integrale della nostra società che Papa Francesco ci presenta e alla svolta fraterna epocale che essa propone, mi sono sentita trascinata ancora di più nei miei consueti impegni di volontariato.
Dal nostro Papa la fraternità universale è esaminata e raccomandata come unico rimedio, unica medicina universale per avviare nuovi processi di guarigione dai tanti mali personali e sociali che affiggono il mondo odierno: una nuova e rivoluzionaria globalizzazione.
Questa lettera enciclica mi è parsa un manifesto mondiale attualissimo sul cuore più genuino ed autentico della nostra umanità e della nostra fede cristiana: l’inalienabile valore della dignità umana che trova il suo sviluppo nell’incontro con l’altro e la sua pienezza nel dono sincero di sé il quale rimanda essenzialmente alla Paternità di Dio e di figli nel Figlio. Un proclama etico e cristiano per i nostri tempi che interpella la coscienza e la corresponsabilità di ciascuno e di tutti nell’ordinarietà della vita quotidiana, negli stili di vita personali, nei vari ambiti dell’esperienza e della società.
Questa sorgente di dignità umana e fraternità, come precisa alla fine, “per noi cristiani sta nel Vangelo di Gesù Cristo. Da esso scaturisce per il pensiero cristiano e per l’azione della Chiesa, il primato dato alla relazione, all’incontro con il mistero sacro dell’altro, alla comunione universale con l’umanità intera come vocazione”.
E di amore evangelico è intriso l’intero testo che prende il titolo e l’ispirazione proprio dal Santo dell’Amore Evangelico come il Papa definisce San Francesco d’Assisi. Per di più sulla sua tomba nella vigilia della sua festa solennemente lo sottoscrive. Amore evangelico che articola in tutti i numerosi paragrafi con la parresia: quella parresia cristiana alla quale Papa Francesco ci sta richiamando ed educando sin dall’inizio del suo pontificato. Parresia che il Catechismo della Chiesa Cattolica ci spiega come “semplicità schietta, gioiosa sicurezza, umile audacia, certezza di essere amati”.
Di fronte alle molteplici “ombre di un mondo chiuso” solo la fraternità universale potrà attivare processi di mediazione e costruzione di un mondo rinnovato, compito che il Papa assegna, con estremo realismo e concretezza progettuale, a tutti gli uomini di buona volontà e a tutti i fedeli di “quelle religioni le quali riflettono un raggio della verità che illumina tutti gli uomini”. Tutti uguali, tutti diversi ma tutti uniti nel raggiungimento della finalità comune.
Perciò a tutti la lettera papale assegna un compito irrinunciabile: alla professionalità degli specialistici gli approfondimenti settoriali, che speriamo seguiranno con altrettanta trasparenza e concretezza; ai responsabili istituzionali nazionali e sopranazionali e delle finanze un cambiamento di rotta rispetto ai criteri vigenti vantaggiosi per pochi e ingiusti per i più; a noi ordinari della fraternità un rovesciamento della mentalità corrente per diventare “artigiani della Pace, buoni sammaritani e non viandanti indifferenti che passano a distanza” …da tanti abbandonati sulla strada.
Centrale, infatti, per noi cristiani ordinari mi sembra un riferimento specifico al secondo capitolo: Un estraneo sulla strada: è il brano evangelico del buon Sammaritano “una storia che si ripete”. La strada vera palestra e prova del nove di fraternità. Lo sappiamo, oggi più di ieri.
Sono rimasta particolarmente colpita in alcuni passaggi da due verbi che interpellano la coscienza della nostra ordinarietà: ci indigniamo per i tanti feriti che rimangono ai margini della strada fino a farci scendere dalla nostra serenità per sconvolgerci con la sofferenza umana?
Oggi riesco a scendere ordinariamente dal mio mondo, da quello esclusivo della mia famiglia mi interesso del mondo solo perché un microscopico virus mondiale minaccia me e la mia famiglia? Noi molisani campioni di bimbi obesi, riusciamo a scendere sulle tantissime strade di bambini scheletriti che muoiono ogni giorno di fame? Lungo le nostre strade ordinarie ci facciamo vicini prossimi agli emarginati che incontriamo? Ed ancora, andando avanti, ci impegniamo a generare un mondo aperto attraverso la solidarietà che genera amicizia sociale?
Papa Francesco, con il suo stile consueto di buon pastore universale, ci stupisce sempre di più per la sua incisiva pragmaticità: “La solidarietà non è mai ideologica dal momento che non serve idee, ma persone offrendo servizi”. E va oltre spiegandoci che la vera solidarietà deve essere solida com’è nella sua stessa radice.
In definitiva, siamo prossimi senza frontiera? “Ho dei prossimi da aiutare o mi sento chiamato a diventare io prossimo degli altri?” A noi avanzati nell’età Don Milani, a suo tempo, ci ha insegnato che la prossimità è un debito.
Sempre nello stesso tono evangelico il lunghissimo capitolo sulla migliore politica che non è soltanto una buona politica. Essa ci richiama alla corresponsabilità di ciascuno e di tutti e non solo degli addetti ai lavori. Ci insegna che l’amore è fatto “di piccoli gesti di cura reciproca anche nel campo civile e politico perché finalizzato a costruire un mondo migliore”. Piccoli gesti che richiedono sempre impegno, sacrifici, creatività coraggiosa, parresia cristiana e anche perdono: “le grandi trasformazioni non si costruisco alla scrivania o nello studio”. Non finisce mai di stupirci Papa Francesco con il suo originalissimo stile pastorale. Da buon pastore universale, appunto cattolico, in questa enciclica che è pur sempre una lettera e non un testo dottrinale, nell’ultimo capitolo fa chiarezza sulla fondamentale identità cristiana richiamandosi all’insegnamento dei suoi ultimi predecessori: Papa emerito Benedetto e Papa San Giovanni paolo II. Precisa che l’identità del cristiano richiama essenzialmente alla verità trascendente del Padre di tutti, senza la quale, “non ci possono essere ragioni solide e stabili per l’appello alla solidarietà; solo con questa coscienza di figli che non sono orfani si può vivere in pace tra noi”.
Mentre all’inizio dell’enciclica ci mette di fronte alle ombre del nostro mondo chiuso, alla fine, nell’ultimo capitolo, chiude con parole poetiche che nel mio cuore di cristiana ordinaria hanno risuonato come una bella sinfonia. L’ho ascoltata con profonda condivisione e commozione: “se la musica del Vangelo smette di vibrare nelle nostre viscere, avremo perso la gioia che scaturisce dalla compassione, la tenerezza che nasce dalla fiducia, la capacità della riconciliazione che trova la sua fonte nel saperci sempre perdonati e inviati”. …Inviati più convinti e motivati di prima per la nuova evangelizzazione in questo mese missionario di ottobre. Inviati a proclamare che siamo tutti fratelli nel Fratello Grande Cristo Signore che ha versato fino all’ultima stilla del suo sangue per l’umanità intera. Umanità che la sua chiesa cattolica vuole riunire in una sola universale famiglia non solo con gli insegnamenti, le opere e i sacrifici, ma ancor di più con la preghiera (l’Enciclica termina con due belle preghiere) e il suo sostegno sacramentale.
(Rosalba Iacobucci)