Un nuovo partito incentrato sul “messaggio cristiano”? L’ipotesi è suggestiva. Ed è culturalmente – e direi eticamente – pregevole. Ma, da studioso di Storia di stampo hegeliano, mi duole dire che non credo in una tale resurrezione. Perché – se è vero che la Storia ha delle costanti fin troppo ripetute – è pur vero che certe esperienze sono indissolubilmente legate a certi tempi, e – aggiungerei in modo marxiano – a certe “strutture” dell’economia e della tecnologia legate a quei tempi.
Faccio degli esempi concreti: incontro spesso persone che – volendomi omaggiare – mi esortano a “darmi alla politica come mio padre Remo (storico parlamentare democristiano) ”. Ed io rido, anzitutto perché la politica l’ho fatta eccome, sebbene in un altro partito (quello socialista); ma poi mi sorge la certezza che se Remo Sammartino volesse far politica oggi… non sarebbe neppure candidato, perché la sua personalità poteva emergere giusto nel tempo della Ricostruzione, in quel tipo di società e di cultura italiana del primo dopoguerra; capitò al momento giusto, nell’ambiente adatto a lui. E non sarebbe spendibile al di fuori di quegli schemi.
Non è un caso che, caduta la Prima Repubblica si siano spaccati e dissolti anzitutto i due partiti che ne erano il cardine: la Democrazia Cristiana (che, in verità, negli ultimi anni, di cristiano aveva solo il nome) e il Partito Socialista.
I militanti di entrambi sono andati in parte a Destra e in parte a Sinistra, di fatto sciogliendosi in altre formazioni, senza riuscire a imprimere ad esse il loro stampo. Non solo le nuove leggi elettorali (il maggioritario e il conseguente bipolarismo), ma anche i nuovi problemi, tornerebbero a spaccare un nuovo partito cristiano-sociale, come un nuovo PSI. Prendiamo su tutti l’immigrazione: pochi immaginano il numero di ex socialisti che, dopo essersi fatti berlusconiani, oggi hanno addirittura superato un inveterato tabù e votano per Salvini o la Meloni. Ovviamente, quelli che restano legati agli schemi novecenteschi li accusano di aver tradito la storia dell’idea per appoggiare il populismo fascistoide, rinunciando a difendere il principio di solidarietà verso i disperati del mare; ma loro ribattono che la razionalità e la necessaria organizzazione di risorse limitate impongono di sollevare prima i poveri che abbiamo dentro casa e poi quelli che esistono nel Pianeta; e accusano l’attuale Sinistra di essere sponsorizzata dai peggiori capitalisti globali, delocalizzatori, evasori, sfruttatori di manodopera sottopagata nei Paesi in via di sviluppo; mentre dietro le nuove destre ci sono i nuovi poveri.
Lo stesso accadrebbe al nuovo partito cristiano-sociale: certo, se è a De Gasperi e Moro che ci si vuole ispirare, di sicuro quei due (ai cui tempi in Africa si moriva di fame regolarmente) non avrebbero mai immaginato di poter aiutare gli Africani importandoli in Italia. Oggi ci sarebbero da un lato quelli che asseriscono che l’esser cristiani impone l’accoglienza; altri direbbero che “accogliere” significa dare una casa e un lavoro a tutti e non buttarli a dormire in mezzo ai parchi o alle stazioni, dove non hanno altro modo di sopravvivere che delinquere (creando un inesorabile allarme e fastidio nei residenti), e che se non si ha questa possibilità l’accogliere rischia di essere una beffa irresponsabile (è questo l’imprevisto pensiero di molti vescovi e cardinali africani!). Allora forse nascerebbero due partiti: uno per ogni “versione” del “cristianesimo sociale”. E sarebbe un ginepraio, poiché da secoli esistono tante “interpretazioni” del Cristianesimo quante sono le tradizioni filosofiche ad esso precedenti o susseguenti. Conosco cristiani epicurei e cristiani platonici, cristiani hegeliani (oggi in sparuta minoranza) e cristiani esistenzialisti (che sembrano prevalere negli indirizzi teologici più diffusi). Esiste persino un Cristianesimo marxisteggiante. E qualche volta ho trovato in certi sacerdoti degli accenni ad uno stoicismo disperato degni di Nietzsche. La primigenia DC fondò le sue fortune sull’essere, dopo la Guerra, effettivamente il “partito della Chiesa”. Cosa che oggi non sarebbe possibile, anzitutto perché la Chiesa stessa ha drammaticamente perduto forza nell’influire sulla società.
Meglio approfondire quel famoso messaggio del Cristo, mai decifrato fino in fondo: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Forse con quella risposta Egli si sottraeva all’ipotesi di poter essere “utilizzato” come ideologo politico. Forse il messaggio era questo: “Io son venuto per elevare l’anima dei singoli, per renderli più retti, veritieri e benevoli; e non per agire sulle forme politiche. E quando la maggioranza degli uomini saranno retti, veritieri e benevoli, anche le società funzioneranno bene, indipendentemente dalle forme politiche vigenti.”
Sergio Sammartino