Don Bruno (1932-2020) era un prete semplice ma profondo. Umile ma sostanzioso. Innamorato della Parola ma anche legato ai poveri e ai piccoli della terra. Milanese, ma capace di guardare al mondo intero, specie alle Missioni, dove si recava sempre volentieri. Teneva per i nostri Missionari, spesso stanchi e vicini alle loro genti, dei precisi e ben mirati Corsi biblici, di preghiera o di aggiornamento.
Quante volte, nei miei amati studi della Bibbia, per preparare i tanti sussidi biblici popolari per i CENACOLI del Vangelo, anch’io ho benedetto la sua proverbiale capacità di sintesi. Era capace cioè di dire l’essenziale, andando subito al cuore del messaggio evangelico, raccogliendo nel contempo le domande che sgorgano oggi dal cuore problematico della nostra gente. Perciò, mentre approfondiva i testi della Scrittura, con i rigidi canoni dell’Istituto Biblico di Roma (dove egli aveva studiato negli anni 1955-58), già sentiva nel cuore le domande esistenziali che si affacciano nel cuore del nostro tempo. Intuiva le domande che i preti, a contato della gente, gli ponevano con chiarezza nei vari corsi di aggiornamento.
Ecco perché erano letti e riletti i suoi libri. Tantissimi. Hanno toccato tanti argomenti biblici, sia dell’Antico Testamento che nel Nuovo. Ma lui, preferiva i Vangeli. E in essi, diede un particolare importanza ai racconti della Passione, che, ruminati con il suo cuore di studioso e di appassionato uomo di fede, risultano efficacissimi. Ti prendono, non ti lasciano mai vuoto. E quando, utilizzando un suo libro, spesso al termine di una Lectio, sentivo la gente che sussurrava: “Ora capisco il brano…ora intuisco quello che ha vissuto Gesù e quello che ci dice in questo vangelo!”.
La sua umiltà emerge subito, mentre lo si accosta in qualche Commentario. Come ho fatto in questi giorni, quando padre Ricardo ci ha svolto gli Esercizi Spirituali proprio sul Vangelo di Marco, per insegnarci la sequela di Gesù, come suoi veri Discepoli.
Ho riaperto il suo libro (anno 1987) su Marco, che inizia proprio così, con questo ammirevole atto di umiltà: “Questo commento al Vangelo di Marco è fin troppo consapevole dei suoi limiti. Nessuna pretesa di completezza e nessuna pretesa di novità: nessuna ipotesi nuova (ce ne sono già troppe). Vuole però essere una lettura seria, corretta, rispettosa del testo e verificata sulla base di una onesta esegesi”(p.5). E a proposito della attualizzazione, precisa: “non una attualizzazione che venga dopo il testo o che passi accanto al testo, ma una attualizzazione che si dischiuda dal testo stesso! Ed aggiungeva una nota interessantissima: “L’Attualizzazione non è estranea al compito dell’esegeta; è una componente essenziale della Parola di Dio, che è appunto salvifica e giudizio sull’oggi!” Questo è il segreto. Questo è stato lo stile di don Bruno. Ed è per questo, che viene letto e riletto, come ho fatto anch’io, tante volte, con i suoi libri in mano e le domande del nostro popolo, nel cuore!
E’ interessante la sua riflessione davanti ad una giornalista che gli chiedeva quali fossero le figure evangeliche che più lo hanno entusiasmato, nella sua vita di studioso. La sua risposta fu immediata: “Tre incontri di Vangelo sono il riferimento della mia vita. La Samaritana che dopo aver incontrato Gesù lascia la brocca e corre ad annunziare la Parola. La lavanda dei piedi, perché la vita deve essere al servizio degli altri. Tommaso, che rappresenta i nostri dubbi, le nostre fatiche ma che quando incontra il Risorto lo riconosce: Mio Signore e mio Dio!”.
Grazie, ti diciamo, carissimo don Bruno, per come ci hai saputo trasmettere il tuo cuore appassionato e fedele nello studio delle sacre Scritture, memori sempre di quanto papa Francesco ha scritto per noi oggi, raccogliendo una grande esortazione di san Girolamo: “Leggi spesso le divine Scritture; anzi, le tue mani non depongano mai il libro sacro!”.