Fratel Giuseppe, Fra Giuseppe, Fra Peppino, o più semplicemente Peppe come lui preferiva farsi chiamare era una di quelle persone fuori dal comune, fuori dai normali schemi, che ti dava sempre uno spunto di riflessione, ti lasciava sempre qualcosa anche con un semplice saluto. I suoi occhi brillavano di vita ed entusiasmo ogni santo giorno.
Non conosco una sola persona che abbia conosciuto Peppe e non mi abbia raccontato qualcosa di positivo. Forse proprio perché non era come gli altri, e sapeva vedere ciò che agli occhi di tutti non si vede, sapeva andare oltre, senza fermarsi all’apparenza. Questo con tutti, indistintamente. Non aveva barriera alcuna. Peppe voleva aiutare tutti coloro che ne avevano bisogno, che si trovavano in difficoltà. Lui mi diceva sempre di non avere nemici, ma solo amici.
Inoltre, aveva un legame particolare con noi giovani, perché per lui i ragazzi erano quelli che andavano capiti, seguiti e soprattutto ascoltati. Peppe era uno di quelli che ascoltava minuziosamente, ed era attento a tutto, una sorta di frate psicologo, che sapeva capire gli altri, le loro difficoltà in particolar modo, ma non in un’ottica negativa, piuttosto trasformando i problemi in punti di forza per la persona.
Non era il semplice “uomo di chiesa”. No. Penso che in tutti i nostri anni di amicizia Peppe abbia parlato di chiesa, tre o quattro volte al massimo in mia presenza. Perché lui ti trasmetteva il dono della fede semplicemente con un sorriso, o con una carezza quando ti vedeva triste, trovando l’ironia anche nei momenti più brutti. Per lui la vera fede era la fratellanza, quell’empatia che ti lega con qualcuno talmente forte da considerarlo come un fratello.
Quel fuoco vivo che rende un legame speciale. Peppe mi ha regalato tutto questo. La cosa che più mi ha stupito è che Peppe è stato sempre lo stesso sia prima che durante la malattia. Non so come sia riuscito ad avere quella forza ma vi assicuro che alle volte quando lui si accorgeva che io ero dispiaciuto per la sua condizione fisica era lui che tirava me su di morale!
Amava così tanto la vita che era capace di farti vedere il mare dentro un immenso bosco.
Non potrei parlare di “esperienza” riferendomi solo al suo periodo di malattia. È stato un ciclo continuo, una strada che sin dall’inizio della sua vita, oltre che dalla malattia, ha trovato tante curve, ma mai delle buche. Le difficoltà ci sono state da parte sua e questo non si può negarlo, ma mentalmente Peppe non è mai cambiato. Lui si è nutrito della gioia di tutti noi che siamo stati al suo fianco. Quando entravo nella sua stanza per andarlo a salutare era la persona più felice del mondo, non aveva bisogno di nulla, ma solo di un sorriso, della compagnia, e delle risate che ci facevamo insieme.
Peppe amava le cose semplici, i momenti di amicizia e convivialità.
Posso quindi affermare a gran voce che donare un sorriso ad una persona malata e veder sorridere quella persona non è una semplice esperienza, è qualcosa che ricorderai per il resto della vita.
Fermarsi un attimo, dedicare del tempo a chi può sentirsi solo a causa di un male, non ha prezzo.
Peppe mi diceva sempre questa frase, di cui oggi faccio tesoro: “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”, e solo in quei momenti ho capito davvero a cosa si riferisse.
Per questo ho deciso di fermarmi, e di vivere determinate emozioni sapendo che probabilmente la polvere in quella clessidra prima o poi sarebbe scesa tutta sul fondo. Non so esattamente quando e quanto io abbia avuto consapevolezza che le sue condizioni fisiche stavano peggiorando, eppure sono convinto che lui lo abbia sempre saputo, da sempre. Ha sempre saputo tutto, ma ha continuato a vivere esattamente come prima. Anzi, con una forza in più perché sapeva di essere lui stesso la polvere di quella clessidra che da un giorno all’altro sarebbe interamente scesa al fondo.
Grazie di tutto Peppe.
Ti ricorderò sempre con il sorriso.
Giammarco. O meglio Gimmo, come mi chiamavi tu.
Giammarco De Socio