Siamo in Avvento, tempo intenso di attesa che ci conduce al grande evento del Natale, momento profondamente proficuo se sorretto da un atteggiamento interiore di preghiera, ascolto della parola di Dio e dalla carità. In questo periodo l’atmosfera si fa magica per l’attesa del Mistero e per le manifestazioni esterne con i tipici segni: le luci, le piazze colorate, i mercatini, le vetrine addobbate, la corsa alle spese e la ricerca dei regali. Un posto a sé occupano la preparazione dell’albero di Natale e del presepe in ogni casa. Quest’anno, però, non è proprio così.
La pandemia, il covid, hanno drasticamente ridimensionato questo scenario con l’obbligo di rispetto di regole severe, ma necessarie. In questa epoca eravamo abituati a sentire nelle nostre realtà, nelle nostre piazze, nei vicoletti dei nostri borghi, nelle scuole, nei teatri, presso le nostre abitazioni, nelle rappresentazioni sacre dei presepi viventi, i suoni ancestrali, unici, peculiari e struggenti delle nostre zampogne molisane. Non ascolteremo dal vivo le commoventi melodie, le antiche pastorali, il canto delle novene, le sobrie e agreste armonie modulate sul mitico e millenario strumento, costruito saggiamente dalla mano esperta degli artigiani nelle botteghe di San Polo Matese, Bojano e Scapoli. Anche gli zampognari per motivi di sicurezza e prevenzione non possono circolare e sono costretti a rimanere ancorati al loro domicilio.
Ahimè! Ci mancheranno la suggestione e l’emozione prodotte dal calore di queste semplici, ma significative note, oltre allo spettacolare fascino che emana la sola presenza di questi caratteristici personaggi che colorano il viatico che conduce alla natività. Non vedremo lo zampognaro avvolto nei segni della povertà: un vecchio mantello o una cappa rattoppata, cappelli rovinati, camicie e pellicce malconce, scarponi o ciocie ai piedi. Folclore? Leggenda? Mito? No, assolutamente no!
In questo Avvento, tempo di strano isolamento, distanziamento o, come si dice in gergo, di lock-down, lo zampognaro, ancorché assente ci parla e ci trasmette più che mai il messaggio iconico sul Natale. Una assenza viva, dunque, che si fa presenza silenziosa e preziosa.
Mettiamoci di fronte al presepe e osserviamo attentamente la sacra scena della natività, con zelo e raccoglimento. Notiamo gli angeli che annunciano ai pastori l’Evento del Natale: “Oggi è nato per voi il Salvatore del mondo. Ecco il segno: andate fino a Betlemme, troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia!”. Notiamo i pastori che, perplessi e pieni di stupore, rispondono: “Transeamus usque Bethlehem!” ossia: “Su! Andiamo fino a Betlemme”. Parimenti lo zampognaro annuncia con i suoi poveri suoni il ripetersi di questo avvenimento e ci invita ad andare idealmente alla grotta di Betlemme per incontrare Cristo Signore, Dio fatto carne, Dio che entra ancora oggi nella nostra storia con-creta, donandoci l’amore e la pace. Questo appello è rivolto a tutti e promana da una dimensione di povertà e umiltà. D’altronde i primi a ricevere l’annuncio del Natale furono proprio i poveri pastori, per affermare che nessuno è escluso e che la via della semplicità è una strada privilegiata per incontrare Dio vivo e presente. Allora che fare? Trasformiamoci per un attimo anche noi in zampognari e sempre davanti al presepe cantiamo una strofa del “Tu scendi dalle stelle”, il canto di tutti gli zampognari, il più rappresentativo del Natale. Cantiamolo con fede e rivolgiamoci a Gesù Bambino con il “Tu” perché, come ci ha insegnato S. Alfonso Maria De’ Liguori, Dio si è fatto prossimo a noi. In attesa di poter riabbracciare dal vivo i “veri” zampognari in carne ed ossa a pandemia archiviata.
Buon Natale a tutti.
Antonio Romano (Zampognaro)