“La conclusione dell’ampio chiarimento venne a coincidere con la conclusione di Maritain: partiti d’ispirazione cristiana sì, e possibilmente tutti in un paese cristiano; partiti cosiddetti cattolici, no, nessuno: e ciò per lasciare alla Chiesa la sua nobile funzione di madre comune, di arbitra, di unificatrice, di ispiratrice della nostra civiltà”, tanto riportava Amintore Fanfani, sul ruolo e sull’organizzazione dei cattolici in politica, utilizzando il pensiero di Jacques Maritain.
L’esperienza ‘democristiana’ e prima ancora quella ‘popolare’ nascono in Italia perché frutto ed espressione di un momento storico, sociale e culturale e grazie a intellettuali di grande levatura e statura, tanto umana quanto culturale, che hanno saputo agire con sapiente equilibrio in anni comunque difficili.
Nei mesi successivi al referendum sul divorzio, il vasto mondo democristiano, riflettendo sul come prendere atto del risultato e anche su cosa stava accadendo, scriveva che “ …non ci siamo chiamati partito cattolico perché i due termini sono antitetici; il cattolicesimo è religione, è universalità; il partito è politica, è divisione…non possiamo trasformarci da partito politico in ordinamento di Chiesa né abbiamo diritto di parlare in nome della Chiesa, né possiamo essere emanazione e dipendenza di organismi ecclesiastici, né possiamo avvalorare della forza della Chiesa la nostra azione politica sia in Parlamento…”.
Provando a sintetizzare ed estrapolando quanto di più affine al mio pensiero, ricordo padre Bartolomeo Sorge che scriveva come il declino del cosiddetto “mondo cattolico” è stato determinato certamente dalle notevoli e profonde modificazioni culturali e sociali che hanno caratterizzato la nostra vita tra gli anni Settanta e Ottanta, ma hanno anche agito, e in modo decisivo, sia argomenti tutti interni alla Chiesa, con il suo sviluppo storico-dogmatico, sia l’evoluzione di natura socio-politica della società. Lo sviluppo storico-dogmatico è stato fortemente accelerato dall’apporto del dibattito e dall’approfondimento teologico sul Concilio Vaticano II “La Chiesa, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico” che ha prodotto ricadute sul rapporto Chiesa e mondo, fede e politica, sull’autonomia dei laici e sulle possibilità delle loro scelte, liberando i cattolici da una oramai insostenibile e anacronistica unità partitica.
Dopo la chiusura dell’esperienza democristiana moltissimi cattolici, come pure parte del mondo associativo cattolico, si sono estraniati e ritirati in una dimensione neospiritualistica, divergendo e allontanandosi dalla politica e anche dalla possibilità di contaminare, o meglio di apportare, il proprio contributo allo sviluppo del tessuto sociale. Delusi dalla laicizzazione della società, e incapaci di rimettersi in discussione, hanno probabilmente finito per isolare gli stessi cattolici che continuavano, in maniera attiva, il proprio impegno. In altri casi è stata riaffermata l’originalità della propria identità cristiana immergendosi nella politica, in quanto cristiani nella e della società, ma senza le ordinarie mediazioni della stessa società democratica: partiti, sindacati, associazionismo.
Ritengo che oggi l’interpretazione del pensiero di Jacques Maritain vada probabilmente ancora parzialmente attualizzata, prendendo atto dell’esplosiva globalizzazione di ogni fenomeno sociale che coinvolge la nostra comunità. Partiti di ispirazione cristiana ma meglio ancora, uomini di ispirazione cattolica sì, e possibilmente nei partiti che in modo migliore possono interpretare nella sua interezza e universalità il Pensiero e la Grande Filosofia Cattolica. Questo per sottolineare non soltanto la necessità per i cattolici di stare nella storia, di cimentarsi con le contraddizioni della società moderna, ma di esserci, di agire, di operare con un’autonomia laica non senza correre i rischi legati alle diverse opzioni politiche, o scelte che siano, dentro lo stesso mondo cattolico.
Politica non indica l’esercizio di un potere qualsiasi sugli uomini, ma solo quel tipo di potere che esercitandosi su uomini liberi e uguali si fonda sul loro consenso e ha per fine il bene non solo dei governanti, ma anche dei governati e quindi risulta un elemento fondamentale e cruciale della vita dell’uomo. Essa si rende necessaria in quanto permette di amministrare e regolare quell’insieme di atti che occorrono per la sopravvivenza di una comunità. Poiché essa tratta e si occupa delle cose terrene e della vita materiale dell’uomo, va inquadrata nella sua laicità.
La necessità di citare gli altrui pensieri, farli propri o condividerli, nasce dal tentativo di riportare in pochissimo spazio (pochissimo non per volontà di chi ospita questi pensieri) riflessioni che, negli anni, hanno messo a dura prova un numero enorme di intellettuali che si sono confrontati e hanno ragionato su quale impegno dovessero avere e in quale organizzazione socio politica i cattolici possono e/o devono ritrovarsi. Credo che riportare i loro pensieri possa essere un modo convincente per sostenere la propria posizione.
La politica costituisce un elemento fondamentale della vita dell’uomo, con le sue diverse sfaccettature, le divisioni, i confronti, i dialoghi. I compromessi o meglio le mediazioni che all’interno di contesti chiusi e monorappresentativi diventano argini, trincee, muri, si trasformano in incapacità di interpretare e sostenere le esigenze di un’Italia multietnica, multiculturale, caratterizzata da un’organizzazione e da esigenze sociali che si trasformano vorticosamente.
In questi anni l’impegno dei cattolici in politica è mancato. Si è perpetrato un arretramento delle loro posizioni e della loro presenza. Barricati probabilmente nelle sacrestie, hanno sfornato indifferenza isolando quanti, con molte difficoltà, hanno continuato ad offrire il proprio impegno nella politica e nelle Istituzioni. Un atteggiamento discutibile il loro, dettato forse anche dall’incapacità di partecipare ad un confronto serrato nei partiti e nei contesti dove regnano il dialogo e la democrazia. Oggi ritorna, ed è un bene, il dibattito sulla loro presenza in un esercizio di rappresentanza universale con le proprie radici ben visibili. Paolo VI scriveva “Una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi” e Papa Francesco nel 2015, in un discorso a braccio ha detto: “Si sente: ‘Noi dobbiamo fondare un partito cattolico!’: quella non è la strada. La Chiesa è la comunità dei cristiani che adora il Padre, va sulla strada del Figlio e riceve il dono dello Spirito Santo. Non è un partito politico. ‘No, non diciamo partito, ma … un partito solo dei cattolici’: non serve e non avrà capacità convocatorie, perché farà quello per cui non è stato chiamato (…) Ma è un martirio quotidiano: cercare il bene comune senza lasciarti corrompere”. In buona sostanza più attenzione alla coerenza che all’appartenenza senza tralasciare il dovere dei cattolici di impegnarsi nel governo delle Istituzioni.
La presenza di un partito cattolico nell’affermato e prevalente contesto dei partiti azienda, dei partiti personali, dei partiti digitali, dei partiti impersonali, accentuerebbe le caratterizzazioni e le radicalizzazioni dimenticando che la capacità rappresentativa dei cattolici – nella liberalizzazione post concilio e con la condivisione del pensiero di Francesco – è straordinariamente possente e libera. Un altro partito, la necessità di un partito cattolico probabilmente sottrarrebbe la presenza dei cattolici e la loro capacità di contaminare altre organizzazioni, movimenti o partiti che siano. Il rischio è quello di percorrere tuttavia la strada più facile, quella di un’organizzazione, magari calata sui territori, che calamiti facilmente anime, coscienze e …voti. La politica invece ha la necessità non di altri partiti ma di altre persone, persone capaci, che siano disponibili, che sappiano imparare a dialogare, che diano prova di saper mettere da parte i propri interessi materiali apportando il proprio contributo per la costruzione di un vero Noi. Occorrono persone, insomma, che sappiano comprendere le diversità, che abbiano alle spalle una formazione e che abbiano capacità disinteressate. Donne e Uomini che siano preparati al confronto. Quella capacità di confronto che deve esercitarsi con la doverosa partecipazione e presenza nelle Istituzioni, ponendosi in posizione di dialogo con la società intera, recuperando così quell’assenza di formazione e di presenza. Presenza che invece può essere esercitata dai movimenti cattolici ma non in maniera integralista bensì contribuendo alla costruzione di ponti sociali e non di aridi steccati. È la strada più difficile, me ne rendo conto, ma è quella vera, libera e rispettosa che può determinare nei prossimi anni una classe politica più matura, in formazione permanente, non esclusiva, pronta a crescere per il bene comune.
Antonio Battista