Dall’11 febbraio 2020, in concomitanza con la “Giornata del malato”, anche i malati d’Italia colpiti dal cancro hanno un loro protettore: è San Leopoldo Mandić, riconosciuto ufficialmente dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Un riconoscimento arrivato dopo un iter lungo e complesso, iniziato nel 2016 a seguito di una domanda inoltrata dal vescovo di Padova mons. Claudio Cipolla, su richiesta dei frati cappuccini, dei medici padovani e del popolo di Dio che invocavano a gran voce questa scelta. HA SPERIMENTATO IL MALE SULLA SUA PERSONA La Congregazione lo ha riconosciuto come patrono dei malati oncologici con queste parole: “San Leopoldo Mandić da Castelnuovo, presbitero dell’ordine dei Frati Minori Cappuccini, che spese tutta la sua vita nell’esercizio del ministero della Riconciliazione e che, colpito da una malattia tumorale ne portò il lungo e prolungato peso, con fede serena”. Padre Leopoldo, nel Convento dei Cappuccini di Santa Croce, a Padova, spese ogni momento del suo ministero sacerdotale nell’apostolato dell’ascolto, talvolta fino allo sfinimento. Nel mese di aprile 1942 fu ricoverato in ospedale: ignorava di avere un tumore all’esofago che gli provocava dolori lancinanti. Rientrato in convento continuò a confessare, pur in condizioni sempre più precarie. Il 29 luglio 1942 confessò senza sosta trascorrendo poi gran parte della notte in preghiera. All’alba del 30 luglio, nel prepararsi alla santa messa, svenne. Riportato a letto, ricevette il sacramento dell’Unzione degli infermi. Pochi minuti dopo, mentre recitava le ultime parole del Salve Regina, tendendo le mani verso l’alto, spirò. La notizia della morte di padre Leopoldo, già santo per molte persone, si diffuse rapidamente a Padova e una folla ininterrotta, per due giorni, rese omaggio al santo confessore. UN RITRATTO DI FRATE LEOPOLDO Era un frate fragile, di origini croate, figlio di una coppia di cattolici, con il saio francescano cappuccino tutto consumato. Camminava con passo lento, appoggiato al bastone. La sua vita trascorreva tra le ore passate in confessionale, quelle in preghiera, soprattutto davanti ad una statua della Madonna, la “Parona” come affettuosamente la chiamava in dialetto veneto, e poi le tante e tante ore passate al capezzale di malati gravi. Sapeva cosa volesse dire soffrire nello spirito e nel corpo. Era piccolo di statura. Era alto appena 1metro e 35 centimetri, ma la sua grandezze era nel donarsi, giorno dopo giorno nel silenzio, nell’umiltà di una celletta confessionale di due metri per tre. Una celletta in cui sono avvenuti miracoli straordinari. Padre Leopoldo è stato un gigante della misericordia, altissimo nell’impegno con Dio che gli dava anche l’ispirazione per guidare le anime verso la luce e la bellezza di un rapporto con il Signore che trasformava l’esistenza di chi si accostava al suo confessionale. Un uomo pieno di amore. Si racconta che un uomo di Padova che non si confessava da anni, volle andare a confessarsi da Padre Leopoldo. Stava per tornare indietro, quando questo piccolo frate, lo vide, si alzò dalla sedia e gli andò incontro dicendogli ” si accomodi, si accomodi.” L’ uomo, imbarazzato, andò a sedersi sulla sedia del confessore e padre Leopoldo, senza una minima esitazione, si inginocchiò per terra, e, in quella posizione, ascoltò la confessione del penitente. MODELLO DEI CONFESSORI Esempio di grande umiltà…. San Leopoldo Mandić è stato canonizzato nel 1983 da papa Giovanni Paolo II, che lo indicò come modello di confessori. Papa Francesco ne ha volute le spoglie in Vaticano, insieme a quelle di San Pio da Pietrelcina nel 2016, durante il Giubileo della Misericordia.
Doretta Coloccia