Una delle tematiche più dibattute dell’ultimo decennio è quella legata al diritto alla salute, ovvero alla funzione degli apparati di cura, sia con riferimento all’ambito strettamente sanitario (curing), sia all’accezione più estesa di caring, di migliorare la qualità della vita delle persone e delle famiglie, a prescindere dalla presenza o dal persistere di patologie in senso proprio. L’attenzione per questi temi è notevolmente cresciuta, stante l’insoddisfazione per i servizi di welfare e la spiacevole percezione di impotenza, di isolamento e di abbandono che molte persone provano nell’impatto con i servizi di cura nei momenti di bisogno. Pertanto, se l’esperienza del ricovero in ospedale o dell’afferenza a qualsiasi tipo di servizio sanitario, rappresenta per l’individuo un evento psicologicamente traumatizzante, diventa prioritario focalizzarsi sullo stare bene, con attenzione non solo agli aspetti strettamente clinici, bensì come sensibilità agli ambiti interiori e di relazione della persona; significa guardare con slancio al concetto dell’umanizzazione delle cure, sia con la creazione di una èquipe sanitaria umanizzata, che presti cure e assistenza non dimenticando mai l’individuo, sia ponendo l’accento sugli ambiti e sui luoghi di cura, affinché non smettano di essere umanizzanti.
Organizzazioni sanitarie ed equità nella salute
Volendo approfondire la tematica, non si può non soffermarsi sul concetto di Salute. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute), per prima l’ha definita come bene, sancendone anche la rilevanza giuridica, tanto che la stessa Carta costituzionale, all’art. 32, la annovera tra i diritti essenziali del cittadino. Tale caratterizzazione, ha inciso fortemente sulle strategie di programmazione delle Politiche sanitarie, orientando in tal senso le azioni di miglioramento in favore delle condizioni di vita della collettività, meglio definite come diritti di cittadinanza. È evidente, dunque, che la Salute dipende dalla fusione di una quantità di fattori inerenti la globalità dell’individuo che, lo stesso, esprime nei diversi aspetti e livelli esistenziali, tanto da assumere la valenza di bene relazionale. Riflettere, allora, sui processi del prendersi cura, intesi come procedimenti ed adempimenti di caratura etica, piuttosto che del curare, inteso come mere procedure atte a garantire l’adeguatezza delle prestazioni, si traduce nell’implementazione di processi virtuosi, di buone prassi, capaci di coinvolgere e contagiare realmente tutti i soggetti interessati, in un rapporto di fiducia e di reciproco scambio di pensieri, valori, gesti, espressioni e apertura ad una autentica socialità umana. Dunque, lo stare bene passa attraverso un’ottica che vede gli individui come responsabili, attivamente coinvolti nel percorso volto ad aumentare e migliorare la qualità della vita, attuatori del principio di autodeterminazione, ovvero dell’intervento consapevole nei processi di costruzione del sé e del proprio contesto esistenziale, traducendo il curare nel mettere la persona in primo piano, essendo essa stessa valore di cura. In quest’ottica, la Salute, dunque, non si confina in un rapporto “privato” tra operatore e paziente, ma richiede prese in carico complesse e trasversali, attraverso una coerente rispondenza tra aspetti istituzionali, gestionali e professionali. Pertanto, evitando di incorrere nel rischio di teorizzare senza dare corpo a prassi operative, perché si attui il processo di umanizzazione dei e nei luoghi di cura, sono richieste indispensabili azioni strutturali, organizzative e comunicative capaci di coniugare l’Etica, nel rispetto dell’unicità e dell’altissimo valore della Persona, con l’efficienza della Tecnica. L’integrazione tra servizi è lo strumento indispensabile per raggiungere i traguardi impegnativi delle Politiche Pubbliche poiché attraverso la realizzazione di un sistema coordinato, coeso e tutelante, capace di trovare il giusto equilibrio, si può coniugare la logica dell’efficienza con quella dell’efficacia, arginando i rischi, propri del sistema, che inducono alla disumanizzazione. È un processo che richiede tempo ed impegno, partecipazione di tutti gli attori del sistema; ingloba parametri come accoglienza e assistenza degli utenti, lavoro dei professionisti, logiche di gestione e management, da tradursi in un lavoro di analisi, riflessione ed elaborazione di azioni finalizzate ad orientare un piano di umanizzazione, proprio di ciascuna struttura, che promuova una coniugazione quotidiana del verbo umanizzare, nella logica del miglioramento continuo. Diventa prioritario dare rilievo a variabili ed indicatori relativi alla valutazione di caratteristiche quali la struttura edilizia, orientata al confort e all’accoglienza, dove la persona è posta in condizione di vivere una esperienza secondo logiche non deprivanti; a percorsi di comunicazione, che generino modelli per saper ben comunicare, mediante protocolli per l’ascolto attivo e la comunicazione efficace, capaci di favorire procedure semplificate di accesso alle prestazioni che impattino sulla qualità delle performance, legate non solo all’alto profilo tecnico-professionale bensì alle competenze relazionali e alle qualità umane, di ascolto ed empatia verso il paziente/cittadino.
La servant leadership come strumento di rimodulazione dei servizi sanitari
In questa partita un ruolo determinante è giocato dalla leadership delle organizzazioni sanitarie a cui è demandato il compito di veicolare e realizzare la cultura dell’umanizzazione, mediante interventi sulla dimensione organizzativa con la rimodulazione di ruoli e funzioni e la formazione degli operatori, nonché con la diffusione capillare di un’etica professionale e di sistema che traghetti l’organizzazione nei processi di governemant, attraverso un ruolo partecipativo ed elaborativo, di impatto anche a livello sociale. In conclusione, a parere di chi scrive, le cause principali dell’implosione degli apparati sanitari pubblici, risiedono proprio nella discrepanza tra livello della programmazione e quello dell’attuazione. Per ovviare a tali criticità occorre indurre meccanismi virtuosi per la promozione di percorsi che non restino solo su carta. Valorizzare le professionalità, adeguare la formazione alle richieste del mercato, favorire le politiche per incentivare nuove assunzioni, ancora, snellire i processi di burocratizzazione, consolidando e rafforzando il valore del principio dell’universalismo e dell’uniformità delle prestazioni, soffermandosi meno sul rispetto dei bilanci ed orientando l’azione al benessere dei cittadini e degli stessi operatori. Occorre pensare a riforme, inserite in piani pluriennali, condivise anche e, soprattutto, dagli operatori del settore che, quotidianamente, vivono in prima persona i disagi e le difficoltà di sistemi sviliti e al collasso. Fattori, questi, che incidono sulle determinanti della salute, portando alla perdita del senso di appartenenza, alla mancanza di fiducia, a crisi anche dei più moderni ed accreditati sistemi di welfare.
Patrizia Russo