La giornata vocazionale di quest’anno si è intessuta di maggiore speranza, proprio perché assediati dalla paura e dalle meschinità di notizia sempre tristi. Ogni vocazione infatti è sempre sguardo in avanti. Dire vocazione è dire futuro. Fare vocazione è intrecciare le linee del coraggio e del progetto, per cambiare la scia della tua vita. Perché dietro la scelta vocazionale, in ogni persona, vi è sempre una chiamata, un colore, uno sguardo, una voce.
E’ la voce del Cristo, che passa e ti chiama. Che ti affida le reti vuote per riempirle di pesci, in stile sinodale, perché tu, parroco in piccolissimi borghi del Molise, possa riempirli di coraggio, per ripopolare di vita colline perdenti di nascite e residenze. E’ il Risorto che ti affida una nidiata di bambini, perché tu, sposo e sposa, ne faccia una casa armoniosa, in una famiglia che “chiesa domestica”. Ti guarda e sa di potersi fidare di te e ti chiede di vigilare su creature segnate fin da piccoli dall’angoscia della separazione genitoriale, quando i figli non riescono a prender sonno e tu, suora, senti che quel pianto chiama te, nel cuore della notte. E ti alzi, perchè anche quel cuore torni a dormire, sereno. Ma anche una vocazione alla politica è una chiamata, come dice papa Francesco nella sua recente Fratelli tutti, quando scrive che non basta traghettare le persone in difficoltà lungo i meandri della vita. Occorre che qualcuno, lungimirante come la Pira a Firenze, chiamato da sindaco a questa altissima vocazione, sappia costruire case e palazzi per i poveri, anche talvolta requisendoli ai ricchi. E che dire della vocazione della maestra? E’ una chiamata unica, perché nel cuore ti senti ripetere le parole di don Lorenzo Milani, scritte sulle pareti scrostate della scuola di Barbiana, quel fatidico I CARE, che è l’opposto del “me ne frego”, di stampo fascista. E la vocazione, in fondo, altro non è che passare dal “me ne frego all”I care!”
In particolare, ci sono stati due momenti che, in questo mese, ci hanno aiutato a raccogliere la voce del Pastore, nelle nostre realtà. Al mattino della festa, domenica 25 aprile, si è celebrata dal Vescovo una bella messa nella cappella delle Suore del Divino Zelo, in via Elena, fondate da Sant’Annibale Maria di Francia, agli inizi del novecento a Messina, città rasa al suolo dal terremoto del 1908. A loro, il santo fondatore ha affidato il compito di essere sentinella di intercessione, anzi, un santuario di “Rogazione vocazionale”, dove la voce del Pastore che chiama è riconosciuta tra mille. Era il 13 aprile 1921, esattamente cento anni fa, quando il canonico Di Francia vi pose la prima pietra; fu la prima casa in muratura in una città che rinasceva. Perché la vocazione dona dignità anche alle pietre scartate o gettate a terra dal terremoto, come canta il salmo 117: “La pietra scartata dai costruttori è diventata pietra angolare”! Così anche i giorni scartati della vita, nella tua vocazione trovano nuovo significato. Acquistano un nuovo senso. Nulla va buttato nel cestino, come spesso dice il nostro Vescovo GianCarlo.
Ed una sera, pur con numeri ridotti, abbiamo creato un collegamento, on line, con diverse persone. C’erano anche ragazzi delle nostre scuole, coordinati dai nostri seminaristi, Gregory, Angelo e don Davide (prete novello!). Preziose le loro testimonianze di vita, diversissime. Un seminarista ha sempre frequentato la parrocchia; l’altro ritrova la fede a 23 anni, dopo anni di lontananza dalla Chiesa. Interessanti le domande dei ragazzi, per sapere che si fa in seminario, come si fa a riconoscere la voce del Pastore tra mille, apparentemente più suadenti.
Non vanno però mai dimenticati i poveri. Ora Gregory lavora con nella parrocchia di sant’Antonio Abate, tra realtà di precarietà sociale, per portare anche a loro (anzi, soprattutto agli zingari!), la voce del Pastore che dona la sua vita per restituire un sorriso di speranza, anche in tempo di pandemia, pur sotto le mascherine (così pesanti!).
Perchè nello sguardo c’è tutto Gesù, per farsi poi ascolto attento ed incontro trasformante. E’ quanto è avvenuto ad un manipolo di guardie mandate ad arrestare un uomo, chiamato Gesù. Avevano un ordine chiaro da parte dei farisei. Spade e bastoni, per prenderlo, catene per legarlo. Ma tornano a mani vuote, inaspettatamente. Per loro, quell’incontro è stato diversissimo da tutti gli altri, come leggiamo nel vangelo di Giovanni al capitolo 7,37-52. Lo incontrano e lo ascoltano, con un cuore libero da prevenzioni. Dall’ostilità, passano all’ammirazione. Ed esplodono in una frase bellissima, alla base di ogni scelta vocazionale: “Nessun uomo ha mai parlato come parla quest’uomo!” (Gv 7,46). E’ il più bel ritratto di Gesù Maestro. Un incontro che vale una vita. Che cambia l’esistenza. Uno sguardo che ti fa ritrovare il tesoro nel campo. E la perla preziosa che sempre cercavi, eccola qui, nelle tue mani, aperte dallo stupore. Le spade sono riposte nel fodero. Le catene cadono. La legge è superata. E tu entri in seminario, perché vuoi ascoltare ancora quella voce, nella storia tua e della tua gente.
Campobasso, 25 aprile 2021.
La pastorale vocazionale