Nella Chiesa «purtroppo la corruzione è una storia ciclica, si ripete, poi arriva qualcuno che pulisce e rassetta, ma poi si ricomincia in attesa che arrivi qualcun altro a metter fine a questa degenerazione». Sono parole di Papa Francesco, pronunciate nel corso di una lunga intervista concessa al direttore dell’Agenzia AdnKronos, pubblicata il 29 ottobre 2020. Con un Motu Proprio, lo scorso 26 aprile, Papa Francesco ha inviato una Lettera apostolica «recante disposizioni sulla trasparenza nella gestione della finanza pubblica» del Vaticano. CONTRO LA CORRUZIONE Con questa lettera il Sommo Pontefice ha inteso aderire alla Convenzione contro la corruzione, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 31 ottobre 2003, aperta alla firma a Merida meno di due mesi dopo, ed entrata in vigore il 14 dicembre 2005. Già i tempi dilatati tra l’adozione di questa Convenzione e la sua entrata in vigore (oltre due anni) dimostrano il lento adattamento degli ordinamenti statali a regole generali e pattizie condivise a livello internazionale. La comunità internazionale ha del resto dei tempi tecnici per costruire il suo ordinamento giuridico. Non ci soffermeremo sui principi che informano la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione. Essi sono facilmente reperibili in internet, e si può immaginare siano quelli che la pubblica opinione ritiene come i principi di onestà e di sana amministrazione del bene pubblico dovrebbero osservarsi: principi di trasparenza, di prevenzione della corruzione, codici di condotta, politiche di buon governo, e di responsabilità. Diremo però che la Convenzione a cui anche il Papa ha fatto esplicito richiamo si propone d’ incoraggiare la società civile e l’opinione pubblica a svolgere un proprio ruolo, considerato non meno importante di quello delle pubbliche autorità statali. Non meno essenziale è il ruolo della cooperazione internazionale, essenziale e irrinunciabile (si pensi alla cooperazione e alla mutua assistenza giudiziaria, soprattutto nell’acquisizione di prove di reato; o anche all’estradizione e al blocco dei beni e dei profitti derivanti da attività corruttive). AMPIA TRASPARENZA Già il Papa aveva dimostrato moltissima attenzione alla trasparenza amministrativa disciplinando sul tema dei pubblici appalti vaticani nel Motu Proprio del 19 maggio 2020. Ma era solo un settore, quello dei pubblici contratti. Francesco ha pensato bene fosse il caso di provvedere anche a una disciplina più ampia, mutuando non solo dai principi delle Nazioni Unite ma anche (e anzi: soprattutto) da quelli evangelici. «La corruzione – scrive il Papa – può manifestarsi in modalità e forme differenti anche in settori diversi da quello degli appalti e per questo le normative e le migliori prassi a livello internazionale prevedono per i soggetti che ricoprono ruoli chiave nel settore pubblico particolari obblighi di trasparenza ai fini della prevenzione e del contrasto, in ogni settore, di conflitti di interessi, di modalità clientelari e della corruzione in genere». Le novità introdotte nella legislazione vaticana sono chiarimenti su una condotta che, per i servitori ecclesiastici e laici del Papa, è già implicita nei caratteri del servizio alla Sede Apostolica. Ma chi serve l’Amministrazione Pontificia è oggi chiamato a svolgere ruoli sempre più complessi, anche a fronte del continuo evolversi delle discipline e delle prassi burocratiche. Per questa ragione Papa Francesco ha pensato di disciplinare apertis verbis alcune norme di condotta. Gli alti grati e i funzionari della burocrazia vaticana devono pertanto dichiarare, prima di assumere i loro uffici (e ribadire ogni due anni) «di non aver riportato condanne definitive per delitti dolosi nello Stato della Città del Vaticano o all’estero e di non aver beneficiato in relazione agli stessi di indulto, amnistia, grazia e altri provvedimenti assimilabili o essere stati assolti dagli stessi per prescrizione». Colpisce molto, anche alla luce del dibattito politico italiano, come l’assoluzione da prescrizione per il Papa non sia dirimente. L’assoluzione per prescrizione è infatti equiparata a una condanna definitiva, all’indulto, all’amnistia o alla grazia. Di conseguenza, anche la prescrizione impedisce l’assunzione di cariche pubbliche in Vaticano. Solo un’assoluzione con formula piena la consente. Le norme successive che leggiamo nel Motu Proprio papale non sono meno importanti. Francesco è entrato sui temi annosi, controversi e assai delicati del terrorismo, del riciclaggio di denaro, dello sfruttamento dei minori, della tratta di esseri umani e dell’evasione e dell’elusione fiscale. ATTENZIONE AL LATO ECONOMICO Naturalmente anche il lato economico ha la massima importanza agli occhi del papa; in particolare, nessuno dei funzionari vaticani deve detenere «anche per interposta persona, contanti o investimenti, ivi incluse le partecipazioni o interessenze di qualunque genere in società e aziende, in paesi inclusi nella lista delle giurisdizioni ad alto rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo». Il principio generale è dunque quello della provenienza lecita dei beni mobili e immobili dei dipendenti vaticani. E’ significativo, sotto quest’ultimo aspetto, un corollario che Francesco ha voluto aggiungere: beni così detenuti non devono servire a finalità e a settori «contrari alla Dottrina Sociale della Chiesa». Sono appunto la Dottrina Sociale e i suoi pilastri evangelici la base della nuova decisione papale. E dentro questa linea di pensiero c’è anche un richiamo a Sant’Ambrogio. «La Chiesa è stata sempre una casta meretrix, una peccatrice. Diciamo meglio: una parte di essa, perché la stragrande maggioranza va in senso contrario, persegue la giusta via. Però è innegabile che personaggi di vario tipo e spessore, ecclesiastici e tanti finti amici laici della Chiesa, hanno contribuito a dissipare il patrimonio mobile e immobile non del Vaticano ma dei fedeli». PICCOLI PASSI MA CONCRETI Quale il rimedio per debellare il fenomeno? «Non ci sono strategie particolari, lo schema è banale, semplice, andare avanti e non fermarsi, bisogna fare passi piccoli ma concreti. Per arrivare ai risultati di oggi siamo partiti da una riunione di cinque anni fa su come aggiornare il sistema giudiziario, poi con le prime indagini ho dovuto rimuovere posizioni e resistenze, si è andati a scavare nelle finanze, abbiamo nuovi vertici allo Ior, insomma ho dovuto cambiare tante cose e tante molto presto cambieranno». Cambiare tutto perché tutto cambi. L’esatto contrappasso del “Gattopardo” di letteraria memoria. E’ una linea che chiama tutti a delineare una roadmap delle responsabilità che abbiamo, dentro e fuori la Chiesa. Perché la corruzione incide negativamente e in modo irreparabile anzitutto sui poveri, sugli ultimi, sugli eternamente esclusi; e su coloro che attendono un ascensore sociale sempre fermo e occupato al piano dei soliti noti.
Matteo Napolitano