Carissimi confratelli vescovi e cari sacerdoti e religiosi:
grazie della vostra numerosa presenza, in questo luogo che ci parla della vita di un giovane coraggioso e tenace, san Gabriele dell’Addolorata. Ringrazio della meditazione iniziale, molto incisiva. Grazie per i due interventi che mi hanno ora preceduto, mons. Forte, sulla Teodicea (“dov’è Dio in questo momento di pandemia? Con la grande risposta che ci ha dato: Dio è’ proprio tra di noi nella stessa nostra sofferenza, nel nostro affrontarla con speranza e empatia”) e di mons. Valentinetti, sulla prossimità che la Caritas italiana e la comunità cristiana ha donato ai poveri e ai colpiti, per poter manifestare il tocco di Dio dentro il tessuto delle nostre comunità e paesi.
A me, ora tocca questo impegnativo compito di essere voce e luce sull’aspetto pastorale che come preti ci sentiamo addosso, per affrontare e dare un senso alla pandemia. Lo riassumo in tre parole: consapevolezza della situazione; consolazione come rugiada nel cuore e coraggio per guardare lontano. Quasi tre “C”, che ci restano impressi: consapevolezza, consolazione, coraggio!
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