Una coppia già ben collaudata, un binomio di successo nel campo della cultura e, in particolare, negli scritti che compongono per dare la luce a brillanti pubblicazioni, che vengono date in pasto al pubblico che testimonia di gradirle, senza riserve. Che si parli di sport, di sociale, di attualità, di personaggi, di storie da raccontare, i lettori esprimono sempre il loro apprezzamento all’indirizzo del duo, che ha l’abilità e l’intuito di cogliere il momento opportuno per proporsi con i loro libri. Parliamo di Gennaro Ventresca e Sergio Genovese, due colti del panorama del sapere della realtà regionale, che mettono in campo la loro infinita conoscenza della realtà molisana per amplificarla attraverso le loro opere che deliziano la platea di destinazione che, per la verità, non è sempre quella locale. Provenienti da mondi diversi, anche se entrambi hanno nel proprio curriculum professionale l’insegnamento e, quindi, il pianeta scuola, hanno comunque in comune il pallino del giornalismo, praticato con risultati decisamente lusinghieri. Amici di vecchia data e splendidi protagonisti nel settore dello sport, il primo in qualità di commentatore, cronista, intervistatore e via dicendo, il secondo nella veste di dirigente sportivo e tecnico preparato e scrupoloso, hanno così deciso di percorrere in simbiosi un pezzetto della loro verve giornalistica, dando alle stampe, specie negli ultimi tempi, qualche lavoro, come si usa dire, a quattro mani. Dopo gli ampi consensi conseguiti con la loro opera “Era solo ieri – Quando Campobasso correva sulle gambe della sua gioventù”, edita poco tempo fa e dedicata a Nicola Palladino e ad Antonello Toti, campobassani, autentici pilastri dello sport e maestri di vita, che hanno riservato le loro attenzioni ai giovani, opera con la quale Ventresca e Genovese hanno passato in rassegna un mondo ai più sconosciuto, con eventi e personaggi anche poco noti che per qualche verso hanno fatto la storia del calcio in particolare, ma anche di altri aspetti, i due professionisti hanno messo in cantiere “Campobasso: gli specchi della memoria”, fatica presentata il giorno 15 dicembre presso i saloni della curia arcivescovile della diocesi, dinanzi ad un uditorio numeroso e attento. Hanno preso di mira il capoluogo regionale Ventresca e Genovese, città ove hanno vissuto e vivono, città ove hanno svolto la loro vita professionale. L’hanno rigirata quasi come un calzino per raccontarne pregi e difetti, vizi e virtù, attraverso il ricordo di personaggi genuini che hanno tracciato profondi solchi lungo il loro cammino. L’aspetto è stato più volte rimarcato dal presidente della fondazione “Molise cultura”, Antonella Presutti, sia nella prefazione del volume che nel suo magnifico intervento in occasione dell’incontro di presentazione al salone “Celestino V°” della Curia arcivescovile. “E’ un libro di racconti – ha sottolineato la bravissima professoressa Presutti – che porta alla luce particolari di soggetti che non tutti hanno avuto il piacere di conoscere e che hanno rappresentato per Campobasso delle perle di inestimabile valore”. Se nella precedente pubblicazione gli autori hanno passato in rassegna una Campobasso di lontana memoria, frutto di esperienza maturata in tanti anni di vita che hanno consentito di capire le “grandezze, le miserie, i vizi della città”, nel volume di fresca stampa, entrambi incantati dal passato, hanno cercato di “capire meglio i luoghi e i volti che hanno regolato il ritmo cardiaco dei campobassani fino a trovare il battito migliore”. Si sono posti una domanda che in tanti al giorno d’oggi si fanno” Come eravamo: meglio?”. Forse sì, se si legge la traccia del libro in cui si sostiene che “La nostra Campobasso di ieri era più a misura d’uomo. I quartieri erano funzionali alla sua vita in progress. Non erano spenti, spruzzavano energie, voglie di riscatto, denunce sociali ma anche umiltà e rispetto per gli altri. Chi vi abitava cercava di correre con molte più gambe di quelle che possedeva”. Come non condividere? L’ha evidenziato anche il pubblico intervenuto alla presentazione con potenti applausi allorquando sono state portate alla ribalta “le cose, le situazioni di una volta”, decisamente più gustose e avvincenti. Antonio Campa, presentatore della manifestazione, con intelligenza e modi appropriati e garbati, ha gestito l’appuntamento con padronanza e competenza chiosando come il volume ci parli “della memoria”, che non vanno mai dimenticati i ricordi. L’iniziativa, alla quale hanno portato il loro saluto il sindaco di Campobasso, Roberto Gravina e l’ex parlamentare Anita Di Giuseppe, è stata accompagnata anche da suggestive immagini e un canto di Francesco De Gregori, che hanno fatto rivivere gli anni andati, rendendo ancora più effervescente l’incontro. Al sindaco Gravina sono state rivolte alcune richieste tendenti a ripristinare alcuni importanti posti della città come, ad esempio, il mercato coperto di via Monforte e la scuola di Via Roma, luoghi “icone” dei tempi trascorsi. Hanno chiuso la piacevole serata gli interventi dei due protagonisti, Ventresca e Genovese, che con parole spontanee, incredibile passione, profonda applicazione, emozioni convinte, scaturite da cuori pulsanti di generosità e pieni di entusiasmo, hanno ribadito ancora una volta, mediante gli scritti, il loro sconfinato attaccamento, il loro infinito e ineguagliabile amore verso il capoluogo regionale, culla, madre e padre dei loro passi.
Michele D’ALESSANDRO