UNA CALAMITÀ GRANDISSIMA IN SIRIA E IN TURCHIA

FERMATE LE GUERRE, AIUTATE I TERREMOTATI

(Foto di Elisa Gestri)

 

La calamità è grandissima. Le perdite sono ingenti. La distruzione, sia in Siria che in Turchia, è terribile.

I vari paesi del mondo dichiarano la loro intenzione di partecipare a campagne di soccorso e di aiuto per i colpiti da questo terremoto. Flotte aeree e trasporti via terra portano i loro equipaggi di soccorso, ambulanze, camion carichi di tutto ciò che è necessario, come coperte, vestiti, medicine, ecc… Le squadre tecniche specializzate in tali calamità naturali, si uniscono a loro…

Tanti aiuti vanno verso la Turchia. Ben venga. Dr. Fouad Audi dice che il 95% degli aiuti vanno in Turchia, non a caso, ma a causa delle sanzioni internazionali contro la Siria!

Non dimentichiamo, però, che il terremoto ha colpito anche, e forse più gravemente, la Siria. In tante zone del Nord della Siria, delle quali si parla pochissimo o niente, il terremoto ha raso al suolo città e villaggi. In queste zone vivono più di quattro milioni di siriani che hanno da anni urgenti bisogni umanitari. Circa 3 milioni sono sfollati provenienti da altre zone colpite dalla guerra, che hanno sofferto e soffrono ancora oggi le conseguenze più gravi dopo dodici anni di conflitto. Queste zone sono in condizioni vulnerabili, strade distrutte piene di mine, case costruite in fretta per ospitare i rifugiati, presenza di pochissimi ospedali, medici, strutture sanitarie e di primo soccorso, carenza di elettricità e di combustibili…

Christine, dalla Latakia, mi scrive: “In poche ore la città sarà dichiarata città disastrata. Colui che vede non è come colui che sente dire. In Latakia e Jable, più di 121 edifici sono crollati completamente. L’edificio accanto al mio è caduto sulle teste dei suoi abitanti; dai 7 piani, tutti abitati, sono uscite vive solo 5 persone”.

Aleppo è colpita profondamente, mi racconta sua Eccellenza J. Battah. 50 edifici sono crollati, molti sono inagibili. Una decina di chiese  sono state danneggiate. Uno dei nostri sacerdoti, I. Daher,  è stato trovato morto sotto le macerie. Nonostante ciò la gente si è rifugiata nelle chiese nella speranza di trovare una coperta o un panino.

Non dimentico mai quel video di una bambina che, custodendo il piccolo fratello con la mano, sotto le rovine, dice con lacrime e dolore a uno degli uomini del soccorso: “Salvami e lavorerò per sempre come schiava da te!”

Non possiamo chiudere gli occhi, non possiamo non tendere la mano della salvezza a persone innocenti, deboli, assediate e punite a causa della guerra, dei criminali, queste persone non hanno né potere, né attrezzature…, spalano macerie con le loro mani infreddolite e scavano nel terreno con le loro unghie rotte, per salvare i vivi e seppellire i morti… in condizioni metereologiche terribili per il freddo e la neve.

Tantissimo dolore! Sí. Un proverbio orientale dice: “La catastrofe unisce”. Sembra un proverbio dei tempi antichi, il mondo di oggi non sembra aver capito nulla né dal dolore né dalle pandemie, continuano imperterrite le divisioni e i conflitti. Mi dispiace molto che, nonostante questa catastrofe che rende l’umanità debole e impotente, la guerra mondiale della Russia in Ucraina continua, gli scontri in Siria non cessano… come in  tante altre parti del mondo.

Perciò contro ogni male gridiamo: Fermate le guerre, basta spreco di soldi su armi e battaglie, aiutate i sofferenti, proteggete i deboli…

Solleviamo gli occhi verso il cielo, e preghiamo come San Paolo: “… io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell’uomo interiore. Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” ( Ef 3,14-19).

Tendiamo le nostre mani per fare qualche cosa di concreto a servizio dell’umanità sofferente.

Padre Abdo Raad